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È uscito un libro sul punto e virgola

C’è un sofisticato espediente grammaticale che «ha contribuito all’eloquenza e al mistero della civiltà occidentale», scrive il New Yorker. Si tratta del bistrattato, a volte dimenticato o spesso usato a sproposito punto e virgola, ora oggetto di un divertente trattato dal gusto rinascimentale intitolato Semicolon: The Past, Present, and Future of a Misunderstood Mark.

L’autrice, Cecelia Watson, è una storica, filosofa della scienza e insegnante che si definisce una “teorica della punteggiatura”. Con le parole della giornalista Mary Norris, «è lei stessa una donna del Rinascimento». Periodo storico chiamato in causa non solo in funzione di un colto riferimento al genere del trattato, tipico dell’epoca, ma anche per ragioni filologiche: il punto e virgola appare per la prima volta nel 1494, nel saggio De Aetna di Pietro Bembo. Il carattere, disegnato da Francesco Griffo, era un ibrido tra la virgola e i due punti. «La virgola era tesa a metà, con la coda acuminata sotto una sfera perfetta» scrive Watson in una delle tante brevi recensioni che costellano il suo trattato.

Attraverso una teoria della punteggiatura, quindi, Watson regala anche piccoli assaggi di critica letteraria. I punto e virgola in Moby Dick (ben 4000, almeno uno ogni 52 parole) sono per l’autrice: «Piccoli chiodi robusti che tengono insieme la sua ampia narrativa». Quelli di Irvine Welsh in Trainspotting sono «piccoli elastici». Watson, infine, prova anche un certo affetto per il raro uso di questo segno di punteggiatura da parte di Raymond Chandler. In The Big Sleep, (Il grande sonno nella versione italiana edita da Feltrinelli), il suo detective Philip Marlowe utilizza il punto e virgola per descrivere una stanza. «Non molto; un po’ di libri, quadri, una radio, un pezzo degli scacchi, una vecchia lettera, cose di questo genere», scrive lo scrittore americano. Quel «non molto», secondo Watson, crea un silenzio riflessivo: «Il punto e virgola va letto come il bisogno di Marlowe di fermarsi a pensare».