Cultura | Dal numero

Il rinascimento delle menti

Negli ultimi anni gli psichedelici sono tornati al centro del dibattito pubblico, non più soltanto come oggetto di ricerca scientifica ma come strumenti del cambiamento sociale, culturale, spirituale, e potenzialmente politico.

di Davide Coppo

Una foto di Albert Hoffman, il chimico svizzero che per primo ha sintetizzato la molecola dell'Lsd (Foto di Fabrice Coffrini/AFP via Getty Images)

Me lo ricordo il primo vero trip di Lsd, in ogni minimo particolare: ero in Germania, erano i primi giorni di ottobre, già ci voleva il maglione di lana a stare lì sul Baltico, il mio era rosso. Mi sono svegliato alle 8 di mattina e ho preso l’acido quasi subito, poco dopo la doccia e il caffè, digiuno. Sono andato a fare una passeggiata verso un ruscello vicino – ero in piena campagna, non lontano dalla Polonia – con l’amico che mi accompagnava e il suo cane. L’effetto è iniziato dopo 45 minuti. Le gambe non mi reggevano più, mi sono dovuto sdraiare supino. La luce azzurrina dello schermo mi dava fastidio, ma lo stesso sono riuscito a selezionare dalla playlist “Astral Traveling” di Pharoah Sanders. Non tanto quello che successivamente ho visto, o non soltanto, ma soprattutto quello che ho provato, e il come l’ho provato, hanno fatto sì che nella mia vita quella giornata sia diventata uno spartiacque: c’è un prima-Lsd e un dopo-Lsd. Naturalmente, come accade sempre in questi casi, le parole non riescono a esprimere in modo efficace il perché, e suonano sceme, vuote o pretenziose. Avendo letto decine di “trip report” di diverse epoche, ho scoperto che questa cesura è vera praticamente per ogni persona che abbia sperimentato una certa dose di dietilamide dell’acido lisergico.

Il 2006 fu l’anno decisivo per la riscoperta degli psichedelici: l’inizio di quello che, ormai da diversi anni a questa parte, è stato battezzato “Rinascimento psichedelico”. Il 2006 fu una data importante per due motivi in particolare, entrambi significativi ma di segno molto diverso. Si tenne, quell’anno, una grande festa per il centenario della nascita di Albert Hofmann, lo scopritore, nel 1943, della molecola dell’Lsd. La celebrazione venne organizzata al Centro Congressi di Basilea, e il chimico svizzero «curvo e secco come un ramo, a malapena un metro e cinquanta», così lo descrive Michael Pollan in Come cambiare la tua mente, era presente e in ottima salute. Durante i tre giorni di cerimonia si ritrovarono in Svizzera psiconauti amatori, appassionati sciamani, accoliti di quella che si può anche definire come una vera filosofia di vita, ma anche scienziati, ricercatori, psichiatri. Già da alcuni anni, negli Stati Uniti e proprio in Svizzera, si stavano conducendo diversi esperimenti per studiare gli effetti degli psichedelici sul cervello umano: era, per queste sostanze, un “riveder le stelle”, almeno nell’ambito scientifico, dopo decenni di proibizionismo. Il secondo motivo riguarda gli Stati Uniti, e una decisione della Corte Suprema. Diceva, la decisione, che una piccola setta religiosa chiamata União do Vegetal (Udv), che nella sua liturgia prevedeva l’ingestione di ayahuasca, poteva liberamente importare la sostanza nel Paese, nonostante fosse altrimenti proibita e considerata una “droga pesante”, e cioè appartenente alla famosa Tabella 1, quella destinata a cocaina ed eroina. Si parla di Rinascimento, a indicare il momento che stiamo vivendo in rapporto alle sostanze psicotrope e psichedeliche, perché ci siamo arrivati dopo un lungo Medioevo, inteso come “età oscura”. Ovviamente il confine tra luce e ombra non è mai netto, e questi anni – questi decenni – sono fatti di sfumature a volte più luminose, a volte meno. Il Medioevo sarebbe quindi stato il proibizionismo, l’equiparazione degli psichedelici ad altre droghe completamente diverse nella composizione chimica e negli effetti sulla mente e sul corpo umano: fu colpa di una psicosi fatta – come ogni psicosi, più o meno – di paranoie, falsità e dell’odio governativo verso quel demone di Timothy Leary, «una cometa folgorante e irriverente» che sfidò apertamente, e fino alle estreme conseguenze, tutte le autorità statunitensi (la definizione tra virgolette è di Federico di Vita, dal libro La scommessa psichedelica, Quodlibet 2020).

