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Diversi grandi hotel sono stati accusati di fare offerte ingannevoli e fuorvianti su Booking L’authority inglese che si occupa di pubblicità ha scoperto che quelle convenientissime offerte non sono mai davvero così convenienti.
Gli scienziati hanno scoperto che il primo bacio sulla bocca è stato dato 21 milioni di anni fa E quindi non se l'è inventato l'homo sapiens ma un ominide, un antenato comune di uomini, scimpanzé, gorilla e orango, animali che infatti si baciano.
Non si capisce bene perché ma Nicki Minaj è andata alle Nazioni Unite a parlare dei cristiani perseguitati in Nigeria Sembra che a volerla lì sia stato Trump in persona, dopo che in più occasioni Minaj gli ha espresso pubblico supporto sui social.
La nuova tendenza nell’industria del beauty è vendere prodotti di bellezza anche a bambine di 3 anni Da anni si parla di Sephora Kids, ma adesso ci sono storie che riguardano bambine addirittura più piccole.
Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.
Per la prima volta è stata pubblicata la colonna sonora di Una mamma per amica In occasione del 25esimo anniversario della serie, su tutte le piattaforme è arrivata una playlist contenente i migliori 18 brani della serie.

Pubblicare un romanzo ti renderà soltanto più infelice

Un sondaggio realizzato da Bookseller ha dimostrato che riuscire a pubblicare un libro non migliora la qualità della vita, anzi: l'esperienza di un autore esordiente è orribile da ogni punto di vista.

di Studio
26 Aprile 2023

Se c’è una certezza che la pandemia ci ha lasciato (forse l’unica) è che la felicità esiste e si trova fuori dal luogo e dall’orario di lavoro. Certo, per vivere tocca ancora, speriamo non a lungo, lavorare: nonostante i progressi dell’intelligenza artificiale e della robotica applicata, i tempi in cui le macchine faranno tutto quello che c’è da fare al posto nostro sembrano ancora purtroppo lontanissimi. Nel frattempo bisogna sopravvivere come si può, scommettendo su un futuro migliore, come fanno quelli che si uniscono alle Grandi Dimissioni, oppure continuando a camminare sulla via vecchia senza sforzarsi più del minimo indispensabile, come i sostenitori del quiet quitting. Una cosa che sicuramente non ha nessun senso fare è pensare che la salvezza sia nei mestieri cosiddetti “creativi”, come quello dello scrittore. Anzi. Secondo un sondaggio realizzato da Bookseller, pubblicare un romanzo non fa altro che peggiorare l’esistenza. Tra le conseguenze di diventare un autore pubblicato ci sono: ansia, stress, depressione e una sensibile diminuzione dell’autostima, dovuti al fatto che, soprattutto per gli esordienti, l’esperienza della pubblicazione è fatta di scarso sostegno e pessima comunicazione.

Dalla ricerca di Bookseller emerge una realtà sempre e comunque deprimente, a prescindere dalle circostanze e dalle situazioni della pubblicazione del libro. Di 108 partecipanti al sondaggio, soltanto il 22 per cento ha detto di considerare il loro esordio letterario un’esperienza positiva. Un’insoddisfazione che vale, appunto, per tutti: per chi scrive romanzi “per adulti” (il 61 per cento degli intervistati), per chi fa non fiction (il 19 per cento) e anche per chi fa narrativa per l’infanzia (il 17 per cento), per chi è pubblicato da una casa editrice indipendente (il 51 per cento) e per chi è riuscito a ottenere un contratto con una delle Big Four dell’editoria americana, Penguin Random House, HarperCollins, Pan Macmillan e Hachette (il 48 per cento).

