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22:56 martedì 18 novembre 2025
Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.
Per la prima volta è stata pubblicata la colonna sonora di Una mamma per amica In occasione del 25esimo anniversario della serie, su tutte le piattaforme è arrivata una playlist contenente i migliori 18 brani della serie.
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.

I libri di Sally Rooney parlano di noi?

Su Persone normali, il nuovo libro della "scrittrice dei Millennial", uscito il 21 maggio con Einaudi.

20 Maggio 2019

Con il suo romanzo d’esordio, scritto in 3 mesi, Sally Rooney si è subito meritata il titolo di “scrittrice dei Millennial”. A giudicare dall’accoglienza ricevuta finora, il secondo libro, Persone normali conferma la diagnosi: non solo Sally Rooney fa parte della Generazione Y (ha 28 anni), ma è la portavoce letteraria di questa generazione. Lo confesso: anche se mi sono innamorata di lei dal primo momento in cui l’ho vista sul Guardian e mi sono immediatamente dichiarata scrivendo un articolo dal moderato titolo “I love Sally Rooney” (due anni dopo l’ho intervistata per la storia di copertina del numero 34 di Studio) non posso proprio dire di avere un’idea chiara sulla sua scrittura. Sally Rooney è davvero la “nostra” voce? Lo chiedo a me stessa, e lo chiedo ai Millennial come me: cosa c’è esattamente, in questi libri, che parla di noi?

Forse un certo tipo di attitudine ideologica, come dimostra l’intervista uscita sabato 18 maggio su D di Repubblica, in cui Sally si slancia in una serie di affermazioni come: «Da marxista sono scettica sull’industria editoriale, primo perché è un’industria, secondo perché, se i prodotti creano un profitto, allora non stanno facendo il lavoro che dovrebbero fare: cambiare la struttura delle relazioni sociali. È una situazione paradossale che mi mette a disagio ma da cui non si può scappare». Sembra sinceramente preoccupata per il fatto di essere diventata una scrittrice famosa, un personaggio pubblico. Non vuole che il sistema la avviluppi, vuole continuare ad avere una vita normale ed essere libera di «esplorare come il liberismo influisce sulla nostra maniera di amare».

I suoi romanzi, infatti, raccontano storie d’amore. Non si tratta di amori fondati sulla quotidianità, la condivisione, la sicurezza, la progettualità, ma di amori – e anche questo è molto Millennial – che si nutrono di insoluti, paure, complicazioni nevrotiche, slanci improvvisi immediatamente sconfessati, tentennamenti, generando un tipo di dipendenza che, invece di essere accolta dai due innamorati, viene costantemente combattuta. Parlarne tra amici ruotava intorno a un tradimento: c’era un’amicizia morbosa – quella tra due liceali che erano state insieme e poi si erano lasciate – e la relazione di una di loro con un uomo sposato e molto più grande. Anche Persone normali parla di una storia d’amore non “normale”, e proprio per questo perfettamente normale.

La situazione è un po’ Romeo e Giulietta, ma nel 2011: ad osteggiare il legame tra gli amanti, qui, non sono le famiglie (la madre di lei è disinteressata, quella di lui addirittura incoraggiante) ma loro stessi. Gli innamorati sono complessati: divisi dall’insicurezza e dalla paura del giudizio degli altri. Tutto ha inizio perché la madre di Connell, bellissimo e intelligentissimo, lavora come cameriera nell’enorme villa di lei, la ricca e disadattata Marianne. Entrambi sono privi di padre: lui non sa chi sia, quello di Marianne è morto quando lei aveva 13 anni. Bravo anche nello sport, a scuola Connell ha il suo gruppo di amici ed è benvoluto da tutti. Marianne, invece, è un mostro misterioso: corre voce soffra di un non ben identificato “disturbo mentale”. Non parla con nessuno e nessuno parla con lei. Non si trucca, non si pettina, non è mai stata avvistata in atteggiamenti amorosi con qualcuno, maschio o femmina che fosse. Non fa che leggere libri – legge perfino mentre mangia, in mensa – e rispondere male ai professori, consapevole che i suoi voti saranno sempre così alti che nessuno potrà mai prendere provvedimenti.

Con la sua scrittura misurata, completamente priva di guizzi e di lirismi, così claustrofobica e chiusa in se stessa – la stessa che ci ha fatto innamorare nel primo libro (in questo, forse, ancora più dura) – Rooney racconta la storia d’amore tra due ragazzi che crescono insieme, una storia che parla di differenze di classe, disorientamento, terrore del giudizio degli altri, mancanza di prospettive elettrizzanti, dissociazione. I personaggi principali sono impegnati in una recita perenne: nessuno è mai spontaneo o se stesso. Anzi, nessuno ha ben capito chi mai dovrebbe essere questo fantomatico “se stesso”. È tutto un fingere di guardare fuori dalla finestra ma osservare la faccia di lei con la coda dell’occhio, mentre lei fa una certa espressione per far credere di averla presa in un modo anche se in realtà si sente in un altro modo, e allora lui fa una domanda ma avrebbe voluto chiedere un’altra cosa, e la risposta di lei nasconde una paura che non viene detta. Detto così sembra snervante, ma sulla pagina non lo è. È perfettamente naturale e serve a rendere così potenti i rari e fragilissimi momenti di slancio, di emotività e impulsività pura, che siano movimenti dettati dall’istinto di protezione, dalla rabbia o dal desiderio sessuale.