L’Lsd fu inserita nella Tabella 1 dagli Stati Uniti nel 1968, e le decine di programmi di ricerca scientifica vennero fatti chiudere quasi immediatamente. Dagli anni Settanta, in più o meno tutto l’Occidente, le sostanze psichedeliche vennero rese illegali. Ma in cosa consisteva la ricerca scientifica, allora? In breve, in formidabili scoperte nella cura della depressione, delle dipendenze, dell’ansia, della “sofferenza esistenziale” dei pazienti oncologici, che vennero portate avanti tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta in diverse università degli Stati Uniti e del Canada. La Sandoz, l’azienda per cui lavorava Hofmann, iniziò a produrre Lsd come uno psicomimetico, e cioè una sostanza capace di indurre temporanei stati di psicosi. Utilizzata in psicoanalisi o psicoterapia, si rivelò straordinariamente efficace nell’ottenere risultati più durevoli e più veloci di ogni altro metodo. E senza effetti collaterali: gli psichedelici, dopotutto, non danno dipendenza psicologica né fisica, non lasciano segni nel cervello né nel corpo. Leggendo i “trip report” di quei primi anni pionieristici, in cui i terapeuti e gli psichiatri stessi sperimentavano su di loro diversi quantitativi di acido, a colpire sono soprattutto, un po’ a sorpresa, i momenti profondamente spirituali, le illuminazioni, le estasi vere e proprie. Alcune frasi raccolte da Come cambiare la tua mente di Michael Pollan sono: «Rivissi l’esperienza di una nascita molto dolorosa, che aveva determinato quasi tutti gli aspetti della mia personalità. Però sperimentai l’armonia del genere umano, e la realtà di Dio» (Myron Stolaroff, ingegnere, poi ricercatore psichedelico); «Quello che passò attraverso la porta chiusa fu la comprensione… la consapevolezza diretta e totale, dall’interno, per così dire, dell’Amore come il fatto cosmico primario e fondamentale» (Aldous Huxley, scrittore); «I problemi e gli impedimenti, le preoccupazioni e le frustrazioni della vita quotidiana erano svaniti; al loro posto, c’era una quiete celestiale, illuminata, grandiosa. Mi sembrava di essere finalmente arrivato alla contemplazione della verità eterna» (Sidney Cohen, psichiatra).

La rivoluzione che le sostanze psichedeliche hanno in dote, in potenza e non ancora in atto, non è soltanto medica: è sociologica, culturale, spirituale, e potenzialmente politica

Oggi le ricerche sono ripartite: il primo studio del Rinascimento viene accordato legalmente a Peter Gasser, uno psichiatra svizzero, nel 2007. Sono passati ormai 30 anni dall’inizio del proibizionismo ma è un felice ritorno nella terra in cui la molecola venne battezzata, nel 1938. È anche un’ultima gioia per Albert Hofmann, che morirà pochi mesi dopo, a 102 anni, forse rasserenato da quel nuovo e positivo interesse verso il suo «bambino difficile», come aveva definito l’Lsd nel 1979. Negli anni che seguono la ricerca esplode di nuovo, e con ancora più convinzione e mezzi rispetto agli anni Cinquanta: università come l’Imperial College di Londra, la Johns Hopkins di Baltimora, quella di Berkeley in California inaugurano centri di ricerca sui benefici degli psichedelici; diverse città o Stati, negli Stati Uniti, legalizzano o depenalizzano la psilocibina (un alcaloide presente nei famosi funghi, molto simile all’Lsd), e in alcuni casi anche la ayahuasca e la mescalina. Le prospettive della psicoterapia psichedelica sono definite da molti psichiatri estremamente luminose, e prevedono l’uso di ketamina, Mdma, psilocibina e Lsd.

