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Dopo il documentario su Diddy arriverà un documentario sui figli di Diddy che parlando di Diddy Justin e Christian Combs racconteranno il rapporto col padre in una docuserie che uscirà nel 2026 e di cui è già disponibile il trailer.
La crisi climatica sta portando alla velocissima formazione del primo deserto del Brasile La regione del Sertão sta passando da arida a desertica nell'arco di una generazione: un cambiamento potenzialmente irreversibile.
L’episodio di Stranger Things in cui Will fa coming out è diventato quello peggio recensito di tutta la serie E da solo ha abbassato la valutazione di tutta la quinta stagione, nettamente la meno apprezzata dal pubblico, almeno fino a questo punto.
Il progetto europeo di rilanciare i treni notturni sta andando malissimo Uno dei capisaldi del Green Deal europeo sulla mobilità, la rinascita dei treni notturni, si è arenato tra burocrazia infinita e alti costi.
Un’azienda in Svezia dà ai suoi lavoratori un bonus in busta paga da spendere in attività con gli amici per combattere la solitudine Il progetto, che per ora è solo un'iniziativa privata, prevede un’ora al mese di ferie e un bonus di 100 euro per incentivare la socialità.
Diverse celebrity hanno cancellato i loro tributi a Brigitte Bardot dopo aver scoperto che era di estrema destra Chapell Roan e altre star hanno omaggiato Bardot sui social per poi ritirare tutto una volta scoperte le sue idee su immigrazione, omosessuali e femminismo.
È morta la donna che restaurò così male un dipinto di Cristo da renderlo prima un meme, poi un’attrazione turistica Nel 2012, l'allora 81enne Cecilia Giménez trasformò l’"Ecce Homo" di Borja in Potato Jesus, diventando una delle più amate meme star di sempre.
C’è un’associazione simile agli Alcolisti Anonimi che aiuta le persone dipendenti dall’AI Si chiama Spiral Support Group, è formato da ex "tossicodipendenti" dall'AI e aiuta chi cerca di interrompere il rapporto morboso con i chatbot.

Parlare di beauty sui social, secondo SkinFirst

Intervista con la dottoressa Maria Pia Priore, fondatrice del marchio e divulgatrice, su come si costruisce una community online e come si comunicano concetti scientifici sui social.

12 Aprile 2021

Come più volte abbiamo raccontato su Rivista Studio, il mondo dei prodotti di bellezza, a cominciare dal make-up fino alla skincare, termine cappello con cui si raccolgono tutte le tecniche e i prodotti dedicati alla cura della pelle, sono diventati un vero e proprio fenomeno socioculturale degli ultimi anni. Celebrity, marchi storici del settore e influencer si sono lanciate su questo mercato in crescita, mentre nascevano nuove figure che, su YouTube come su TikTok, spesso si improvvisavano esperti in materia. Se con il make-up il rischio era semmai quello di un brutto look o, nei casi più gravi, di un’allergia, con la cura della pelle il discorso si è fatto più insidioso: sui social abbondano consigli, anche estremi, su pratiche e ingredienti, tra demonizzazioni (basti pensare ai parabeni o alle profumazioni alcoliche) e incensamenti (gli oli essenziali, la niacinamide, l’immortale dentifricio). Come si naviga un territorio così incerto e qual è il modo giusto, per un brand, di comunicare i propri prodotti? Ne abbiamo parlato con Maria Pia Priore, classe 1992, farmacista, cosmetologa e imprenditrice che nel 2019 ha lanciato il suo marchio SkinFirst a partire dal suo profilo Instagram. SkinFirst è un’azienda cosmetica completamente digitale, che deve la sua notorietà in Italia proprio ai social, dal canale del marchio @skinfirstcosmetics.it a quello della sua fondatrice @dott.ssa_mariapiapriore, che contano rispettivamente più di 120 mila e 221 mila follower.

Mi racconti com’è iniziata l’avventura di SkinFirst?
Durante il mio percorso universitario è nata la mia passione per il mondo della cosmetologia, tant’è che la mia tesi era sui parabeni e i falsi miti intorno a essi, ma SkinFirst come marchio nasce in maniera molto organica, senza delle vere e proprie strategie. Nell’aprile 2018 ho infatti iniziato a tenere una rubrica su Instagram, dal nome “SkinFirst Project”, mentre frequentavo il primo anno di Master [Nel 2017, Priore si è laureata in Farmacia presso l’Università di Parma e nel 2019 ha conseguito il Master in Scienza e Tecnologia Cosmetiche (COSMAST) presso l’Università di Ferrara, ndr]: avevo il desiderio di scrivere di cosmetologia al fine di divulgare consigli skincare sia perché è un mondo che mi è sempre interessato sia perché, attraverso il mio percorso di studi, stavo ampliando la mia conoscenza scientifica sull’argomento. Da questa rubrica, e dal contatto diretto con la community che si andava formando, all’inizio avevo 10 mila follower e poi sono cresciuti via via, ho capito che c’era una voglia, quasi una necessità, di un marchio di cosmetica made in Italy che fosse funzionale e vicino alle persone. Così ho iniziato a maturare l’idea di una linea di prodotti che rispondesse a queste esigenze, linea che si è materializzata nel giugno 2019, puntando sul canale di Instagram e quello dello shop online.

