Bulletin ↓
04:26 lunedì 16 giugno 2025
Dua Lipa e Callum Turner si sono innamorati grazie a Trust di Hernan Diaz Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.
Ai Grammy dal 2026 si premierà anche l’album con la migliore copertina È una delle tante novità annunciate dalla Record Academy per la cerimonia dell'anno prossimo, che si terrà l'1 febbraio.
Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 
Ogni volta che scoppia un conflitto con l’Iran, viene preso come ufficiale un account dell’esercito iraniano che però non è ufficiale Si chiama Iran Military, ha più di 600 mila follower ma non ha nulla a che fare con le forze armate iraniane.
L’unico sopravvissuto al disastro aereo in India non ha idea di come sia riuscito a salvarsi Dopo l’impatto, Vishwash Kumar Ramesh ha ripreso i sensi in mezzo alle macerie: i soccorritori l’hanno trovato mentre cercava il fratello.
L’Egitto sta espellendo tutti gli attivisti arrivati al Cairo per unirsi alla Marcia mondiale per Gaza I fermati e gli espulsi sono già più di un centinaio e tra loro ci sono anche diversi italiani.
Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

È stato l’anno di Netflix?

Si potrebbe dire di ogni anno dopo il 2015, ma nel 2018 vale ancora di più.

03 Ottobre 2018

Se non ve ne siete accorti, il 2018 è già l’anno di Netflix. Si potrebbe dire lo stesso di ogni anno dopo il 2015, prima del quale nessuno diceva «stasera pizza e Netflix» e andavamo a vedere film come Annihilation al cinema. Però stavolta Ted Sarandos, capo dei contenuti e uomo immagine di Netflix, ha vinto in modo diverso, cioè espugnando quei festival dove la sua azienda era sempre stata snobbata. Ricordate le perplessità di Spielberg e Almodovar che tanto avevano fatto discutere? Quest’anno, al contrario, si sono spesi a favore di Netflix giganti del calibro di Scorsese e Cronenberg (che ha detto di preferire il divano di casa alla sala), ma anche altri eventi hanno fatto passare il concetto che Netflix fa cinema (e che cinema). Cannes ha escluso le produzioni originali della piattaforma dal concorso principale, al contrario di Venezia, che invece le ha accolte. Il risultato? Cannes ha fatto discutere, Venezia ha emozionato, non solo imbarcando, ma anche premiando i film che la prima manifestazione aveva tagliato fuori. Ora è plausibile che la strada dei grandi eventi cinematografici passi per la Laguna, mentre Netflix prosegue da favorita agli Oscar grazie a un Leone d’Oro tra le braccia del “suo” Cuarón.

Prima di quest’anno, in un certo senso, Netflix era paragonabile a una bancarella di dvd a tre euro. Entrambi pieni di film di cui non hai mai sentito parlare, presumibilmente brutti, quantomeno mediocri. Dato il prezzo (anche l’abbonamento allo streaming è molto economico) il principio che informa le scelte dei clienti dei mercatini è di tipo contenutistico: compro questo film perché amo il dramma in costume (o il thriller psicologico, o gli alieni), anche se non lo conosco, tanto, per pochi euro, ne sarà valsa la pena comunque. L’utente-tipo nella testa dei capi di Netflix agisce allo stesso modo. Cindy Holland, responsabile della programmazione dei contenuti originali, ha parlato di “taste community”, che logicamente si rafforzano con gli algoritmi: hai finito di vedere Altered Carbon? Eccoti Mute, The Cloverfield Paradox e decine di altri filmacci senz’anima, magari costruiti attorno a un volto noto, appartenenti a generi molto “digeribili” come la rom-com o, appunto, la fantascienza, ma che risultano migliori se contemporaneamente smanetti con il telefono e ti alzi per andare in cucina, senza mettere in pausa la riproduzione. Quest’anno Netflix produrrà 80 lungometraggi che potranno essere sfogliati soltanto da chi ha un account. Sono tanti, anzi, tantissimi: 24 in più quelli Disney, Fox, Universal, Warner Bros e Sony sommati insieme. Entro l’anno ci saranno mille contenuti originali sulla piattaforma: abbastanza da perdercisi, anche senza contare i titoli “in affitto” per un periodo di tempo limitato.