Tutto bene, quindi? Quasi. La rivoluzione che le sostanze psichedeliche hanno in dote, in potenza e non ancora in atto, non è soltanto medica: è sociologica, culturale, spirituale, e potenzialmente politica. La psichedelia porta allo sviluppo di un pensiero olistico, all’allentamento delle gabbie dell’ego, a volte alla loro dissoluzione, a un ritrovato senso della meraviglia. Questo perché, tecnicamente, Lsd e psilocibina resettano il cosiddetto Dmn, Default mode network, una specie di meccanismo di “compressione” delle tonnellate di impulsi e informazioni che i nostri occhi ogni secondo – semplicemente vedendo – buttano dentro al cervello. Il Dmn ci permette di funzionare attivamente mentre tutto il resto scorre, per così dire, “in background”, mentre con gli psichedelici questo meccanismo si interrompe: le immagini tornano a essere viste come se fosse una specie di prima volta; le emozioni non sono più compresse, ma esplodono in tutta la loro potenza. Io ogni volta che prendo l’Lsd piango. È una reazione comune: si piange di gioia, anzi, si piange di bellezza per il mondo che ci circonda, per un semplice albero, per il volo di un falco solitario in campagna, per il volto di un’amica seduta vicino a te. Per un intangibile, impossibile da spiegare senso di appartenenza al cosmo, a un pulsare costante di energia universale. Se suonano come frasi da fricchettone è perché lo sono: gli psichedelici ti insegnano anche che non c’è niente di male, nell’essere fricchettone. «Il misticismo è l’antidoto al fondamentalismo», diceva a proposito Rick Doblin, psichiatra e fondatore del Maps (Multidisciplinary association for psychedelic studies) nel 1986. E come scrive Michael Pollan, sempre lui, nel suo ultimo libro Piante che cambiano la mente (Adelphi, 2022), le sentenze depenalizzanti di cui ho parlato poco sopra fanno riferimento agli psichedelici con il nome di piante enteogene: «”Enteogeno”, che deriva dal greco e significa “manifestare il dio [il divino] al proprio interno”, è un termine alternativo per indicare gli psichedelici, coniato nel 1979 da un gruppo di studiosi delle religioni, nella speranza di lavare la macchia della controcultura da questa classe di droghe e sottolineare l’uso spirituale che se ne è fatto per migliaia di anni». Chiamo Vanni Santoni, uno scrittore che si occupa da anni di psichedelici, autore di diversi articoli, introduzioni, curatele sul tema. Dice: «Non è detto che la società desideri quello che gli psichedelici offrono: se curi lo stress post traumatico di un soldato è un conto, ma se convinci una persona a lasciare il suo lavoro e cercare di vivere facendo meno soldi e in modo più sostenibile? Non è sicuro che una società improntata alla crescita costante ritenga questa una prospettiva desiderabile».

Quindi c’è una crepa che si è aperta, negli ultimi dieci anni – e soprattutto negli ultimi due – nel muro di certezze che chiamiamo normalità. Gli psichedelici, in questa crepa, possono scavare ancora di più

In fondo bisognerebbe prima di tutto fare chiarezza su cosa consideriamo una malattia e cosa no, in questa società, e su quali possono essere, nel primo caso, le cause e le cure. La pandemia da Coronavirus ha scombussolato tutto, in questo senso, e messo le certezze che avevamo in un frullatore. Sempre più persone stanno iniziando a non accettare passivamente lo stress come una conseguenza endemica della vita, ma lo vedono (finalmente) come il frutto contaminato, e quindi da correggere quando non evitare, di un mondo del lavoro spesso tossico. A pensare il burnout come un avvelenamento. A collegare un certo modo di lavorare alla depressione. C’era questo slogan, nei primi giorni di pandemia, prima dei lockdown, che veniva scritto sui muri di tutto il mondo, e diceva: «We won’t get back to normal because normal was the problem». È importante allora vedere gli psichedelici come un potenziale alleato in questo cambiamento, anche se non sarà facile. Ancora Santoni mi dice: «È complesso, perché il paradigma psicoanalitico ha trionfato su quello sociologico. C’è stata un’individualizzazione, o un’ideologizzazione dell’individualismo, che ha fatto sì che il rapporto della sostanza sia sempre con il singolo. E si è smesso di guardare alle cose in modo più olistico, con una direzione sociale». Quindi c’è una crepa che si è aperta, negli ultimi dieci anni – e soprattutto negli ultimi due – nel muro di certezze che chiamiamo normalità. L’ondata di dimissioni che in Occidente abbiamo battezzato Great Resignation è parte di questa crepa, o della sabbia che dalla crepa cade per terra; anche il lavoro agile e da remoto, quando viene mantenuto oppure difeso a oltranza dai dipendenti, è un pezzetto, così come l’attenzione sempre più marcata al benessere mentale e alla felicità individuale come condizione fondamentale per lavorare e quindi vivere bene. Gli psichedelici, in questa crepa, possono scavare ancora di più. Possono ampliarla. Fino a farla detonare? Forse. C’è bisogno, però, di una certa diffusione, di una certa consapevolezza, e dell’espansione, anche inizialmente illegale, per forza di cose, del cosiddetto underground. È positivo, insomma, seguire questi iniziali sviluppi esclusivamente medici che riguardano l’Lsd, la psilocibina, l’Mdma, e così via, e tifare per loro: l’applicazione scientifica è fondamentale per chi potrà beneficiare degli effetti benefici delle sostanze in gioco e della psicoterapia sviluppata con il loro supporto; in più, camminare sulla strada aperta dalla medicina – Santoni parla di «paradigma salutistico» – ha già portato a progressi con la considerazione anche ricreativa di alcune droghe leggere, in diversi Paesi. Ma una vera rivoluzione psichedelica sarà completa soltanto quando ci convinceremo che è giusto far stare bene chi sta già bene, e pure permettere, a chi vuole, di viaggiare dentro profondità personali o universali per il puro piacere della scoperta, per slancio spirituale o divertimento. Per fortuna, o purtroppo per i rallentamenti impliciti in un’operazione del genere, è una cosa più connessa di quanto pensiamo a un cambio di paradigma che riguarda tutta la società. O forse: l’umanità.