Su Instagram hai più di 221 mila follower. Cosa fa la differenza, secondo te, per una buona comunicazione sui social su argomenti come il beauty e la skincare?
Secondo me la differenza la fanno la trasparenza nel modo di comunicare e ovviamente la ricerca scientifica. Trasparenza perché le persone, da quello che intuisco, hanno bisogno di consigli beauty e per la cura della pelle che siano concreti, realistici, senza “ricami” intorno che non hanno poi alcun fondamento scientifico. E per fare questo ci si deve basare sulla letteratura sull’argomento, perché in sostanza la gente non vuole più essere presa in giro, vuole sapere il meccanismo d’azione di una sostanza funzionale oppure come trattare al meglio una determinata esigenza cutanea, ma non solo con una semplice definizione, ma attraverso la spiegazione delle cause di quell’esigenza e dei metodi per prendersene cura. Credo che le persone si siano stancate dei rimedi miracolosi, come il dentifricio o il succo di limone, e di certo questo approccio scientifico ha fatto la differenza per SkinFirst.

Cosa significa che SkinFirst è «un’azienda cosmetica completamente digitale» e qual è il modello di business?SkinFirst è completamente digitale innanzitutto perché è nata online, su Instagram, e la vendita dei nostri prodotti avviene esclusivamente attraverso il nostro shop online. Non si trovano i prodotti SkinFirst su altri siti o negozi fisici. Il modello di business è molto snello e innovativo, perché si distacca molto dal modello tradizionale: gestiamo internamente la direzione creativa dei prodotti, di cui io stessa mi occupo, il servizio clienti e la gestione dei social. Per le altre attività ci affidiamo invece a fornitori che hanno una consolidata esperienza nel proprio settore. C’è anche da dire che io non mi aspettavo una crescita così esponenziale in così poco tempo, per cui ho ritenuto opportuno, anche per non rallentare questa crescita, esternalizzare determinate attività invece di gestirle internamente. Credo che questo sia un modello, ancora raro in Italia, che può essere preso in considerazione non solo per la cosmetica, ma anche per start-up di varia natura e per chi vuole lanciarsi in un nuovo mercato. Certamente bisogna avere un buon prodotto e poi comunicarlo bene, questo è fondamentale, quindi decidere cosa si può fare da soli e cosa invece affidare a dei partner fidati. In Italia tendiamo a voler fare tutto internamente, ma non sempre funziona: se ci sono le competenze ok, altrimenti diventa difficile. La crescita di SkinFirst è stata organica, dovuta soprattutto al passaparola social. 

Credo che nel beauty si possa parlare di un vero e proprio cambio di mentalità nell’acquisto. Qual è la filosofia di SkinFirst e che tipo di cliente attrae?
Secondo me il nostro cliente è attratto dalla funzionalità del prodotto, perché è alla ricerca di una soluzione per alcune sue esigenze specifiche. “Risolvere” è un parolone per la cosmesi, perché ci sono pelli che reagiscono in un modo e altre che reagiscono in un altro, per cui la routine skincare va cambiata a seconda dei casi, ma credo che ad attrarre sia proprio la filosofia del marchio di trattare le problematiche cutanee in modo performante così da ottenere risultati tangibili. Credo sia questo che fa la differenza.

Come nasce un nuovo prodotto di SkinFirst?
I nuovi prodotti nascono sempre dal mio approccio accademico. Io mi occupo della formulazione e ogni prodotto nasce da 4 step fondamentali: innanzitutto ricercare le sostanze più performanti per risolvere una determinata problematica, il secondo step è mettere insieme queste sostanze per creare una sinergia, quindi bisogna capire come veicolare queste sostanze, sia in termini di farmacosmetica (come funzionano di più questi ingredienti? In forma di crema, siero, maschera?), sia in termini di tecniche formulative, in modo tale da migliorarne l’assorbimento e la penetrazione. La performance di un cosmetico non viene dato solo dalla scelta delle sostanze funzionali, ma anche da una serie di tecniche che vengono attuate. L’ultimo step è quello volto alla sensorialità, così da ottenere delle texture impeccabili e piacevoli da spalmare sulla propria pelle. Quindi c’è una ricerca anche sui profumi, sempre delicati e ipoallergenici: qualsiasi prodotto SkinFirst è dermatologicamente testato su pelli sensibili e per il nichel, due test a cui io tengo moltissimo. Qualsiasi prodotto, inoltre, e qualsiasi servizio, viene concepito ascoltando le esigenze della community: per questo leggiamo quotidianamente le recensioni e i commenti, sia per sviluppare nuovi prodotti, sia per migliorare quelli che ci sono già.

Cosa ti piacerebbe fare con il tuo marchio che ancora non hai fatto?
Mi piacerebbe iniziare a buttare giù un piano per vendere all’estero, sicuramente, perché intravedo un potenziale.

Quali sono i falsi miti che vedi più circolare sui social quando si parla di beauty e skincare?
Credo che il mio ruolo sia quello di comunicare in maniera accurata e cercare di veicolare nella maniera più chiara possibile concetti scientifici che non sono sempre semplici, così da sfatare i falsi miti che circolano online e dare consigli che facciano la differenza. Il problema della disinformazione è che poi molti di questi “consigli” finiscono con il rovinare la pelle delle persone: ultimamente, ad esempio, sto leggendo che l’olio dei cocco proteggerebbe dai raggi UV, quando non è affatto vero. Ho notato che si scherza molto sulla protezione solare, con l’esfoliazione, con il rischio di bruciarsi il viso, e con tutti quei rimedi fai da te, con gente che “spignatta” a casa anche con gli acidi, mettendosi in faccia intrugli il cui Ph non viene nemmeno misurato. Per cui direi di tenersi lontano da questo tipo di rimedi e, in generale, di prestare attenzione a chi sono queste persone che danno consigli skincare o dermatologici: dai blog ai TikTok fino a YouTube, bisogna sempre tener conto della fonte. Internet dà la possibilità a chiunque di parlare di certi argomenti, ma la differenza la fa il background e la formazione professionale. 

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