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02:27 domenica 26 ottobre 2025
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.

Paradigmi anti-glocal

Il fallimento nel marketing (e non solo) del "think global, act local" e la rivalsa della logica inversa

10 Aprile 2012

Sono passati solo pochi anni da quando il motto vincente, la frase che regnava sovrana era “Think global, act local”. Ricordate?
L’origine è da ricondurre al movimento ambientalista-ecologista, la cui finalità era esortare le persone a considerare come prioritaria la salute del pianeta e agire per la salvaguardia del proprio territorio e comunità locale.
La frase è stata poi utilizzata in mille altri contesti, dall’urbanistica alla formazione, ma sopratutto è stato il mantra della business strategy per esaltare la globalizzazione imperante e che poi si è trasformata nell’orrenda crasi “glocal”, utilizzata da Sony nelle sue campagne di branding di fine anni 80, inizio anni 90: siccome le disgrazie non vengono mai da sole, dopo ci si è messa anche l’italica glocalizzazione ad aggravare il tutto.
Questioni semantiche a parte, checché ne dicano illustri economisti vari, il modello glocal è miseramente fallito, provocando anche parecchi danni collaterali. E il contenuto di “Storia della mia gente” di Edoardo Nesi è solo l’esempio più evidente, la punta dell’iceberg.
Insomma, il “pensiero globale” in fondo non esiste, e quello che è emerso è riuscito solo a far passare un’idea distorta di globalizzazione, quella che appiattisce e uniforma prodotti ed esperienze. Una visione economica concentrata sullo standard, sull’economia di scala e sulla ripetibilità infinita come vantaggio competitivo che, per fortuna, pare ormai giunta al capolinea.

Proviamo invece a invertire la formula: “Think Local, Act Global”. Pensa Locale e poi Agisci a livello Globale. Il concetto si fa decisamente più interessante. Andare alla ricerca di un’unicità locale (prodotti territoriali, esperienze singolari, tipicità eccezionali) per dimostrare di avere le carte in regola per diventare interessante a livello universale.
L’esempione paradigmatico, la case history virtuosa è certamente Eataly (che in molti da queste parti pronunciano eat-italy). L’esperienza di Oscar Farinetti e soci è perfetta: il grande supermercato di enogastronomia di qualità, dedicato alle eccellenze della produzione alimentare italiana doc e dop rappresenta un’esperienza fortunata e perfetta, tanto più che il format – partito da Torino e approdato in altre 7 città italiane – è stato esportato con grandissimo successo anche all’estero. Eataly da un anno e mezzo è presente a Tokyo ma sopratutto a NewYork , dove nello store tra la Quinta e la Broadway, si stima che ogni settimana entrino 100mila persone, numeri di accesso inferiori solo all’Empire State Building e al Metropolitan Museum.
Solo il negozio di New York ha fatturato nel 2011 60 milioni di dollari, il doppio delle previsioni, basati principalmente sulla qualità e sulla valorizzazione dell’unicità di piccoli produttori. La formula è semplice: metà dei prodotti sono importati dall’Italia, l’altra metà – quella che per questioni di freschezza del prodotto non può essere importata – è locale. Quindi la chiave non è banalmente l’imposizione dello standard italiano, bensì l’interazione e l’incrocio sulla base della qualità.
Il sociologo Francesco Morace, presidente dell’istituto di ricerca Future Concept Lab, nel suo ultimo libro “I Paradigmi Del Futuro” (Nomos Edizioni) dedica una buona parte al paradigma che lui chiama “Unique & Unversal” e che si basa proprio sui concetti qui sopra espressi: “un locale talmente intenso da potersi trasformare in riferimento universale, in altri termini un locale in grado di unicità a livello globale”.
Sempre Morace sostiene che i brand, gli operatori e le aziende, a qualsiasi settore essi appartengano, dovranno comprendere che la domanda, sempre più universale, verrà soddisfatta in futuro da offerte sempre più uniche.
E sarà proprio questo uno degli elementi principali su cui dovrà basarsi lo sviluppo delle piccole medie imprese italiane (abbigliamento, alimentare, design, artigianalità di ogni tipo) portatrici di qualità straordinarie dal punto di vista di prodotto e di produzione e delle realtà locali: le particolarità che ci distinguono, le piccole divisioni che fanno dell’Italia un luogo unico e inimitabile rappresentano un punto di forza che da solo contraddistingue il nostro mercato e lo rende unico al mondo.

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