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I Talebani hanno fatto un assurdo video promozionale per invitare i turisti americani a fare le vacanze in Afghanistan Il video con la sua surreale ironia su ostaggi rapiti e kalashnikov, mira a proporre il paese come meta di un “turismo avventuroso”.
Justin Bieber ha pubblicato un nuovo album senza dire niente a nessuno Si intitola Swag e arriva, a sorpresa, quattro anni dopo il suo ultimo disco, anni segnati da scandali e momenti difficili.
Damon Albarn ha ammesso che la guerra del Britpop alla fine l’hanno vinta gli Oasis Il frontman dei Blur concede la vittoria agli storici rivali ai fratelli Gallagher nell’estate della loro reunion.
La nuova stagione di Scrubs si farà e ci sarà anche la reunion del cast originale Se ne parlava da tempo ma ora è ufficiale: nuova stagione in produzione, con il ritorno del trio di protagonisti.
La danzatrice del ventre è diventato un mestiere molto pericoloso da fare in Egitto Spesso finiscono agli arresti per incitazione al vizio: è successo già cinque volte negli ultimi due anni, l'ultima all'italiana Linda Martino.
Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.

Guerra alla fashion week

Mentre aumentavano le iniziative di supporto all’Ucraina, le sfilate di Parigi hanno provato a far andare avanti lo spettacolo della moda. Lo show di Balenciaga ha però cambiato del tutto la prospettiva della discussione.

09 Marzo 2022

Dopo lo spaesamento di Milano, le sfilate si sono spostate a Parigi, dove i marchi della moda hanno avuto qualche giorno in più per osservare l’evolversi della crisi ucraina, provando a calibrare una risposta comune che non sembrasse del tutto scollata da quanto stava succedendo. Il presidente della Fédération de la Haute Couture et de la Mode Ralph Toledano, all’inizio della maninfestazione, che si è svolta dal 28 febbraio all’8 marzo, aveva invitato gli addetti ai lavori a fare esperienza degli show «con sobrietà e riflettendo sui tempi oscuri» che il mondo sta vivendo, un avvertimento che suonava tanto adeguato al momento quanto, fondamentalmente, assurdo (ne parlavamo nella nostra newsletter Studio Industry). E mentre partiva la gara alle donazioni di tutti i grandi brand e la bandiera ucraina iniziava a comparire nelle foto profilo e nelle biografie sui social, spesso accompagnata da una raccolta fondi, è arrivato il giorno della sfilata di Balenciaga, la scorsa domenica. Probabilmente la sfilata di cui più si è parlato in questa strana stagione: per lo show in sé, così aderente al momento storico in cui viviamo da apparire quasi grottesco, e per la storia personale di Demna, che allo scoppio della guerra civile del 1991 è stato costretto a lasciare la Georgia, in cui è nato, per emigrare con la sua famiglia in Germania. Se c’era qualcuno che poteva comprendere le sofferenze degli ucraini oggi, era certamente lui.

 

«La connessione peggiore è stata davvero il fatto che ho vissuto esattamente la stessa cosa trent’anni fa», ha detto infatti a Tim Blanks in un’intervista su Business of Fashion, «Stesso aggressore, stessi aerei militari che bombardano le case, stessa fottuta ragione geopolitica. È stato difficile digerire che nulla è cambiato, tranne che c’è più copertura mediatica e questa volta è successo tutto più vicino all’Europa». Rinchiusi in una sorta di bolla che li separava dal pubblico, modelle e modelli hanno sfilato sfidando una finta tempesta di neve e di vento: a introdurre (e a chiudere la sfilata) c’era la voce dello stesso Demna che leggeva una lettera alla resistenza del poeta ucraino Oleksandr Oles, morto in fuga dai nazisti nel 1944. A fare da colonna sonora, un pezzo delle Slavonic Dances di Antonín Dvořák, seguite dalla musica di BFRND.

L’intenzione iniziale era riprendere il discorso sul cambiamento climatico, l’ansia ecologica e la crisi di senso della società avviato nelle collezioni immediatamente precedenti al Covid, la Primavera Estate 2020 e l’Autunno Inverno 2020, tra l’altro due degli show più riusciti da quando Demna è diventato direttore creativo di Balenciaga, ormai più di sei anni fa. A questo serviva il richiamo alla neve finta, «perché potrebbe arrivare un giorno in cui non nevicherà più» e anche l’invito, che era un iPhone 6S e che doveva rammentare l’obsolescenza programmata della nostra tecnologia quotidiana. Su una felpa appariva anche la scritta “Be Different” con il logo della mela (quella di Apple, chiaramente), ma questa è una mela piena, «prima cioè che fosse morsa dal peccato originale», come ha spiegato lui stesso.

