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Alla grande parata militare di Xi Jinping in Cina hanno partecipato anche dei soldati-lupi-robot Hanno sostituito i loro predecessori, i cani-robot, che evidentemente non hanno soddisfatto i generali cinesi.
Shein ha usato un modello AI uguale a Luigi Mangione in una pubblicità ma è stata subito costretta a rimuoverla È durata poco, molto poco, la prima volta di Luigi Mangione come testimonial di una multinazionale (a sua insaputa).
Sulla Global Sumud Flotilla c’è anche la scrittrice Naoise Dolan «Qualunque cosa accada sulla barca non potrà causarmi più disperazione di quanta ne provocherebbe il non fare nulla», ha detto.
Chloe Malle è la nuova direttrice di Vogue Us Figlia dell'attrice Candice Bergen e del regista francese Louis Malle, dal 2023 era direttrice del sito di Vogue, dove lavora da 14 anni.
Anche la più importante associazione di studiosi del genocidio del mondo dice che quello che sta avvenendo a Gaza è un genocidio L'International Association of Genocide Scholars ha pubblicato una risoluzione in cui condanna apertamente Israele.
La standing ovation più lunga di Venezia l’ha presa The Rock Per il suo ruolo in The Smashing Machine, il biopic sul lottatore Mark Kerr diretto da Benny Safdie.
Il Ceo di Nestlé è stato licenziato per aver nascosto una relazione con una sua dipendente Una «undisclosed romantic relationship» costata carissimo a Laurent Freixe, che lavorava per l'azienda da 40 anni.
La turistificazione in Albania è stata così veloce che farci le vacanze è diventato già troppo costoso I turisti aumentano sempre di più, spendono sempre di più, e questo sta causando gli ormai soliti problemi ai residenti.

Quel che resta del palinsesto

I canali tematici, il web, l'on demand. Come si sta evolvendo il nostro concetto di programmazione televisiva nell'era dei contenuti diffusi e del binge watching. Un estratto dal saggio Palinsesto di Luca Barra, che esce per Laterza.

13 Febbraio 2015

È da poco uscito per Laterza il saggio Palinsesto. Storia e tecnica della programmazione televisiva, di Luca Barra. Proponiamo qui un estratto dal quarto capitolo, dedicato alle prospettive future. Buona lettura

Il palinsesto, così come gli strumenti e le tecniche mediante cui è progettato e costruito, non è qualcosa di fisso e immutabile, ormai è chiaro: le regole, le strategie, le abitudini, i tratti distintivi delle reti e della loro programmazione sono piuttosto il risultato di un processo storico articolato e complesso, con aspetti specificamente nazionali e fattori condivisi, e con permanenze, cambi di rotta e contraddizioni che dipendono dalla struttura del sistema televisivo e mediale, dalle pratiche di fruizione, dai progetti e dagli obiettivi degli addetti ai lavori. La variabilità è un elemento intrinseco, quasi scontato, non soltanto nelle tecniche di composizione di scalette e griglie, ma anche nella stessa evoluzione storica di un’operazione di continua scrittura, modifica e riscrittura a più livelli.

Di più, almeno a partire dai primi anni Novanta, il palinsesto – sia nel mondo, sia in Italia – è messo, spesso anche radicalmente, in questione: a ripercorrere il discorso pubblico e a leggere le analisi di tipo giornalistico, o talvolta anche accademico, la struttura dei programmi e degli altri contenuti sottesa alla messa in onda pare essere il punto debole del piccolo schermo, e l’attacco a essa il grimaldello con cui scardinare abitudini e pratiche fruitive che parevano immutabili. Di fronte allo sviluppo, all’avanzata e poi allo stabile radicamento del web e dei media digitali nei consumi di ampie parti del pubblico, in molte analisi il palinsesto è morto, e anche la televisione non si sente troppo bene. L’artigianato del collocare programmi e comporre scalette, la scienza di dare forma e struttura a un’esperienza che sarà di flusso, l’insieme articolato di leggi e convenzioni diventa, nel mondo digitale, poco più di un vecchio arnese, uno strumento arcaico e ormai obsoleto a fronte delle molteplici opzioni rese possibili da piattaforme, strumenti e device che (retoricamente) mettono in primo piano le capacità di scelta libera e indipendente di un’audience sempre più attiva e partecipe.

Come la televisione, il palinsesto è ancora lì, e vi resterà a lungo: è però uno strumento diverso, più complesso da definire.

Come ogni luogo comune, anche questa diffusa interpretazione, che vede opporsi da più di vent’anni la «vecchia televisione» e i «nuovi media», contiene numerosi elementi degni di nota, evidenziando (anche se in modo spesso troppo radicale) cambiamenti nei comportamenti e nelle attese del pubblico, inedite priorità e attribuzioni di valore, e in generale la percezione condivisa di un’avvenuta rivoluzione. Al tempo stesso, però, osservando più da vicino i fenomeni, le direttrici appaiono molto meno nette, a comporre un quadro certo meno schematico – ma proprio per questa ragione, in fondo, molto più interessante – fatto di contaminazioni reciproche, sovrapposizioni inattese, resistenze inerziali e insieme della messa in discussione di rendite di posizione che parevano consolidate. Come la televisione, il palinsesto è ancora lì, e vi resterà a lungo: è però uno strumento diverso, più complesso da definire e forse meno potente nei suoi effetti, sotto il fuoco incrociato di varie spinte centrifughe, al centro di mutamenti e cambi di pelle costanti, ma anche inaspettatamente resiliente, capace in modo costruttivo di ritagliarsi un nuovo valore e uno spazio differente nella costante evoluzione dello scenario. […]

La complessa sfida della tv contemporanea è di ricostruire un flusso sempre più disperso, di offrire appuntamenti di visione e «scelte facili», di mantenere la centralità accettando il mutato campo di gioco.

