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La crisi climatica sta portando alla velocissima formazione del primo deserto del Brasile La regione del Sertão sta passando da arida a desertica nell'arco di una generazione: un cambiamento potenzialmente irreversibile.
L’episodio di Stranger Things in cui Will fa coming out è diventato quello peggio recensito di tutta la serie E da solo ha abbassato la valutazione di tutta la quinta stagione, nettamente la meno apprezzata dal pubblico, almeno fino a questo punto.
Il progetto europeo di rilanciare i treni notturni sta andando malissimo Uno dei capisaldi del Green Deal europeo sulla mobilità, la rinascita dei treni notturni, si è arenato tra burocrazia infinita e alti costi.
Un’azienda in Svezia dà ai suoi lavoratori un bonus in busta paga da spendere in attività con gli amici per combattere la solitudine Il progetto, che per ora è solo un'iniziativa privata, prevede un’ora al mese di ferie e un bonus di 100 euro per incentivare la socialità.
Diverse celebrity hanno cancellato i loro tributi a Brigitte Bardot dopo aver scoperto che era di estrema destra Chapell Roan e altre star hanno omaggiato Bardot sui social per poi ritirare tutto una volta scoperte le sue idee su immigrazione, omosessuali e femminismo.
È morta la donna che restaurò così male un dipinto di Cristo da renderlo prima un meme, poi un’attrazione turistica Nel 2012, l'allora 81enne Cecilia Giménez trasformò l’"Ecce Homo" di Borja in Potato Jesus, diventando una delle più amate meme star di sempre.
C’è un’associazione simile agli Alcolisti Anonimi che aiuta le persone dipendenti dall’AI Si chiama Spiral Support Group, è formato da ex "tossicodipendenti" dall'AI e aiuta chi cerca di interrompere il rapporto morboso con i chatbot.
I massoni hanno fatto causa alla polizia inglese per una regola che impone ai poliziotti di rivelare se sono massoni Il nuovo regolamento impone agli agenti di rivelare legami con organizzazioni gerarchiche, in nome della trasparenza e dell’imparzialità.

Come cambiano i media femminili (e maschili)

La crisi dell'editoria ha messo a dura prova i giornali specializzati, che provano a reinventarsi. Ne parliamo a Studio in Triennale.

di Studio
27 Novembre 2019

Per un lungo periodo, le riviste che comunemente chiamiamo “femminili” e le loro controparti maschili sono state un fortunato caso di successo nel mondo dell’editoria. Erano infatti il luogo privilegiato per gli inserzionisti di settori redditizi come la moda, il beauty, i liquori, i viaggi, le auto e gli orologi, ma anche il collettore di un giornalismo culturale staccato dal quotidiano e, nei casi migliori, molto vicino alla letteratura. Senza contare poi il ruolo che questi magazine, soprattutto quelli dedicati alle donne, hanno ricoperto nello sdoganamento di certi temi e nella costruzione, in tempi non sospetti, di quelle che oggi chiameremmo “community” al femminile. Certo, hanno funzionato anche da cassa di risonanza per i dettami della moda e della pubblicità, dando risalto per un lungo tempo solo a un unico modello di bellezza, ma hanno fatto anche il contrario: hanno aiutato le donne a parlare di lavoro, sesso, problemi di coppia e maternità. Le hanno aiutate a emanciparsi, insomma.

La crisi dell’editoria, però, non ha risparmiato nemmeno quest’isola felice: con lo spostamento della pubblicità sul digitale, è diventato sempre più difficile per le riviste mantenere il loro ruolo di rilevanza e tenersi stretti i loro investitori, migrati verso i social oppure completamente autonomi sui propri profili. Il cambiamento, comunque, è stato soprattutto culturale. Con l’esplodere e il consolidarsi del fenomeno influencer, infatti, i magazine specializzati hanno perso lo scettro di arbitri del gusto e delle nuove tendenze, passato a giovani donne e uomini con milioni di follower. Il ruolo di mediazione tradizionalmente svolto dai femminili si è fatto perciò più complicato. Come tutti gli altri giornali hanno dovuto imparare a stare sui social senza farsene fagocitare, cosa accaduta spesso nella prima fase della loro digitalizzazione, e allo stesso tempo hanno cercato nuovi modi per mantenere vivo l’interesse delle loro lettrici, coinvolgendole in eventi, speciali programmi di membership, iniziative e promozioni personalizzate, merchandising. Ecco perché, soprattuto in questi ultimi anni, sono diventate un territorio di sperimentazione molto interessante anche per gli altri giornali ritenuti più “seri”. Per lo speciale rapporto sviluppato con i marchi che ancora investono sulle loro pagine, tanto per cominciare, che si è evoluto in forme di contenuto sponsorizzato più lapalissiane ma anche molto meglio costruite, e per i tentativi di inserirsi nella conversazione culturale sui temi più sentiti di cui si discute oggi, dal femminismo alla violenza sulle donne.

Parallelamente, anche i maschili cercano di rinnovarsi come possono. Il numero di ottobre di Gq Us, da un anno sotto la guida di Will Welch, era interamente dedicato alla “nuova mascolinità“. In copertina c’era Pharrell con un abito-piumino di Pierpaolo Piccioli per Moncler, mentre lo strillo recitava: «Un’esplorazione sull’identità, la cultura e lo stile nel 2019». All’interno, si potevano leggere saggi sul corpo maschile come terreno di stereotipi, una difesa sul make-up da uomini e un’indagine critica sul testosterone scritta da un’antropologa. E non è l’unico maschile, in America, a rimodellarsi: Playboy ha completamente rimesso in discussione i suoi principi fondanti e oggi ospita nudi tutt’altro che sexy e riflessioni sul transgenderismo, mentre Maxim ed Esquire cercano, come Gq, di allargare la propria audience: non più soli maschi. Come ha scritto recentemente Chantal Fernandez su Business of Fashion, sono tutti segnali di una probabile fine dei media “legati al genere”: scompariranno per sempre? Ne parliamo sabato 30 novembre in occasione di Studio in Triennale, due giorni di dibattiti e interviste dedicati a media, cultura, innovazione, design, stili di vita, sport e ambiente, durante il quale presenteremo il nuovo numero di Rivista Studio, in edicola dal 29 novembre. Alle 16:30 parleremo infatti dei cambiamenti che attraversano i media femminili tradizionali, focalizzandoci sulla situazione italiana, delle nuove community online e del superamento della tradizionale distinzione tra media femminili e maschili. Con noi ci saranno Annalisa Monfreda (direttrice di Donna Moderna), Francesca Delogu (direttrice di Cosmopolitan), Cristina Fogazzi (Estetista Cinica) e Imen Boulahrajane (influencer ed esperta di economia). Vi aspettiamo!

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