Il poster di Annientamento (2018), il film di Alex Garland tratto dall’omonimo romanzo di Jeff VanderMeer

C’è un articolo di Vulture in cui ci si chiede come sia possibile finanziare così tanti film. La risposta necessita di due premesse. La prima è che Netflix vende all’ingrosso: «Se vuoi guardare Stranger Things – scrive Kevin Lincoln – prendi anche Irreplaceable You (una terribile love story, nda), che tu ne sia consapevole o no, quindi ogni titolo porta con sé un peso minore rispetto alle uscite di uno studio». La seconda premessa è che, beh, Netflix ha un sacco di soldi. Combinati assieme, i presupposti portano dritti al risultato finale: «Stanno facendo uscire film che nessun altro farebbe uscire», scrive Lincoln. Il giornalista ha parlato con alcuni registi che si sono visti accettare sceneggiature rifiutate da tutte le case di produzione, e in più hanno raggiunto una maggiore libertà artistica.

Questa strategia può funzionare? Sì, a patto che l’obiettivo sia quello di non lasciare vuoti nell’offerta di temi e generi e predisporre percorsi che gli utenti possano seguire secondo i propri interessi. Ma se lo scopo fosse ribaltare quell’immagine di bancarella piena di resi? In tal caso Netflix starebbe solo producendo film a casaccio, sperando di scovare, come dice Lincoln, l’equivalente di Essere John Malkovich (un cult incompreso dagli studios). Fino ad ora questa mossa non ha portato a risultati apprezzabili: Mute, di Duncan Jones (quello di Moon e Source Code, due film al contrario ottimi) e il seguito di Cloverfield Lane (che invece era molto bello) hanno ricevuto pessime recensioni. Alcuni titoli originali che si elevano una spanna sopra tutto il resto ci sono (The Meyerowitz Stories, Okja). Il problema è che restano mosche bianche. E allora?

James Franco in una scena di La ballata di Buster Scruggs (2018), il film in sei episodi dei fratelli Coen, distribuito da Netflix e presentato in concorso alla 75° Mostra del cinema di Venezia

E allora la strategia che paga è un’altra: puntare sui grandi nomi. Con i fratelli Coen, Cuarón e Scorsese (che in cambio ha chiesto finanziamenti stellari), Netflix è diventata un faro anche per i cinefili: la critica è rimasta estasiata dalle proiezioni a Venezia e i presupposti The Irishman (un gangster movie, con De Niro e Al Pacino, diretto da uno che, con The Wolf of Wall Street, ha dimostrato di essere modernissimo nonostante i 75 anni) hanno creato un’attesa smodata. Questo potrebbe innescare un circolo virtuoso, per cui se Netflix ha accesso ai premi e a un pubblico ampio e colto (in due parole: guadagna prestigio) anche i registi più reticenti accetteranno di mettere i propri film sulla piattaforma (tantopiù che un’uscita in sala non è mai completamente esclusa). Il 2018 è quindi l’anno in cui Netflix ha riabilitato il suo nome e ha elevato la qualità della sua produzione attraverso film (e serie, se consideriamo il testa a testa di Netflix con la concorrente Hbo agli Emmy) che hanno conquistato le roccaforti della cultura ufficiale. Anche i cinefili puristi, che l’anno scorso a Cannes storcevano il naso, rischiano di dover sottoscrivere un abbonamento per stare al passo con i tempi. E quindi altro che bancarella, da quest’anno Netflix si avvia a diventare la casa di tutti, anche degli autori.

Articoli Suggeriti
Mountainhead, l’ennesimo buon motivo per odiare Big Tech ce lo dà Jesse Armstrong

Il creatore di Succession torna con un film in cui racconta un quartetto di tech bro ricchi, stupidi e crudeli. Ma non così interessanti.

Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai

Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 

Leggi anche ↓
Mountainhead, l’ennesimo buon motivo per odiare Big Tech ce lo dà Jesse Armstrong

Il creatore di Succession torna con un film in cui racconta un quartetto di tech bro ricchi, stupidi e crudeli. Ma non così interessanti.

Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai

Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 

Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir

Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

Brian Wilson, una creatura nelle mani del suono

È stato un dei più grandi compositori del Novecento, anche se non lo si è celebrato abbastanza quando era in vita. Una vita folle che ha rivoluzionato il pop.

È uscito il primo trailer di Eddington, il “western pandemico” di Ari Aster

Prodotto da A24, con protagonisti Joaquin Phoenix, Pedro Pascal ed Emma Stone, uscirà nell'autunno di quest'anno nelle sale italiane.

L’ultimo samurai di Helen DeWitt: non è mai troppo tardi per diventare un classico

Pubblicato nel 2000, acclamato, dimenticato, ripubblicato e riscoperto nel 2016, inserito tra i 100 migliori romanzi del XXI secolo dal New York Times, L'ultimo samurai è asceso allo status di classico nonostante una travagliatissima storia editoriale.