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Saranno i bravi vicini a salvare Parigi?

Un'associazione di abitanti del XIV arrondissement sostiene che solo l'approccio iperlocale può renderla vivibile: stare nel quartiere come in un villaggio. Una posizione sempre più condivisa anche nel resto del mondo.

di Francesco Del Vecchio

Osservare dall’esterno la città di Parigi, soprattutto nella realtà filtrata dai social e dal racconto mediatico, può portare ad associare la capitale francese a pochi elementi: i pain au chocolat del pasticcere tiktoker, il Musée d’Orsay visto su Instagram o gli scontri di piazza raccontati di frequente dai media. Soprattutto negli ultimi anni, dalle manifestazioni dei gilet gialli in poi, sembra che la città sia stata spesso definita dalla violenza e dal risentimento di una parte della popolazione (nell’onnipresente storytelling centro vs banlieue).

C’è però anche un’altra faccia di Parigi, che parte dal XIV arrondissement, quartiere residenziale sulla riva sinistra della Senna. Come nel resto del Paese, anche qui vige una repubblica, ma non presidenziale come all’Eliseo. Si tratta della repubblica dei Super Vicini, un’iniziativa partita nel 2017 che si estende su circa cinquanta strade del quartiere. Nasce da un’idea di Patrick Bernard, residente ed ex giornalista, che punta a stravolgere il funzionamento delle città con politiche urbane che si concentrano sulle “entità locali”.

Più di mille super vicini comunicano attraverso gruppi WhatsApp, occupandosi di questioni come la ricerca di un cat sitter o la riparazione di elettrodomestici. Organizzano brunch settimanali, drink dopo il lavoro e incontri intergenerazionali, in cui i residenti più anziani condividono le loro storie con il resto del quartiere. Arriva poi il momento del banchetto annuale, La Table d’Aude, l’incontro che raccoglie i residenti attorno a un tavolo lungo centinaia di metri, che attraversa il centro di una strada.

La storia del gruppo ha colpito anche il New York Times, che ne ha fotografato le operazioni a partire da un’attività in cui ogni residente porta un po’ di formaggio: un episodio forse un po’ stereotipato e “ratatouillesco”, ma che illustra molto bene l’atmosfera di convivialità che pervade il quartiere. «Alcuni dei partecipanti erano già amici o conoscenti, altri si erano già visti per strada in qualche occasione. Per altri era la prima volta in cui si incontravano. Ma tutti hanno soddisfatto il requisito d’ingresso: portare il formaggio», si legge nel pezzo.

Lo stesso Bernard ha definito la convivialità una ricchezza per il tessuto cittadino, ma chi pensa che il progetto si fermi soltanto a lauti banchetti e dissertazioni sui latticini si sbaglia: l’idea è quella di costruire un nuovo modello urbano, il cui motto è trasformare i vicini che interagiscono cinque volte al giorno in vicini che lo fanno cinquanta volte al giorno. Una missione in cui gli urbanisti vedono una rifondazione della vita urbana in senso iperlocale, un cambiamento basato su stretta interazione, sostegno reciproco e senso del vicinato. I quartieri possono diventare le piattaforme più efficaci grazie alle quali affrontare le sfide delle città iperconnesse, tra cui la solitudine, insicurezza, caldo estremo e i disordini sociali. Secondo Bernard e il suo gruppo, le città del futuro saranno fatte di villaggi, spazi pubblici e quartieri.

Il modello del XIV arrondissement va quindi a braccetto con la città dei quindici minuti, concetto diventato perno del cambiamento urbano. Se da un lato bisogna offrire infrastrutture critiche a portata di mano, dall’altro bisogna modellarle in base alle esigenze e alle caratteristiche della comunità. Queste idee stanno andando oltre la Senna anche grazie al lavoro di Placemaking Europe, una rete di organizzazioni europee che mira a rivitalizzare gli spazi pubblici. Ora sta portando avanti una collaborazione biennale con quindici città per inserire l’approccio iperlocale nel cuore delle politiche urbane.

Anche altri centri urbani stanno seguendo la tendenza. Barcellona sta creando circa cinquecento “Superblocchi”, microquartieri incentrati su progetti comunitari, spazi verdi e mobilità. In Svezia si è arrivati alla città di un minuto: rendere tutte le strade «sane, sostenibili e vivaci» entro il 2030, utilizzando l’arredo urbano. Nelle fasi pilota del progetto ciò ha portato i cittadini, anche nella capitale Stoccolma, a trascorrere il 400 per cento di tempo in più all’aperto. Amsterdam invece offre alle organizzazioni no-profit denaro per rilevare i negozi per turisti e sostituirli con attività commerciali orientate al territorio. Riflettere su questi progetti porta inevitabilmente a comparare il trend europeo con le città italiane, dove, ad esempio, Roma e la sua mobilità assomigliano più alla città dei centocinquanta minuti che a quella dei quindici.

L’approccio iperlocale sembra però farsi largo in tutto il mondo. A giugno, l’Onu Habitat, che si occupa di sviluppo urbano, ha avviato l’Osservatorio globale delle prossimità sostenibili per promuovere questo modello di pianificazione urbana, che descrive come «un fattore chiave in grado di promuovere il benessere umano e un’azione efficace per il clima». Anche i super vicini di Parigi puntano a mettere insieme salute, mobilità e clima. La repubblica incoraggia i residenti a investire emotivamente e fisicamente negli spazi pubblici in cui vivono, per renderli meno propensi a gettare rifiuti. In collaborazione con l’organizzazione no-profit Les Alchimistes, il gruppo ha installato diverse compostiere in tutto il quartiere. Il movimento ha anche rivitalizzato una piazza pubblica trasformandola in uno spazio per eventi e ora sta richiedendo finanziamenti per le bici elettriche comunali.

L’intento di iniziative come il super vicinato parigino risponde anche a un’altra problematica, sempre più appariscente: permette ai residenti di reclamare la loro città e difenderla dall’overtourism. A Parigi sono arrivate anche risposte politiche, con le autorità che hanno votato un nuovo piano urbanistico per facilitare l’apertura di esercizi locali e ostacolare il mercato degli affitti a breve termine. Al di là del «mangiare, bere e festeggiare come ingegneria sociale», secondo le parole di Bernard, la repubblica parigina è un «laboratorio per la sperimentazione sociale» e una potenziale risposta alle carenze della vita cittadina moderna, che può essere transazionale, frenetica e solitaria. Tyler, the Creator in uno dei suoi ultimi brani canta «I’m tryna buy my neighbor house / and turn it to a yard»: forse la scelta più ragionevole per il futuro delle città dovrebbe essere aprirsi al vicinato.