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Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

Nadar, il primo fotografo di celebrità della storia

Pioniere della fotografia, amico di Baudelaire, curatore della prima mostra degli Impressionisti: Parigi celebra Gaspard-Félix Tournachon e il suo studio.

di Studio
17 Gennaio 2019

Volendo semplificare molto, potremmo dire che le personalità che contribuiscono in modo significativo all’evoluzione della nostra cultura sono di due tipi. Ci sono i protagonisti, individui che adorano stare al centro dell’attenzione, solitamente presuntuosi, complicati e capricciosi e ci sono gli aggregatori, altrettanto importanti anche se ingiustamente meno celebrati: senza di loro, infatti, non esisterebbe l’humus culturale che consente ai grandi movimenti di crescere e maturare, e ai grandi geni – caratterizzati, quasi senza eccezioni, da un carattere di merda – di ritrovarsi, confrontarsi e scambiarsi (o rubarsi) amanti e progetti, fomentando gossip, invidie e rivalità. Spesso, come nel caso di Virginia Woolf, il ruolo di protagonista e quello di aggregatore coincidono, grazie a un mix di carisma personale e condizioni famigliari. Senza le importanti conoscenze del padre, le amicizie dei fratelli maggiori e il sodalizio con la sorella pittrice Vanessa Bell, infatti, le famose riunioni di Bloomsbury non sarebbero mai esistite. D’altra parte a nessuno verrebbe in mente di negare che Virginia possedesse un fascino particolare, un potere magnetico.

Qualche decennio prima che Virginia Woolf si mettesse al lavoro per rivoluzionare la letteratura, in Francia un gruppo di persone si preparava a cambiare per sempre la storia dell’arte, della poesia e della fotografia. Queste menti gravitavano intorno a un personaggio che Parigi celebra con un’importante mostra in corso alla Bibliothèque Nationale de France (fino al 3 febbraio). La mostra Les Nadar, une légende photographique non si limita in realtà a raccontare soltanto il Nadar più famoso, Gaspard-Félix Tournachon, fotografo, caricaturista e curatore della prima mostra degli Impressionisti (ospitata nel suo studio fotografico il 15 aprile 1874), ma anche il fratello Adrien Tournachon e il figlio Paul Nadar, entrambi fotografi come lui. Gli scatti esposti in mostra – e riprodotti sul sito che la racconta, fatto così bene che esplorandolo ci si perde tra i video, gli aneddoti e le immagini inedite – illustrano le collaborazioni dei Nadar, le rivalità e il loro modo di rappresentarsi: nella prima sezione, «I Nadar visti dai Nadar», c’è una carrellata di autoritratti sorprendentemente contemporanei in cui i fotografi posano e si travestono.

Il padre di Nadar, Victor Tournachon, era libraio e stampatore. Dopo la sua morte, Gaspard-Félix abbandonò gli studi di medicina e iniziò a guadagnarsi da vivere lavorando come caricaturista per alcuni quotidiani. È proprio bazzicando nell’ambiente editoriale che diventò amico di tutti gli scrittori e gli artisti più interessanti di quegli anni, tra cui Charles Baudelaire. Per il poeta, scrittore e critico d’arte conosciuto nel 1843, Nadar nutriva una vera e propria venerazione, tanto che gli consacrò l’ultimo progetto della sua vita, il libro Charles Baudelaire intime: le poète vierge. A sua volta Baudelaire scrisse di Nadar che adorava «le sciocchezze e le stranezze che costituiscono la sua natura eccezionale», confessando di invidiare la sua capacità di «avere successo in tutto ciò che non è astratto». Oltre ad aver scattato i suoi migliori ritratti, Nadar lo incluse in entrambi i suoi famosi Pantheon, due delle 4 litografie che avrebbero dovuto comprendere, una volta terminate, 1200 ritratti caricaturali: prima tutti gli uomini di lettere e i giornalisti, poi i drammaturghi, gli artisti visivi e infine i musicisti e i compositori. Nell’ambizioso progetto di Nadar, rimasto incompleto, ogni ritratto sarebbe stato accompagnato da una breve biografia umoristica.

Una riproduzione del logo dello Studio Nadar realizzato dalla Biblioteca nazionale francese per la mostra

La mostra raccoglie anche un insieme di aneddoti e testimonianze di chi si trovò ad avere a che fare con questo personaggio: altissimo, rosso di barba e di capelli, Nadar era attratto da chiunque avesse un minimo di fama. Intuendo istintivamente il ruolo che la fotografia avrebbe potuto svolgere nell’emergere del culto della celebrità, Nadar fu in grado di sfruttare lo stesso tipo di sguardo di cui si serviva nei suoi ritratti caricaturali. Fu infatti il primo fotografo della storia in grado di creare ritratti psicologicamente complessi, scattando gli scrittori, gli artisti e le attrici più conosciute della Parigi del XIX secolo. Ma a rendere Nadar a sua volta famoso non fu soltanto il suo talento per la fotografia e per l’auto-promozione (fuori dal suo sontuoso studio fotografico, in Boulevard des Capucines, campeggiavano lettere di vetro alte 3 metri che componevano la scritta Nadar, illuminata anche di notte) né la sua singolare passione per i giri in mongolfiera, di cui si parlava in tutta Parigi. «Ciò che gli permise di intuire e riconoscere i primi germi del culto della celebrità fu il suo amore per la fama: amava i personaggi famosi ed era ossessionato dall’idea di diventare uno di loro», racconta il suo biografo Adam Begley.

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