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È morto Björn Andrésen, «il ragazzo più bello del mondo» diventato famoso per Morte a Venezia L’attore svedese aveva settant’anni e per tutta la vita ha lottato con la difficile eredità del film di Luchino Visconti.
I ladri del Louvre sono stati catturati anche perché hanno lasciato indietro un sacco di indizi tra cui guanti, un casco, una fiamma ossidrica e un walkie-talkie Un sospettato è stato fermato all'aeroporto Charles de Gaulle mentre tentava di partire per l'Algeria, l'altro mentre si preparava a partire per il Mali.
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.

Leggere per piacere o leggere per dovere?

Si legge sempre meno per il gusto di farlo ma si legge sempre di più tout court.

03 Luglio 2018

Non riesco a ricordare l’ultima volta che ho letto un libro. Ed è una cosa, me ne rendo conto, di cui dovrei vergognarmi. In fondo, se rabbrividiamo, quando qualcuno ammette di non leggere, una ragione c’è. È capitato in questi giorni, quando il sottosegretario ai Beni Culturali e al Turismo la leghista Lucia Borgonzoni, ha ammesso di non leggere libri da due anni: «Leggo poco, studio sempre cose per lavoro», si è scusata, «l’ultima cosa che ho riletto per svago è Il Castello di Kafka, tre anni fa». Era capitato esattamente un anno fa con Gentiloni, quando l’allora primo ministro aveva candidamente confessato, in un’intervista, che «a Palazzo Chigi non c’è tempo per leggere libri». Allora più di oggi, si alzò un polverone: che vergogna. Giuseppe Laterza, l’editore, scrisse una lettera aperta al premier, in cui ricordava che «non si legge solo nel tempo libero» e che «leggere libri è una necessità» soprattutto per chi è in posizioni di potere: «Come possiamo governare al meglio se non leggiamo i libri?».

Quello che chi si indigna davanti alle ammissioni di non-lettura spesso dimentica è che, alla domanda “qual è l’ultimo libro che hai letto?”, il più delle volte le persone rispondono in base a qual è l’ultimo libro che hanno letto per puro diletto. In questo verrebbe da pensare che c’è qualcosa di malizioso nelle reazioni indignate: tra tutti proprio Laterza, che si occupa di saggistica, avrebbe dovuto capire che cosa intendeva dire Gentiloni, e anche Borgonzoni, tocca ammettere, è stata piuttosto chiara: legge molto per lavoro, dice, e poco per piacere. Le due cose sono collegate? Anche io, tecnicamente, leggo molto: negli ultimi tempi, tra i due e i cinque libri al mese, cosa che, per strano che possa sembrare, fa di me una lettrice forte, visto che l’Istat categorizza così chiunque legga una dozzina di libri all’anno. Il fatto però è che leggere costituisce gran parte del mio lavoro: leggo soprattutto articoli (cazzate su cazzate, certo, però anche tante perle, anzi il consumo di longread fatti bene si prende una bella fetta del mio tempo) e leggo anche libri, perché c’entrano con quello di cui sto scrivendo, perché voglio recensirli, perché voglio sapere se è il caso di recensirli.

Il lato bello è che spesso mi capita di leggere libri che è davvero un piacere leggere: Spifferi di Letizia Muratori (l’ho letto con l’idea di recensirlo, ma poi l’ha fatto, mannaggia a lui, Cristiano de Majo), Miden di Veronica Raimo (dovevo moderare un dibattito a “Studio alla Holden” con l’autrice) o Abigail di Magda Szabò, il classico ungherese uscito in Italia solo lo scorso anno, che lessi con l’idea di recensirlo, poi non ricordo perché non lo feci, ma da allora continuo a consigliarlo a tutti gli amici e conoscenti. Leggo per lavoro, cosa di per sé non brutta, e ho la fortuna di avere un lavoro che mi permette di leggere anche, se non soprattutto, cose belle. Eppure. Eppure non è la stessa cosa rispetto a leggere per il solo piacere di leggere, che poi dovrebbe essere lo scopo primario della lettura. Quello, purtroppo, quasi non ricordo che cosa sia.

Io, per carità, mi trovo una posizione particolare, non solo perché leggo molto per lavoro, ma anche perché ho poco tempo libero, visto che sono una mamma single e che faccio due lavori. Peraltro, il mio secondo lavoro, che è scrivere per giornali stranieri, mi impone di leggere cose radicalmente diverse da quelle che leggerei per Studio (per esempio, il mese scorso ho letto Maledetta Mafia, l’autobiografia di una testimone di giustizia, per un articolo sul Washington Post), cosa che fa lievitare le ore dedicate alla lettura-per-lavoro e diminuire ulteriormente quelle dedicate alla lettura-per-piacere. Però non sono un caso poi così isolato, infatti alcuni numeri fanno pensare che, in effetti, si legge sempre meno per piacere ma si legge sempre più tout court. Secondo la nuova edizione dell’“American Time Use Survey”, un report annuale pubblicato dal Bureau of Labor Statistics che si riferisce a come gli americani impiegano il loro tempo, negli ultimi 15 anni è calato il numero di americani che leggono per il gusto di leggere. Ma secondo un articolo dell’Atlantic, pubblicato nel 2014 citando varie statistiche, il numero di americani che non leggono tout court è in costante calo dagli anni Settanta. Mi chiedo se lo stesso non si possa dire anche per gli italiani. Che io sappia, le statistiche nostrane non distinguono tra lettura-per-lavoro e lettura-per-piacere, proprio come gli indignados di cui si parlava all’inizio. Fanno male. Perché a volte leggiamo di meno anche quando leggiamo di più.

Foto Getty
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