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È uscito il primo trailer di Marty Supreme, il film sul ping pong con cui Timothée Chalamet punta a vincere l’Oscar Il film di Josh Safdie è stato accolto con entusiasmo dalla critica e il suo protagonista è già lanciatissimo verso la statuetta per il Miglior attore. 
Da oggi scatta il blocco ai siti porno per i minorenni, solo che al momento non è bloccato niente Dal 12 novembre i portali per adulti devono controllare l'età degli utenti con un sistema esterno e anonimo, che però non è ancora operativo.
È morto Homayoun Ershadi, leggendario attore iraniano che Abbas Kiarostami scoprì a un semaforo Il suo ruolo ne Il sapore della ciliegia lanciò una carriera iniziata per caso: nonostante il successo, non si è mai sentito un vero attore.
Papa Leone XIV ha rivelato i suoi quattro film preferiti e tra questi non ci sono né ConclaveThe Young Pope E neanche Habemus Papam e I due Papi né nessun altro film che parli di Papi.
Hbo ha annunciato che V per Vendetta tornerà, stavolta come serie tv Del progetto al momento si sa pochissimo, ma è già stato confermato James Gunn nel ruolo di produttore esecutivo.
Le aziende di Big Tech stanno investendo nella creazione di neonati “di design”, cioè geneticamente modificati I miliardari della Silicon Valley hanno deciso che quello di cui l'umanità ha bisogno è una formula per creare “neonati potenziati”.
Secondo il presidente della COP30 i Paesi ricchi dovrebbero tutti prendere lezioni di ambientalismo dalla Cina André Corrêa do Lago ha detto che la Cina, uno dei tre maggiori inquinatori al mondo, è l'esempio che il resto del mondo dovrebbe seguire.
Prima di essere scarcerato, Sarkozy si è vantato su Instagram di tutte le lettere che stava ricevendo in carcere Un reel sull'Instagram dell'ex Presidente mostra le tante lettere, regali e cartoline inviategli dai sostenitori. Lui ha promesso che risponderà a tutti.

Doomshopping, sopravvivere alla fine del mondo facendo acquisti inutili

Le offerte lampo sono i nostri terapeuti, lo “shopping catastrofico” è la cura prescritta, che si nutre della nostra vulnerabilità.

22 Gennaio 2025

“Stress-Click-Buy-Repeat”Se il nostro quotidiano è scandito dalla precarietà, il senso di incertezza e l’ansia da prestazione, alla fine della nostra giornata c’è una cosa che non ci abbandonerà mai: l’offerta lampo – solo per noi – sulla nostra piattaforma e-commerce preferita. In un’era conflittuale caratterizzata dall’insicurezza collettiva nei confronti del futuro, c’è un’altra patologia che si fa strada nel vocabolario delle abitudini postmoderne, spingendoci a fare scorta di gratificazione. Il “doomshopping” (letteralmente “shopping catastrofico”) è la risposta psicologica al nostro costante senso di precarietà, un tentativo efficace e fulmineo di neutralizzare quell’incertezza accumulando beni materiali. Il suo fratello maggiore è il “doomscrolling”, lo scorrere compulsivamente le notizie più angoscianti presenti online, un’attività che si è insinuata nella nostra routine a cui ci siamo abituati con riluttanza. E indovinate un po’, il risultato finale non è neanche lontanamente simile a quello desiderato. È nel prefisso “doom” che si cela, infatti, il paradosso: ciò che dovrebbe tranquillizzarci in realtà non fa altro che aumentare quel senso di angoscia che cerchiamo invano di curare, rimpinzandoci di acquisti. È come fumare una sigaretta per smorzare la tensione, senza renderci conto che quel piccolo antidoto, giorno dopo giorno, ci sta intossicando. D’altronde, la differenza tra veleno e cura sta nel dosaggio.