Il paragrafo forse più triste della ricerca di Bookseller è quello in cui gli scrittori che hanno preso parte al sondaggio raccontano il giorno della pubblicazione, quello in cui le loro opere prime sono entrate in commercio. L’unico racconto positivo è quello di un autore di romanzi, il cui libro è stato pubblicato da una delle Big Four, che ricorda il giorno in questione come: «stupendo. Un piacevolissimo pranzo a Waterstones assieme alla mia famiglia e ai miei amici, il mio editore e il mio agente». Di per sé non la più entusiasmante delle giornate, ma sicuramente tollerabile rispetto al «deserto» raccontato da altri scrittori e altre autrici. C’è chi ha approfittato dello spazio fornito da Bookseller per avvisare i futuri esordienti che dopo la pubblicazione non bisogna aspettarsi niente perché non c’è niente: «un deserto totale», queste le parole usate per descrivere quello che in teoria dovrebbe essere uno dei momenti catartici della vita di chi scrive. «Non succede niente, in realtà. Non è nemmeno sicuro che il libro arrivi nelle librerie e nei negozi. Quindi, quello che pensate sarà un giorno stupendo, un momento che vi farà sentire realizzati, in realtà passa come qualsiasi altro giorno e momento. Ci si sente piuttosto apatici». Certo, meglio il deserto totale che quello che ha raccontato un altro autore: per il giorno della pubblicazione del suo libro, lui si è dovuto organizzare da solo il suo pranzo “di festeggiamento” e il massimo sforzo che il suo editore ha fatto è stato offrirsi, entro certi limiti di spesa, di pagare per il vino consumato durante il suddetto pranzo.

Nei racconti degli autori, gli editori emergono quasi sempre come villain. Quando va bene, il problema è la comunicazione: la maggior parte delle volte viene definita assente oppure confusa. Ma ci sono volte in cui l’editore diventa un vero e proprio avversario. Uno degli autori che hanno raccontato la loro esperienza a Bookseller ha detto che la maggior parte della somma che il suo editore gli aveva anticipato al momento della firma del contratto l’ha spesa in sessioni di psicanalisi per superare i traumi causati su base semi quotidiana dal rapporto con l’editore stesso. «Mi fossero state date comunicazioni chiare, o avessi anche solo avuto una persona di riferimento con cui parlare, tutto sarebbe andato meglio. Mi sono ritrovato a cercare su Google i nomi dei membri dello staff della mia casa editrice per cercare di capire a chi chiedere una mano». Almeno, questo autore non ha vissuto il trauma che hanno vissuto molti altri: lui è stato abbandonato prima ancora che il libro venisse pubblicato, e forse si può dire persino fortunato rispetto a quelli (il 48 per cento del campione di Bookseller) abbandonati il giorno dopo la pubblicazione. Uno di questi ha raccontato che il suo editore non si è nemmeno degnato di mandargli le recensioni, tutte entusiaste, del suo libro: «Me le sono cercate e trovate tutte da solo».

Si potrebbe dire: tutti i problemi con un editore si possono risolvere assumendo un agente, una figura professionale specializzata nel tenere i rapporti – possibilmente buoni rapporti – con le case editrici. «All’epoca non avevo ancora un agente, il mio editor era sempre impegnato, mi sentivo come se accanto a me non ci fosse nessuno ad aiutarmi», ha raccontato uno degli autori intervistati da Bookseller. Ma, ovviamente, anche in questo caso le storie positive sono poco più che eccezioni. La maggior parte delle volte gli agenti sono invece protagonisti di una gara all’assenza assieme a editor e case editrici, una gara che in molti casi vincono anche con un certo distacco rispetto agli avversari. «Mi sembra che gli agenti spesso siano quelli che hanno di più da dire sulle cose e allo stesso tempo siano quelli che fanno di meno in assoluto per proteggere gli scrittori», dice uno degli autori. A quanto pare, nella maggior parte dei casi gli agenti sono così orribili da costringere gli autori a rivalutare gli editori: «Almeno loro tendono a essere realistici». Ovvero: nessun editore di buona coscienza e sani princìpi dirà mai che la felicità è a un libro pubblicato di distanza.

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