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00:15 martedì 1 luglio 2025
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.
La Rai vorrebbe abbandonare Sanremo (il Comune) e trasformare Sanremo (il festival) in un evento itinerante Sono settimane che la tv di Stato (e i discografici) litigano con il Comune: questioni di soldi, pare, che potrebbero portare alla fine del Festival per come lo conosciamo.
La storia del turista norvegese respinto dagli Stati Uniti per un meme su Vance sembrava falsa perché effettivamente lo era Non è stato rimpatriato per le foto salvate sul suo cellulare, ma semplicemente perché ha ammesso di aver consumato stupefacenti.
In Giappone è stato condannato a morte il famigerato “killer di Twitter” Takahiro Shiraishi è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di nove ragazze. Erano tre anni che nel Paese non veniva eseguita nessuna pena capitale.
Per sposarsi a Venezia e farsi contestare dai veneziani Bezos ha speso almeno 40 milioni di euro Una cifra assurda che però non gli basta nemmeno per entrare nella Top 5 dei matrimoni più costosi di sempre.

Pierre Huyghe, l’artista dello spaesamento

L'ambizioso progetto espositivo allestito a Punta della Dogana a Venezia raccoglie lavori "storici" e nuovissimi, uniti da uno scopo: esplorare le intersezioni tra il mondo reale e quello immaginato e rompere le barriere che li separano.

20 Marzo 2024

Tutto si gioca attorno alle infinite possibilità offerte dall’esperienza umana (ma anche inumana). A tutto quello che potrebbe essere e non è, a ciò che è stato senza preavviso alcuno. L’universo creativo di Pierre Huyghe è come un magma in perenne movimento, dove tutto può accadere ed evolversi. Come quando alla Serpentine gallery di Londra l’artista parigino sistemò sul pavimento 50.000 larve di Calliphora vomitoria, diffusissima mosca blu, che si sarebbero schiuse proprio nei giorni in cui la mostra andava in scena. Un destino più o meno segnato, che però lasciava spazio al’imprevisto.

In questi giorni Huyghe è protagonista di Liminal, ambizioso progetto espositivo curato Anne Stenne e allestito negli spazi veneziani di Punta della Dogana fino al 24 novembre. Una sorta di compendio della sua complessa poetica, spesso costituita da “finzioni” che lui stesso definisce «mezzi per accedere al possibile o all’impossibile, a ciò che potrebbe o non potrebbe essere». «Liminal indica uno stato di  soglia», racconta, «significa non trovarsi né su una riva, né su un’altra del fiume. È un passaggio, uno stato fluttuante». Il nome dell’esposizione trae spunto proprio dal titolo di una delle opere in mostra: “Liminal”, appunto, realizzata nel 2024 dove la simulazione di un personaggio umano spogliato di tutto, senza mondo, senza cervello e senza volto, si muove su una superficie infinita, vivendo una condizione transitoria tra la nostra realtà sensibile e un’entità altra, inumana. Più che un’opera, un esperimento antropologico e tecnologico che rimette in discussione il nostro senso della realtà.

Huyghe, che da tempo ha deciso di vivere e lavorare a Santiago del Cile, sceglie così di plasmare gli spazi disegnati da Tadao Ando in un luogo dinamico e sensibile, popolato da creature umane e non umane, in cui si formano, sono parole sue, «soggettività in perenne processo di apprendimento, trasformazione e ibridazione». La personale allestita fra il Canal Grande dal Canale della Giudecca, raccoglie opere degli ultimi dieci anni (molte in arrivo proprio dalla Pinault Collection) e lavori nuovissimi, appena sfornati. Come “Estelarium”, del 2024, un calco modellato in basalto della forma di un ventre umano gravido poco prima del parto. O “Portal”, sempre di quest’anno, che svela un’antenna sensoriale composta da ricevitori ed emettitori che trasmettono informazioni percettibili e impercettibili per l’uomo.

Uno dei progetti più seducenti è “Idiom”, una lingua inedita in grado di autogenerarsi durante tutto il periodo dell’esibizione, grazie a maschere capaci di captare stimoli esterni, indossate da curiosi personaggi che orbitano fra le sale di Punta della Dogana. Sconvolge e attrae come una calamita anche il recentissimo film “Camata”, montato in tempo reale senza inizio e senza fine, in cui viene raccontato un rituale in costante evoluzione, eseguito da grandi robot su uno scheletro  umano rinvenuto nel deserto di Acatama, in Cile. Lo scambio tra un’entità incorporea e un corpo umano privo di linfa vitale crea un cortocircuito dove tutto è messo in discussione. Ma non può che essere così, perché l’arte, come ha affermato lo stesso Huyghe, «non è altro che un modo per spingere i limiti della percezione un po’ più in là  e creare nuovi significati attraverso l’esperienza».

Ma sono anche i lavori per così dire “storici” a sedurre lo spettatore. Veri gioielli che hanno girato i musei più importanti del mondo divenendo classici dell’arte contemporanea. Uno dei più iconici è sicuramente il mediometraggio “Human Mask”, del 2014, dove una scimmia che indossa una maschera femminile si muove nella più totale solitudine all’interno di un ristorante abbandonato, nei dintorni di Fukushima, in Giappone. A spiazzare è soprattutto guardare quell’animale dalla fisionomia antropica che si sposta come un automa fra tavoli e sedie senza mostrare alcunché di umano, ondeggiando fra ansia e noia. Nonostante le fessure della maschera lascino intravedere luce nei suoi occhi, nulla nei suoi comportamenti appare familiare.

«La mia pratica artistica», ha affermato tempo fa l’artista innamorato di Pier Paolo Pasolini (tanto da dedicargli l’opera “Les incivils”), «è un tentativo di esplorare le intersezioni tra il mondo reale e quello immaginato, cercando di rompere le barriere che separano i due». Lo scopo viene centrato anche nell’opera “Zoodram 6”, dove un granchio eremita, che vive dentro una copia della Musa dormiente (famosa scultura di Constantin Brâncuși del 1910), si sposta qua e là all’interno di un acquario. Anche stavolta l’effetto è straniante. Il crostaceo e la testa della musa simboleggiano l’ibridazione tra due specie: un essere non-umano e una rappresentazione umana. Il viaggio prosegue poi con “Cambrian Explosion 19”, dove una roccia galleggiante sembra muoversi incongruamente rispetto alla forza gravitazionale o “UUmwelt – Annlee”, che raccoglie una serie di istantanee mentali, prodotte dall’attività cerebrale di una persona mentre immagina un celebre personaggio d’animazione.

Insomma, in scena c’è una costellazione di lavori che hanno tutti il retrogusto della sfida. Ognuno sembra orbitare attorno al vero obbiettivo dichiarato di Huyghe: lo spaesamento. «È  un po’ come quando vedi un film o leggi un libro: il risultato varia in base alla qualità dell’opera, ma anche rispetto al momento in cui si trova chi legge o guarda. Sogno per ogni spettatore un distacco momentaneo dall’addomesticamento a cui siamo sottoposti come umani. È l’unica via per sentirsi davvero liberi».

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