Cose che succedono | Cronaca

Quella del Nord Stream potrebbe essere la più grande perdita di metano nella storia

La guerra tra Ucraina e Russia potrebbe aver stabilito un record: aver causato la più grande dispersione di metano nell’ambiente nella storia delle catastrofi ecologiche. All’inizio di questa settimana, tra domenica 25 e lunedì 26 settembre, sono state scoperte tre misteriose perdite (al momento non è chiaro se a causarle siano stati dei guasti o dei sabotaggi) nei gasdotti Nord Stream 1 e 2, i due principali gasdotti usati per trasportare il gas naturale dalla Russia verso l’Europa attraverso il Mar Baltico. I danni sono stati scoperti dal personale che gestisce le infrastrutture a poche ore di distanza le une dalle altre, quando i lavoratori che si occupano della manutenzione dei gasdotti si sono accorti delle enormi perdite. Giovedì 29 settembre, dalla Svezia è arrivata la notizia di una quarta perdita nel tratto di gasdotto che passa attraverso la Russia e porta il gas in Germania. Negli stessi giorni, i sismologi hanno riferito di aver registrato, proprio nelle parti del Mar Baltico in cui passano i due Nord Stream, esplosioni – una alle 2:03 e una alle 19:03 della sera del 26 settembre – seguite da repentini abbassamenti della pressione. È proprio dalle rilevazioni dei sismologi che è arrivata una prima conferma della tesi secondo la quale i danni ai Nord Stream non sono incidenti ma sabotaggi.

Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, i gasdotti sono al centro di tensioni diplomatiche proprio per via del loro ruolo fondamentale nel mercato energetico europeo. È per questo che sin dall’inizio nella comunità internazionale c’è stata la ragionevole certezza che i danni al Nord Stream 1 e 2 siano frutto di sabotaggio. Il Cremlino, ovviamente, ha respinto tutte le accuse e ha rilanciato accusando l’Ucraina: a danneggiare i due gasdotti – questa la ricostruzione fatta dal capo dell’intelligence della Federazione, Sergey Naryshkin – sarebbero stati uomini di Kiev, ovviamente per rovinare l’altrimenti immacolata reputazione della Russia.

Secondo le stime fornite dal governo danese e riportate da Gizmodo, nella peggiore delle ipotesi i danni al gasdotto avrebbe portato a uno “sversamento” di 778 milioni di metri cubi di gas nelle acque del Mar Baltico. Nel più ottimistico degli scenari – come quello ipotizzato all’Associated Press da due climatologi – in ogni caso si tratterebbe di un disastro: se tutto dovesse andare nel migliore dei modi, nel mare finirebbe comunque mezzo milione di tonnellata di gas. In un caso e nell’altro si tratterebbe, purtroppo, di un record: sarebbero cinque volte le tonnellate di gas disperse nell’ambiente in seguito alla catastrofe dell’Aliso Canyon, verificatasi nel 2016 in California. Anche se, almeno stando a quanto riporta il Washington Post, per quanto questi numeri siano impressionanti (la perdita nel Mar Baltico ammonta allo 0,1 per cento delle emissioni annuali di metano nel mondo, giusto per dare un altro po’ di contesto), non sarebbero sufficienti a provocare danni significativi e permanenti all’atmosfera terrestre.