Le strade per riuscirci sono molte, anche se non sempre facili da percorrere, e puntano proprio sulle funzioni che tuttora rendono necessaria – e importante – la sequenza ordinata dei programmi. Lungi dall’abbandonare il palinsesto, il piccolo schermo deve piuttosto farne un punto di forza, un tratto distintivo e caratteristico, forse persino il suo «specifico» in un mondo digitale.

Le serie e le sitcom di importazione, sparse tra più canali e piattaforme, disponibili nell’on demand e spesso scaricate illegalmente, non sono in realtà l’esempio della massima libertà fruitiva. Il palinsesto non è più imposto in modo centralizzato, ma selezionato volontariamente.

In primo luogo, attraverso il palinsesto il mezzo televisivo può sottolineare (e persino imporre) la sua capacità di sincronizzazione, fissando temporalità, abitudini e appuntamenti condivisi per l’intera platea nazionale o, in modo più ridotto, per singoli gruppi e comunità specifiche. […] Basti pensare agli eventi sportivi e spettacolari, o all’informazione e al rito del telegiornale della sera (che resta rigorosamente alle 20). Ma ogni programma può diventare a suo modo un appuntamento da non perdere, un contenuto da vedere per poterne parlare il giorno dopo con amici e colleghi – la televisione del watercooler, il distributore d’acqua, in Italia sostituito dalla macchinetta del caffè –, il tassello utile a sentirsi parte integrante di una comunità ancora «immaginata», ma secondo direttrici differenti. […] E le serie e le sitcom di importazione, sparse tra più canali e piattaforme, disponibili nell’on demand e spesso, almeno da una parte degli spettatori, scaricate illegalmente, non sono in realtà l’esempio della massima libertà fruitiva ma consentono piuttosto una scelta tra più palinsesti, al plurale: un’alternativa al binge viewing, talvolta forzata (se la serie è ancora in onda con episodi inediti), è infatti il riallineamento su un palinsesto specifico – che può essere quello della televisione pay free, oppure quello statunitense, da sondare con attenzione nell’attesa della messa in onda di una nuova puntata –, con lo spettatore che tende a scegliere con cura una temporalità di elezione e a seguirla con fedeltà. Il palinsesto non è più imposto in modo centralizzato, ma selezionato volontariamente. Si moltiplica, ma non esaurisce le sue mansioni.

Una seconda funzione fondamentale del piccolo schermo è quella di fornire una «bussola», uno strumento diorientamento all’interno di un panorama complesso, caotico e sovrabbondante, dove è facile perdersi (e quindi perdere contenuti potenzialmente interessanti). Di fronte all’information overload, alla complessità di un’offerta di testi e programmi in costante evoluzione e perennemente aggiornata, la griglia della programmazione offre un approdo sicuro. Lo spettatore rinuncia, almeno in parte, alla sua libertà potenzialmente infinita di selezione dei contenuti – comunque faticosa, dispendiosa in termini di tempo e di risorse – e si affida alle mani esperte e sapienti di chi compone i palinsesti. […]

Se l’on demand, e per alcuni aspetti anche la tv tematica in senso forte, sono lo spazio della specializzazione e della scelta, la televisione generalista o le reti rivolte a target e comunità di interesse hanno una ragion d’essere distinta, che consiste nel loro ruolo di guida, accompagnatore, selezionatore di proposte e contenuti che possono risultare interessanti. Il palinsesto evita qui il rischio di una «balcanizzazione», un ripiegarsi dello spettatore su se stesso e su ciò che è già sicuro di apprezzare, e offre il rischio (ma anche la soddisfazione) della sorpresa. […]

Infine, la televisione «tradizionale» è ancora lo spazio del primo incontro con il programma. È una naturale conseguenza degli altri punti: della creazione di appuntamenti sincronizzati, del ruolo di guida nello scenario complesso, della costruzione di scalette chiare e omogenee. Ed è insieme una condanna e un grande punto di forza per i broadcaster, che devono necessariamente tenerne conto. La generalista è infatti la «matrice potenziale» di tutte le proposte televisive, dalle reti tematiche all’on demand. Insomma, è nei palinsesti delle reti che trovano spazio prodotti innovativi, o anche solo titoli e programmi nuovi di genere e tipologia consueta: la tv resta così il solo spazio in cui il pubblico può incontrare, vedere per la prima volta, valutare e soppesare qualcosa che ancora non conosce. Soltanto in un secondo momento, una volta «saggiato» il programma, deciderà come proseguire nella visione tra le molte scelte disponibili, fidelizzandosi all’offerta di palinsesto o piuttosto cercando di anticiparla, spostandosi su altre piattaforme o settandosi su temporalità differenti.

Una pratica che per certi versi somiglia allo showrooming, l’utilizzo dei negozi per saggiare le merci in vendita che poi si acquisteranno online, e che trasforma il palinsesto delle reti in una «vetrina» di proposte molteplici. Ma proprio per questo la strada per i broadcaster è tenere accesa, piena e brillante la loro offerta.

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