Con le due protagoniste di Parlarne tra amici, Connell e Marianne condividono due caratteristiche: sono ossessionati l’uno dall’altra e dalle relazioni in generale e sono dotati di un’intelligenza cristallina e di un bagaglio culturale che a molti potrebbe apparire insolito per la loro età. Proprio come l’autrice, che a vent’anni girava per il mondo dibattendo con i migliori studenti del pianeta di qualsiasi argomento le venisse proposto (ha vinto un premio europeo come “top debater”), sono abituati a eccellere. Quando soffrono per amore, studiano come pazzi o si abbuffano di articoli sulla guerra in Siria. Sono nati disillusi e privi di immaginazione. Nel loro non prendere niente sul serio, si prendono troppo sul serio. In loro, l’assenza di comicità è totale. L’ironia, invece – acuta, sensuale, nella maggior parte dei casi utilizzata per flirtare, ma anche per veicolare la normale comunicazione (tra genitori e figli ad esempio, ma anche tra amici) – è pervasiva.

Si parla di un legame immenso, che mescola l’amore all’amicizia, e si parla di un rapporto di potere tra i due che si sviluppa e cambia nel corso degli anni. Come in Parlarne, questi rapporto si dichiara e prende forma attraverso la conversazione. La recita in cui i protagonisti sono perennemente impegnati e che coinvolge anche i gesti e le espressioni facciali, però, non serve soltanto a mistificare, dominare o manipolare. Serve anche, soprattutto anzi, a sedurre. Sally Rooney si impegna a dare di lei un’immagine politicizzata, ed è vero che i suoi romanzi funzionano anche da quel punto di vista, mostrando le contraddizioni insite nei goffi tentativi dei giovani di sottrarsi alle dinamiche del capitalismo. La partita è giocata tra l’esigenza di sentirsi autosufficienti e il desiderio di abbandonarsi alla dipendenza, un’ambivalenza che la maggior parte dei nostri genitori non ha conosciuto. Ma quello che ho finalmente capito leggendo il suo secondo libro è che Sally Rooney non è soltanto la migliore scrittrice d’amore della nostra generazione, è anche la migliore scrittrice di sesso. Di sesso e di flirting: attraverso dialoghi brillanti, impeccabili e poche, selezionatissime parole per descrivere i corpi e i gesti, Rooney riesce a caricare le sue pagine di desiderio.

Gli amanti si attraggono parlando molto, parlando d’altro: libri, politica, cinema, musica, l’incerto futuro professionale, gli amici in comune. “Gli altri”, con il loro giudizio, sono una presenza costante (e eccitante) nella mente dei protagonisti. L’attrazione non scaturisce da un richiamo fisico, animalesco, immediato, ma è sempre il frutto di un processo mentale stranamente lento, di due fantasie che, a poco a poco, si avvicinano fino a coincidere. Ecco, per me è soprattutto qui che ci siamo capiti, con Sally Rooney: finalmente abbiamo trovato, nei libri, persone che pensano, parlano e fanno sesso come noi. O meglio: come vorremmo noi.

Perché c’è dell’altro. I suoi romanzi raccontano un tipo di relazione che ci sembra di conoscere molto bene e di cui, allo stesso tempo, sentiamo la mancanza. Mentre molti di noi si dimenano disperatamente su Tinder, godono di un rapporto sereno e soporifero o si sono prematuramente arresi a quel che capita, Sally Rooney irrompe con i suoi amori abnormi, iper-intensi. Sarà pure la scrittrice dei Millennial, ma nei suoi libri mancano le inezie puramente generazionali che rendono le nostre relazioni snervanti: ci sono pochissime spunte blu su Whatsapp, visualizzazioni delle Stories, like di Instagram, dm di Twitter, chat su Messenger. Forse, in realtà, quelle che Rooney racconta a noi Millennial “normali” – noi che per riuscire a leggere un libro senza distrarci con i filtri di Snapchat dobbiamo compiere uno sforzo sovrumano – sono storie di individui eletti, collegati da legami indissolubili, che trascorrono le loro giornate a leggere libri e articoli e saggi e fanno sesso con immenso coinvolgimento – meno male che c’è  Kristen Roupenian a ricordarci che non va sempre così – e si separano e si tradiscono e si ritrovano negli anni, e sono dotati di una coscienza politica perfettamente formata, senza dubbi o lacune, e ragionano emettendo frasi geniali o struggenti. Non sappiamo se siano odiosi o adorabili, sappiamo solo che ci aiutano a capire meglio quello che siamo e che vorremmo essere.

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