Ma è la sovrapposizione con gli eventi di questi giorni, e in particolare con lo sfollamento dei rifugiati ai confini dell’Ucraina, ad aver creato un effetto ancor più straniante del solito e ad aver reso questa sfilata un punto di svolta nella discussione sulla moda. Non per i vestiti, sia chiaro, perché quelli sono rimasti gli stessi, anche se per questa particolare collezione il team di design ha lavorato per rendere tutti i capi quanto più facilmente ripiegabili possibile, così da poter essere trasportati con più facilità: un dettaglio che unito all’estetica dello show, e della moda di Demna più in generale, sembrava davvero parlare delle persone in fuga dalle proprie abitazioni, esposte alla brutalità degli elementi, con la borsa-sacco della spazzatura in cui (idealmente) è raccolta la poca roba che hanno potuto portare con sé e che (realmente) è in pelle e avrà un prezzo in negozio tutt’altro che abbordabile. I modelli avanzavano incespicando nella neve, alcuni bardati nei loro cappottoni, altri in mutande con una piccola coperta termica buttata sulle spalle: ma ci è permesso parlare di queste cose in una sfilata di moda?

Kristen McMenamy chiude la sfilata di Valentino, foto courtesy of Valentino

Ovviamente sì, se queste cose c’erano già prima nella poetica di chi quella collezione l’ha disegnata: l’immaginario in cui si è mosso Demna è sempre stato questo – lo raccontavamo su Rivista Studio nel 2017, in occasione della fashion week di Tblisi – così come sono sempre stati quelli i suoi temi d’elezione: l’estetica post sovietica e la sua austerità piena di ironia, il sogno e la delusione dell’Occidente, e dell’Europa in particolare, la dipendenza tecnologica e la progressiva scomparsa della natura, la propensione a voler guarire il mondo dai suoi mali e l’essere allo stesso tempo parte integrante di una macchina produttiva, anche quando la si disprezza. A mio parere, non ricorderemo questo show solo per la sua emotività e per la sua aderenza al presente, ma soprattutto perché ha dimostrato come oggi tutti i livelli si intersechino in un meta-discorso impossibile da sfuggire, che è poi quello che consumiamo ogni giorno sui social, dove tutto si fonde e genera nuovi significati: la fashion week a Parigi e la guerra in Ucraina, le info-grafiche sui conflitti dimenticati e le responsabilità del “mondo libero”, le sfilate che vogliono essere inclusive e i video di denuncia sul trattamento subìto dai migranti a seconda del colore della loro pelle e della loro religione. 

Primo look della collezione Miu Miu Autunno Inverno 2022, foto courtesy of Miu Miu

In questi giorni strani, poi, sono stati tanti i designer che hanno scelto consapevolmente di rimanere nel loro universo creativo, spesso offrendo la bellezza delle loro collezioni come loro personale contributo alla pesantezza del momento: una scelta onesta, che hanno fatto ad esempio Rick Owens e Pierpaolo Piccioli da Valentino. «In periodi di sofferenza come questi, la bellezza può essere uno dei modi per mantenere la fede», ha detto Owens, mentre Piccioli ha voluto aprire la sua sfilata, completamente in rosa con alcuni sprazzi di nero, con un messaggio all’unità e alla forza dei legami umani: l’esercizio di riduzione a un unico colore permetteva di concentrarsi sulla precisione delle silhouette. Il casting era molto più tradizionale di quello dell’ultima sfilata couture, ma che quelle silhouette funzionino su corpi diversi Piccioli lo ha già dimostrato, in attesa di vedere cosa ci riserveranno le collezioni future. E ha scelto di rimanere fedele alla sua, di silhouette, di certo non inclusiva ma che poi funziona su uomini e donne di taglie diverse, Miuccia Prada da Miu Miu, che ha chiuso ieri il mese della moda con uno show che continuava nell’ottica di quello dello scorso ottobre, e in cui si è rivisto anche qualche look da uomo, vezzo degli appassionati del marchio. Meno girly e più sporty, la pancia sta di fuori in attesa della bella stagione, di nuove guerre e nuove polemiche che ci aspettano nelle Stories di Instagram.

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