Hype ↓
07:52 giovedì 20 novembre 2025
Il guasto di Cloudflare è stato così grave che ha causato anche il guasto di Downdetector, il sito che si occupa di monitorare i guasti su internet Oltre a X, ChatGPT, Spotify e tanti altri, nel down di Cloudflare è andato di mezzo anche il sito a cui si accede quando tutti gli altri sono inaccessibili.
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.
Diversi grandi hotel sono stati accusati di fare offerte ingannevoli e fuorvianti su Booking L’authority inglese che si occupa di pubblicità ha scoperto che quelle convenientissime offerte non sono mai davvero così convenienti.
Gli scienziati hanno scoperto che il primo bacio sulla bocca è stato dato 21 milioni di anni fa E quindi non se l'è inventato l'homo sapiens ma un ominide, un antenato comune di uomini, scimpanzé, gorilla e orango, animali che infatti si baciano.
Non si capisce bene perché ma Nicki Minaj è andata alle Nazioni Unite a parlare dei cristiani perseguitati in Nigeria Sembra che a volerla lì sia stato Trump in persona, dopo che in più occasioni Minaj gli ha espresso pubblico supporto sui social.
La nuova tendenza nell’industria del beauty è vendere prodotti di bellezza anche a bambine di 3 anni Da anni si parla di Sephora Kids, ma adesso ci sono storie che riguardano bambine addirittura più piccole.
Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.

Bisogna vedere Oussekine, la serie basata sulla stessa storia che ispirò L’odio

La serie di Antoine Chevrollier, da poco uscita su Disney+, racconta l'uccisione nel 1986 a Parigi di un 22enne franco-algerino da parte di due poliziotti, un fatto di cronaca che ricorda la morte di George Floyd e quella di Stefano Cucchi.

19 Maggio 2022

Ci sono cose che succedono sempre, identiche, ovunque. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 1986, a Parigi, un ventiduenne franco-algerino viene pestato a morte da due agenti della polizia. Il 19 aprile del 1989, a New York, Trisha Meili viene stuprata mentre fa jogging a Central Park. Vengono arrestati cinque giovani, i “Central Park Five” che solo anni dopo si scoprirà che con l’accaduto non avevano nulla a che fare. Il 22 ottobre del 2009, a Roma, Stefano Cucchi muore al termine di una “custodia cautelare” che lo aveva ridotto a pesare 37 chili. Il 25 maggio del 2020, a Minneapolis, George Floyd annuncia la sua morte a Derek Chauvin, l’agente di polizia che lo sta soffocando tenendogli un ginocchio premuto sul collo mentre lo invita a «rilassarsi». Tra un episodio e l’altro ci sono decine, centinaia, migliaia di storie così, che succedono sempre, identiche e ovunque. E che hanno generato slogan che si somigliano tutti e che vengono usati sempre nelle stesse circostanze: “tout le monde déteste la police” e “defund the police”. Storie dalle quali sono nati racconti che a distanza di decenni provano a restituire una verità che all’epoca dei fatti fu sistematicamente, intenzionalmente negata: nel 2018 Alessio Cremonini gira il film Sulla mia pelle. Un anno dopo Ava DuVernay firma la miniserie When They See Us. Lo scorso 11 maggio su Disney+ esce Oussekine, quattro episodi in cui Antoine Chevrollier racconta la storia di Malik Oussekine, il ventiduenne franco-algerino pestato a morte da due agenti della polizia nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 1986.

In un’intervista concessa ad Afp, lo storico francese Pascal Blanchard ha definito Malik Oussekine «il nostro George Floyd». Forse è per questo che la storia di Oussekine è così familiare anche per chi (come me) questo nome non lo aveva mai sentito nominare prima dell’uscita della serie: è una di quelle storie che succedono sempre, ovunque e identiche. Lo stesso Chevrollier non aveva mai sentito parlare di Oussekine, la scoperta l’ha fatta come spesso si trovano le cose che diventano passioni, ossessioni, missioni in giovanissima età: ascoltando una canzone. «Un exemple Malik Oussekine/Makomé en a été victime/À deux doigts Rodney King/Paix à toutes les victimes!» fa la prima strofa di “L’Etat Assassine”, traccia numero nove del disco L’Homicide Volontaire (1995) del gruppo hip hop francese Assassin. Del gruppo fanno parte tre ragazzi: Doctor L, che si è unito per ultimo, e poi i due fondatori, Solo e Rockin’ Squat. Quest’ultimo all’anagrafe è registrato come Mathias Crochon, in arte Cassel, figlio dell’attore Jean-Pierre Cassel e fratello di Vincent. Nello stesso anno in cui Mathias fa uscire il disco che viene ancora oggi considerato il migliore della sua carriera e uno dei fondamentali dall’hardcore rap francese, Vincent è protagonista di un film che cambierà la storia del cinema d’Oltralpe: si intitola Le Haine (L’odio), scritto, diretto e montato da Mathieu Kassovitz.