Un sondaggio di Credit Karma rivela che il 43 per cento dei Millennial e il 35 per cento della Generazione Z dichiarano di dedicarsi al doomshopping per alleviare le preoccupazioni legate alla situazione globale, innescando una sorta di terapia dello shopping (“retail therapy”) che si concentra soprattutto nelle ore notturne, per combattere l’insonnia quando la mente è sopraffatta dai pensieri e dalle preoccupazioni. Di notte, infatti, il sistema di autocontrollo del cervello è meno efficiente, e l’acquisto di beni non necessari diventa una tentazione irresistibile. In assenza di un contesto sociale (nessuno che ci osservi o ci giudichi), inoltre, aumenta la nostra percezione di libertà nel fare spese irrazionali. E poi si sa, le piattaforme di e-commerce non dormono mai e hanno affinato algoritmi che sanno cogliere al volo i segnali di stress emotivo. È proprio allora, in un vortice di e-mail personalizzate, notifiche push e promozioni last minute, che scoviamo la nostra piccola gratificazione immediata. E subito dopo l’acquisto – un atto impulsivo, quasi inconsapevole – entra in gioco la dopamina, la nostra alleata più subdola, una “ricompensa chimica” che allevia temporaneamente gli stati d’animo negativi. Comprare genera un sollievo immediato, e il successivo arrivo del prodotto induce una sensazione di piacere invigorita dall’unboxing (come si chiama la pratica di scartare gli acquisti sui social). Ma nel doomshopping la dopamina è sempre presente, dall’inizio alla fine del processo. Se ne sta lì a osservarci sogghignando, nascosta tra le promozioni lampo che creano un senso di urgenza, nelle offerte su misura che ci fanno sentire così speciali e nei punti fedeltà. Avete presente quelle ruote della fortuna che vi regalano sempre percentuali di sconto altissime? A volte non facciamo altro che mentire a noi stessi, per giustificare l’ennesimo irrinunciabile acquisto compulsivo delle due del mattino.

Tuttavia, dopo una forte scarica di piacere arriva la picchiata. L’insoddisfazione è sempre dietro l’angolo. Perché abbiamo acquistato di nuovo qualcosa di cui non abbiamo realmente bisogno? E perché questo prodotto che abbiamo tra le mani non ci fa sentire bene come avevamo previsto? Oltre al calo dell’euforia e alla promessa non rispettata, si rafforza anche l’idea che l’acquisto non abbia colmato il divario tra sé e le aspettative irrealistiche alimentate dalla società. La minigonna dei nostri desideri stava benissimo addosso a quell’influencer, mentre ora ci sembra terribilmente cheap, e presi dalla foga del momento, forse abbiamo scelto pure la taglia sbagliata. Dovremmo forse comprarne un’altra? Ed ecco che il meccanismo si ripete, nella speranza di alleviare ancora una volta il nostro malessere.

Ma quando abbiamo cominciato a comportarsi in questo modo, alimentando un circolo vizioso apparentemente senza via d’uscita? La fase di pandemia di Covid-19 c’entra sicuramente qualcosa. Tra allarmi cronici, distanziamento sociale e sentimenti di solitudine, lo shopping online, grazie alla sua facilità e all’accesso immediato, si è trasformato in un meccanismo di coping (ovvero il tentativo di far fronte alle difficoltà, spesso con pratiche sbagliate), quasi una terapia di massa. E oltre al timore di carenze di beni di prima necessità – vedi: la corsa pazza alla carta igienica – in un contesto di caos molte persone hanno cercato di ristabilire un senso di controllo attraverso lo shopping superfluo. Gli influencer, la pubblicità mirata e gli algoritmi personalizzati hanno spinto gli utenti ad acquistare sempre di più facendo leva sulle loro fragilità emotive, presentando i loro prodotti come rimedi per superare la crisi. Basterebbe riuscire a disconnettersi per spezzare il cerchio, ma più passa il tempo, più ci sembra impossibile.

Ciò che ci appare come un rifugio psicologico, in realtà non è altro che una trappola. Ma liberarsene è possibile, se solo riusciamo a guardarci da fuori per solo un’istante, analizzando le sensazioni che ci pervadono. E se non siamo per natura quel tipo di persona che resiste stoicamente alle tentazioni, potremmo almeno iniziare a riconoscere quei momenti di debolezza e cercare di prendercene cura con alternative più sane. In fin dei conti, il colpo di dopamina post-acquisto è rapido, ma la soddisfazione duratura arriva solo quando impariamo a comprare solo ciò che davvero ci serve, e non solo per colmare un vuoto.

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