Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.
Si può imparare qualcosa sull’auto-isolamento da questa antica comunità nepalese
Per convenzione, si fanno risalire le origini della quarantena – intesa come metodo di isolamento dei pazienti infetti durante un’epidemia – alla Venezia del ‘300 alle prese con la peste. Tuttavia, questa modalità di contenimento dei contagi ha radici ancora più antiche e, soprattutto, era diffuso anche in altre parti del mondo. Come racconta un breve documentario della Bbc, infatti, anche l’antica comunità di mercanti nepalesi Newar di Lhasa aveva l’abitudine di auto isolarsi al ritorno dai lunghi viaggi sull’antica via della Seta. Questi intrepidi viaggiatori commerciavano polvere d’oro, lana, pelli di yak, utensili in metallo, statue sacre, riso e altri prodotti tessili ed erano abituati a fare avanti e indietro tra il Nepal, il Tibet, l’India e molte altre parti dell’Asia centrale, passando lunghi periodi lontani dalle loro famiglie.
Dopo aver attraversato l’Himalaya ed essersi esposti a temperature rigide e all’incontro con persone provenienti da tutte le parti del mondo, possibili veicoli di malattie sconosciute, al loro ritorno nelle comunità di origine i mercanti erano soliti trascorrere un certo periodo di tempo, che poteva variare dai 12 ai 14 giorni, in strutture separate dai loro concittadini, come quella di Yita Chapa. Solo dopo essersi rimessi in sesto, lavandosi alla fonte Thakuhiti, considerata sacra, e dopo aver svolto i rituali di purificazione, potevano rientrare nelle loro abitazioni con il beneplacito delle autorità religiose, un’abitudine che i Newar hanno conservato fino ad oggi. «Adesso quel sistema si chiama quarantena, all’epoca era un uso culturale. A volte le vecchie abitudine sono ancora buone», dice Anand Tuladhar, mercante in pensione di 86 anni.

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