Antoine Chevrollier all’epoca era troppo piccolo per vedere un film come L’odio (e in teoria anche per ascoltare un disco come L’Homicide Volontaire), ma se lo avesse visto si sarebbe reso conto subito che certe storie davvero succedono sempre, ovunque e identiche. La morte di Malik Oussekine fu una delle trecento “bavure” – sbavature, la parola con la quale i francesi negli anni Ottanta cominciarono a definire gli “incontri” con la polizia che finivano con la morte di chi stava dall’altra parte della divisa – che nel 1993 spinsero Kassovitz a iniziare a scrivere la sceneggiatura che sarebbe diventata poi il suo capolavoro. «Come può una persona svegliarsi la mattina e morire la sera in questa maniera», si chiedeva Kassovitz ripensando (tra gli altri) a Oussekine che muore mentre cerca di tornare a casa dopo essere stato a un concerto di Nina Simone. Del movimento studentesco a Malik non importava nulla: gli interessavano le poesie di Neruda, la musica, il judo. Studiava da catecumeno, aveva sempre con sé una Bibbia, voleva convertirsi al cristianesimo ed entrare nei gesuiti. Soprattutto, voleva essere francese: pregare nella lingua e nei templi del suo Paese, dice a un certo punto della serie al prete cattolico al quale confida le sue intenzioni. Secondo Chevrollier, quello che è successo a Oussekine è stato tanto più drammatico e sconvolgente perché a morire fu un ragazzo che all’”assimilazione” ci credeva davvero. È una parola, assimilazione, che negli anni Ottanta si usava per descrivere la trasformazione che portava molti francesi di origine maghrebina a essere «più francesi dei bianchi»: dimenticavano o ignoravano l’origine araba per abbandonarsi al sogno di integrazione di cui il governo socialista di Mitterand rappresentava la realizzazione. La morte di Oussekine porrà fine all’assimilazione, e a quel punto ognuno se ne tornerà nella sua parte di città: i ricchi bianchi tra i Grand Boulevards, gli immigrati poveri nei palazzoni rettangolari oltre la Périphérique, dove può succedere di tutto tanto non importa niente a nessuno.

Nelle prime scene de L’odio si vedono le banlieu in fiamme e gli scontri nelle strade e scopriamo che Abdel Ichaha è in terapia intensiva, ridotto in fin di vita da un poliziotto che nel pestaggio perde l’arma di ordinanza, la 44 Magnum con la quale Vinz, Hubert e Said faranno il loro viaggio al termine di Parigi. Nella realtà a Jean Schmitt, uno dei due poliziotti condannati per l’omicidio di Oussekine, cadde la pistola nell’androne del palazzo in cui il ventiduenne fu lasciato a morire dopo il pestaggio. Fu uno dei fatti sui quali gli avvocati della famiglia Oussekine si concentrarono di più durante il processo: come ci era finita quella pistola in quell’androne, visto che Schmitt negava di essere stato nel luogo in cui Malik era morto? Certe storie succedono sempre, ovunque e identiche: prima c’era e poi non c’era stato, Schmitt, in quell’androne. Prima non aveva alzato un dito su Oussekine e poi si era limitato a “disperderlo energicamente”, come all’epoca si era soliti fare con gli studenti che protestavano contro la riforma universitaria del ministro Alain Devaqut. In ogni caso solo un’altra “bavure”, colpa dei poliziotti fino a un certo punto: Oussekine soffriva di una gravissima insufficienza renale dall’età di un anno, aveva subìto un trapianto, faceva dialisi una volta alla settimana. Ad ammazzarlo era stata l’insufficienza renale e non le botte. Anzi no, quella e un arresto cardiaco, ma certamente non le botte. Quindi cinque anni di carcere per Schmitt, due al suo collega Garcia, pena che nessuno dei due sconterà e che non finirà nemmeno nel casellario giudiziale.

Per Oussekine Chevrollier ha detto di essersi ispirato a When They See Us di Ava DuVernay e a The Wire di David Simon, ed è vero e si vede. Ma guardando la serie ho pensato anche ad Akira Kurosawa e a Rashomon, al tentativo di ricomporre la verità su una morte attraverso i punti di vista di chi è sopravvissuto: la famiglia, i poliziotti, gli avvocati, i media, l’opinione pubblica. Oussekine è in fin dei conti una serie sulla verità, sullo sforzo eterno e futile di ottenere la pace e la giustizia attraverso di essa, sui riti imperfetti e fallimentari (le indagini, i processi, le inchieste giornalistiche, le opere di narrativa) che riproponiamo ogni volta nel tentativo. «Non c’è pace senza giustizia», cantavano i manifestanti che si ritrovavano ogni giorno fuori dall’aula di tribunale durante il processo Schmitt-Garcia. C’è una frase che riassume alla perfezione Oussekine, e non per niente la pronuncia un prete durante una conversazione con un poliziotto: «La verità è l’unica via possibile. Vale per un prete e vale per un poliziotto».

Articoli Suggeriti
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi

Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.

La critica cinematografica è completamente cambiata con i social, ma non necessariamente in peggio

Il cinema italiano sta cambiando e sta cambiando il modo in cui viene raccontato. Ovviamente sui social, da figure che non sono proprio dei critici, ma che hanno una sempre maggiore rilevanza.

Leggi anche ↓
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi

Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.

La critica cinematografica è completamente cambiata con i social, ma non necessariamente in peggio

Il cinema italiano sta cambiando e sta cambiando il modo in cui viene raccontato. Ovviamente sui social, da figure che non sono proprio dei critici, ma che hanno una sempre maggiore rilevanza.

Ted Chiang, come mettere insieme i racconti e la fantascienza ed essere letti in tutto il mondo

Intervista con lo scrittore americano di culto, autore di "Storia della tua vita", il racconto da cui fu tratto Arrival, un caso editoriale straordinario per un racconto di "genere".

In Twist, Colum McCann si è ispirato a Joseph Conrad per scrivere il Cuore di tenebra del colonialismo digitale

Lo abbiamo incontrato a Milano e con lui abbiamo parlato del suo nuovo romanzo, di cavi in fibra di vetro piazzati sul fondo del mare, di Leonardo DiCaprio, del Papa, di ChatGPT e di vini bianchi.

A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film

Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.

Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni

Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.