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01:43 giovedì 11 dicembre 2025
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.
La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
Per impedire a Netflix di acquisire Warner Bros., Paramount ha chiesto aiuto ad Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e pure al genero di Trump Lo studio avrebbe chiesto aiuto a tutti, dal governo USA ai Paesi del Golfo, per lanciare la sua controfferta da 108 miliardi di dollari.
Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui per gestire lo stress invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.

Una piccola storia estetica della pubblicità

Un profilo Instagram raccoglie adv dai magazine degli anni Ottanta, Novanta e Duemila: tra stili e sperimentazioni spuntano nostalgia e bellezza.

08 Luglio 2016

Dal settembre dello scorso anno, la graphic designer Halima Olalemi – che vive e lavora a Londra, una perfezionista con particolare attenzione verso la stampa, la tipografia e lo sviluppo dell’immagine digitale – ha preso a catalogare emblematiche pubblicità contenute in vecchie riviste degli anni Ottanta, Novanta e Duemila. Su @adarchives, il suo account Instagram, si possono incontrare alcuni reperti che mostrano come sia cambiato nel tempo l’estetica della pubblicità dei magazine. Alcune idee, innovative per i tempi, fanno apparire l’approccio di queste campagne (perlopiù legate al mondo della moda) come sperimentale. Anche perché, con il ritorno di una certa estetica che si rifà a quella degli anni Novanta, stiamo assistendo ad un nostalgico riproporsi di costruzioni visive che si riverberano nell’account della grafica londinese.

Quello di Halima, cominciato come un semplice progetto personale, si è trasformato rapidamente in un racconto visivo che indaga la nostra relazione con l’evoluzione di stile, consumo, tecnologia e sessualità. @adarchives fa da vetrina a decine di campagne pubblicitarie che stringono un legame unico con cultura e sottocultura giovanile, riviste di moda – tra cui i-D, The Face, Esquire, Dazed e Sleazenation – designer come Katharine Hamnett e Helmut Lang, e brand tra cui Carhartt, Asbolut, Sony Playstation, Gola. Ma ci sono anche incursioni nel mondo musicale, con adv degli album di The Chemical Brothers e Massive Attack.

Oltre a riportare l’attenzione su alcuni progetti considerati provocatori e di rottura al tempo della loro pubblicazione, come nel caso di alcuni lavori firmati Benetton e Diesel, o altri scolpiti nell’immaginario firmati Levi’s, il progetto offre anche uno sguardo sulle evoluzioni della pubblicità del fashion, e quanto quest’ultima sia cambiata nel corso degli ultimi trent’anni. Tra gli scatti in bianco e nero del 1990 di Levi’s, le campagne lo-fi di Wrangler del 1980 e quelle patinate e lucenti di oggi, corre un mare che separa approcci totalmente differenti.

Ogni scatto ripreso da Halima regala delle madeleine che conservano il gusto di intere epoche. In un’intervista a i-D magazine la stessa designer di Londra sottolineava come postare queste immagini sia un po’ come aprire una capsula del tempo. «Mi appassiono e vado alla ricerca di chi potrebbe averle realizzate, come sono state accolte quando sono uscite, se fanno parte di una serie. Amo quelle che hanno un filo narrativo che si dipana attraverso le differenti campagne».

Nel lavoro di Olalemi è presente una velata nostalgia, in parte connaturata all’uso dei social media come strumenti di memoria. Le immagini raccolte dalla designer ci lasciano con il gusto di qualcosa che ha perso il suo obiettivo originario – vendere un prodotto – ed è diventato semplicemente bello come un qualsiasi prodotto culturale.

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