Hype ↓
16:55 venerdì 19 dicembre 2025
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.
Nobody’s Girl, il memoir di Virginia Giuffre sul caso Epstein, ha venduto un milione di copie in due mesi Il libro è già alla decima ristampa e più della metà delle vendite si è registrata in Nord America.
YouTube avrebbe speso più di un miliardo di dollari per i diritti di trasmissione degli Oscar Nessuna tv generalista è riuscita a superare l'offerta e quindi dal 2029 al 2033 la cerimonia verrà trasmessa in esclusiva su YouTube.

Mark Lanegan, maledetto suo malgrado

È morto a 57 anni l'ex leader degli Screaming Trees: icona del grunge e sopravvissuto agli anni '90, è stato un artista di immenso carisma, capace di andare oltre le pose e la retorica che così spesso banalizzano i grandi del rock.

23 Febbraio 2022

Del cordoglio social per Mark Lanegan mi ha colpito soprattutto la varietà delle canzoni scelte: oltre alle band di cui ha fatto parte, ho visto saccheggiare almeno i primi sei album di una carriera solista ormai trentennale. Personalmente ho scelto “Where Did You Sleep Last Night”, perché mi è sempre piaciuta, per il legame con altri due maledetti (Lead Belly prima e Cobain poi), per l’interpretazione, perché sta nel suo disco che ho comprato per primo, ma allo stesso modo avrei potuto optare per “Borracho” o per tante altre.

Ho cominciato a interessarmi molto alla musica in un periodo in cui ancora sembrava necessario approfondire e “studiare” il passato, quindi i gruppi grunge, fenomeno che era finito da pochi anni, li ho coperti tutti, ma fatto salvo per i Nirvana (che sono stati un altro tipo di avvenimento globale, più simile ai Beatles) non è mai stato la mia cosa. Mark Lanegan era uscito vivo da quegli anni, travalicando il genere di cui era una delle icone, una di quelle rimaste in vita. Ne usciva ammaccato e pieno di demoni, ma con una carriera solista che non è una bestemmia ritenere migliore di quella della band che lo ha reso noto. Era diventato un crooner, un grande autore, un cantautore americano. Le radici erano lì, ce le aveva addosso, ma di fatto era diventato uno di quelli che potevano fare quello che volevano. Anche al di là di band e arrangiamenti: voce e chitarra, voce e piano, puro songwriting a tenere in piedi tutta l’impalcatura. Sono in pochi a riuscirci, o quantomeno a riuscirci per davvero, con credibilità, e non come fosse un lungo finale di una carriera dove il meglio è stato dato molto tempo prima. Certo, sono in pochi ad avere quella voce e quel vissuto. Bastavano quelli per dare credibilità a tutto. Spesso il maledettismo è una posa. Una posa anche rispettabile, fondante nella storia del rock. Quello che aleggiava su Lanegan era invece una maledizione. Non era la posa del maledetto, era essere maledetto suo malgrado, in un senso più vicino al significato della parola stessa.

Che collaborasse con i Queens of The Stone Age o apparisse nei Mad Season, che facesse un disco con Isobel Campbell o con Greg Dulli, a tutto quello che toccava donava un’aura fortissima, quella di uno che aveva visto l’inferno e aveva la voce giusta per raccontarlo. Ci si affezionava a Lanegan, come dimostrano le testimonianze di lutto che stanno invadendo i social network, anche in numero inaspettato rispetto all’effettiva fama del personaggio. Un personaggio di culto, sentito come un segreto per pochi, autore di dischi da tenersi stretti e non pubblicizzare troppo, come raccontava nel 2006 la vicenda del “lurido clerk” in “Tono Metallico Standard” degli Offlaga Disco Pax. Un cordoglio diffuso che è anche un’altra dimostrazione di come sia difficile lasciare andare gli anni Novanta.

È un cliché dire che un artista stia tutto nel carisma, nell’atmosfera che si porta dietro, nel modo in cui è in grado di cambiare l’atmosfera di una stanza, però è difficile pensare Lanegan senza il peso di una vita complicata stampato addosso, e soprattutto è difficile pensare le sue canzoni fuori dal contesto che lui stesso rappresentava. Quel contesto l’aveva raccontato nel 2020 in un’autobiografia (Sing Backwards and Weep) in grado di spezzarti in due. Un anno fa era uscito anche un memoir (Devil in a coma) sulla sua esperienza con il Covid: prima negazionista, convinto che il virus fosse telecomandato dai potenti, che sorvegliavano lui e la moglie, attraverso il 5G. Poi la malattia lo aveva colpito duramente, in un quadro di salute già fortemente compromesso dai danni che decenni di alcolismo ed eroina gli avevano lasciato in eredità. Sul palco portava se stesso, quella voce, quella faccia, la sigaretta e l’asta del microfono. L’ho visto dal vivo più di una volta ma non ci ho mai parlato.

Articoli Suggeriti
Leggi anche ↓
di Studio
I migliori album del 2025

Una liberissima selezione degli album usciti quest'anno che ci sono piaciuti di più.

Ludovica Rampoldi è da anni una delle più brave sceneggiatrici italiane ma ora è anche una regista

C'è la sua firma su 1992, Gomorra, The Bad Guy, Esterno notte, Il traditore e Il maestro. E adesso anche su una delle sorprese di questo anno cinematografico: Breve storia d'amore, la sua opera prima da regista.

Father Mother Sister Brother è il film perfetto da vedere a Natale, soprattutto per chi trema all’idea di passarlo in famiglia

Il film con cui Jim Jarmusch ha vinto il Leone d'oro a Venezia è un'opera apparentemente "piccola" che però affronta il mistero più grande di tutti: cosa passa per la testa dei nostri genitori? E per quella dei nostri figli?

I migliori film e serie tv del 2025

Una selezione delle cose che ci sono piaciute di più quest'anno, in televisione e al cinema.

Tra i 12 film in corsa per l’Oscar al Miglior film internazionale ben tre parlano di Palestina

È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.

Mick Herron resta un convinto pessimista, nonostante il successo di Slow Horses

Da pendolare e scrittore part time ad autore di una saga diventata una delle serie tv più amate di questi anni: una conversazione con Mick Herron su spie, terrorismo, depressione, meteo inglese e Gary Oldman.