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C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Lina Bo Bardi, l’architetta italiana che trasformò il panorama brasiliano

Nata in Italia e trasferita in Brasile, ha rivoluzionato il mondo del design: la Biennale di Venezia l'ha commemorata con il Leone speciale alla memoria.

02 Aprile 2021

La bellezza dell’architettura sta nella sua capacità di generare storie che si intrecciano e che influiscono sulla società non solo contemporanea, ma soprattutto futura. Se l’architettura può durare nel tempo, agli architetti è richiesto di influire sul tempo. È di pochi giorni fa la notizia che la Biennale di Architettura di Venezia 2021 ha deciso di conferire il Leone d’Oro Speciale alla Memoria a Lina Bo Bardi, architetta italiana naturalizzata brasiliana, ma anche designer, editor di riviste, scenografa, artista, curatrice, studiosa di allestimenti ed impianti museali, perenne attivista in contesti di dittature, guerre e fascismi.

È in questo elenco di titoli e definizioni che si incontrano tutte le storie di una vita scandita da un tempo che non ha nulla di lineare, come Lina Bo Bardi ha scoperto durante l’esperienza brasiliana, anzi paulista, con baricentro l’immensa e complessa città di San Paolo. L’architetta viene spesso considerata la controparte femminile di Oscar Neimeyer, carioca, entrambi due modernisti chiamati a ridefinire gli spazi urbani. Ma questa può essere una sintesi di tutto il suo lavoro e del suo pensiero? Solo se si considera una medaglia avere messo la propria firma in un contesto – quello dell’architettura moderna – che non ha mai mandato tra le prime linee una donna, per lo meno in vita. Lina Bo Bardi è stata un connettore di forze opposte che, come si legge nelle motivazioni della Biennale, «ci ricorda il ruolo dell’architetto come coordinatore nonché, aspetto importante, come creatore di visioni collettive».

MASP, Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand, architettura di Lina Bo Bardi / Getty Images

Achillina Bo nasce a Roma nel 1914, evidentemente famiglia e cognome genovese, e dopo la laurea nell’anno in cui scoppia la guerra, si trasferisce a Milano, dove inizia la sua avventura nell’architettura di professione. Sono gli anni di Domus e di Gio Ponti, che la chiama a seguire lo sviluppo della rivista. L’interesse per il giornalismo e per l’editoria – cioè per la divulgazione e la continua vicinanza al grande pubblico – la accompagneranno sempre: subito dopo la guerra Elio Vittorini la invierà per Milano Sera d esplorare le macerie di un’Italia da ricostruire e, ancora, nel 1951, quando, ormai stabile in Brasile, fonderà insieme al marito la rivista Habitat.

Nel 1943 i bombardamenti distruggono il suo studio milanese di Via del Gesù, e nel 1947, insieme al marito Pietro Maria Bardi, curatore, lascia l’Italia per il Sud America. L’incarico che porta la coppia in Brasile è già di per sé un esperimento culturale: lavorare al Museo di Arte Moderna di San Paolo, il MASP, per la creazione di una collezione di opere, così voleva il mandato, di provenienza occidentale. Costruita la collezione, nel 1957 Lina Bo Bardi ricostruirà il museo. Il MASP è un progetto emblematico in questo percorso di reciproca influenza tra pubblico e architetto, perché per Lina Bo Bardi fare un museo non vuol dire costruire un edificio, ma creare un aggregatore di energie e istanze culturali: un grande crocevia tra l’istituzione e la gente. Il Museo viene inaugurato nel 1968 e, considerando che in Brasile questi sono gli anni della dittatura militare e dei pesi e contrappesi tra i continenti, sorprende la partecipazione della Regina Elisabetta. La costruzione viene naturalmente classificata come modernista, ma nell’atteggiamento di Lina Bo Bardi non ci sono i principi di un manifesto che prevede un moderno contrapposto al passato, né l’affermazione di una linea occidentale che sovrascriva la tradizione.

sedia lucia bo bardi

Sedia mid-century in ferro e plastica di Lina Bo Bardi, 1951 / Pamono

In Brasile, tra San Paolo e Salvador de Bahia, a poco a poco ed attraverso i progetti pubblici nei quali è coinvolta, Lina Bo Bardi incontra l’Africa, le radici della cultura del continente, giungendo alla consapevolezza che ciò che conta è l’arte popolare. Ed è forse nei suoi oggetti – di design, spesso in serie limitatissima, o addirittura in prototipi per la Casa de Vidro, la sua residenza privata ed oggi sede della Fondazione – che si vede questo interesse sempre più forte verso il passato. Lo definisce “presente storico”, proprio per rimarcare la grande impostura dell’idea del tempo: il tempo non ha nulla di lineare, come vorrebbero Hegel e l’occidente, ma è «un meraviglioso accavallarsi per cui, in qualsiasi istante, è possibile selezionare punti ed inventare soluzioni, senza un inizio né una fine».

I mondi in cui nascono e prolificano le dittature, con tutto il loro (fragilissimo) sistema di rigidità indotte, sono l’elemento che scatena il cambiamento, soprattutto quando l’architettura incrocia la cultura. Non c’è nulla di distante, di sconnesso, nei progetti di Lina Bo Bardi, ma sono luoghi in cui vive, e vivrà a lungo, la gente. Uno dei suoi ultimi progetti, completato nel 1985, è il SESC Pompeia, la riconversione di un’enorme area della periferia di San Paolo in cui sorgeva una fabbrica di fusti metallici. Qui, in un ambiente degradato che sembrava senza soluzione, Lina Bo Bardi non ha ricostruito degli edifici, ma un tessuto sociale. How will we live together? è il tema della Biennale di Architettura 2021, ed è a questa la domanda alla quale, per tutta la vita, Lina Bo Bardi ha cercato di dare una risposta, in un intreccio di storie, esperienze ed accadimenti (così li chiamava) che hanno il grande merito di non avere nulla di lineare.

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