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04:25 giovedì 11 dicembre 2025
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.
La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
Per impedire a Netflix di acquisire Warner Bros., Paramount ha chiesto aiuto ad Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e pure al genero di Trump Lo studio avrebbe chiesto aiuto a tutti, dal governo USA ai Paesi del Golfo, per lanciare la sua controfferta da 108 miliardi di dollari.
Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui per gestire lo stress invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.

Videogiochi curativi

Da nemico pubblico numero 1 per media e genitori, i videogiochi potrebbero ora diventare alleati della sanità. Ecco come.

14 Maggio 2013

Che i videogiochi facciano male per molti è ormai una tautologia. Lo ripetono quasi ogni giorno le associazioni di genitori, la stampa in cerca di un mandante morale per l’ennesimo fatto di cronaca e le occhiaie che vi ritrovate sul volto dopo l’ennesima notte di “un altro livello, poi basta”. Eppure, pare che qualcuno sia riuscito a trovare del buono anche nel nuovo Satana, e stia impiegando i videogiochi per scopi addirittura curativi.

Al momento, la cosiddetta “Computer Therapy” è un campo di ricerca completamente nuovo nel quale si cerca di sfruttare le capacità di interazione con i videogiochi per trovare nuove forme di diagnosi e cura, forme che probabilmente non supereranno la fase sperimentale per moltissimi anni, vuoi per pregiudizio, difficoltà di implementazione su larga scala o semplice scarsa efficacia, ma che rappresentano comunque un passo avanti sia per i videogiochi che per il settore medico.

Uno dei settori in cui la Computer Therapy è maggiormente utilizzata è la terapia del dolore, soprattutto da quando il Children’s National Medical Center, il principale ospedale pediatrico di Washington, ha inaugurato un nuovo complesso che utilizza un videogioco creato ad hoc e la tecnologia del Kinect per misurare efficacemente il dolore nei pazienti.

Piccolo passo indietro per i meno avvezzi: Kinect è una videocamera 3D sviluppata da Microsoft per registrare i movimenti del corpo umano e riprodurli in un videogioco, permettendo al giocatore di controllare il personaggio sullo schermo senza l’uso di altri sistemi di controllo come tastiere, gamepad, joystick eccetera.

Grazie a questo videogioco, chiamato Tube Runner, è possibile valutare attentamente il dolore dei pazienti affetti da malattie come la sindrome da dolore cronico regionale, una patologia estremamente debilitante che può dolori così forti da impedire qualunque attività che non sia il rimanere in posizione fetale a lamentarsi.

Tube Runner è un gioco molto semplice in cui bisogna raccogliere degli anelli luminosi mentre si corre lungo un tubo (ovviamente), solo che per farlo bisogna posizionare le mani esattamente nel punto in cui l’anello si trova sullo schermo, sarà poi Kinect a tradurre il movimento sullo schermo, spostando le mani “virtuali” del giocatore, decidendo se l’anello è stato preso o no.

Il gioco ha una doppia funzionalità, non solo fa eseguire al paziente esercizi di fisioterapia diversi rispetto alla routine, e chiunque abbia fatto fisioterapia sa quanto possa essere noiosa e alienante, ma cosa più importante, grazie all’analisi dei suoi movimenti e ai suoi dati biometrici, permette ai dottori di capire realmente l’intensità della patologia, così da sviluppare la terapia adeguata e valutarne i progressi.

Non male, specie considerando che fino ad oggi l’unico metodo di valutazione del dolore era far indicare al paziente una faccia che ne esprimesse lo stato d’animo.

Ma non sempre è necessario dover sviluppare un gioco appositamente per la Computer Therapy, a volte basta cercare nello sconfinato numero di titoli disponibili, affidandosi a una vecchia gloria universalmente conosciuta e facile da utilizzare, come Tetris.

È il caso della McGill University di Montreal, i cui ricercatori hanno implementato il grande classico creato nel 1984 da Aleksej Pažitnov  per curare l’ambliopia, una patologia comunemente definita “occhio pigro”.

La terapia funziona in due modi, nel primo caso si fa giocare il paziente usando solo l’occhio “passivo” per stimolare la corteccia cerebrale a processare dati visivi che normalmente tende a scartare, nel secondo caso invece, grazie a un visore e la possibilità di sfuocare determinate forme, un occhio è concentrato sui pezzi che cadono mentre l’altro può vedere solo quelli già posizionati nella parte bassa dello schermo.

I risultati della terapia indicano che i pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento hanno avuto miglioramenti di quattro volte superiori rispetto al metodo classico, che prevede di tappare l’occhio dominante per un certo periodo di tempo.

In futuro i videogiochi saranno sempre di più un alleato della medicina? È un po’ presto per dirlo. Di sicuro, come può confermare chiunque ci abbia fatto le ore piccole senza rendersene conto, sono senza dubbio un ottimo metodo per fare qualcosa senza accorgersi di farlo, e distrarre la mente da determinate condizioni debilitanti o a superarne altre, come mostrato in uno studio sulla dislessia che ha coinvolto i giochi d’azione.

Senza dubbio passerà molto tempo prima che queste forme di trattamento passino la fase di sperimentazione e lo stadio di curiosità buona per una notizia e diventino la norma ma per una volta fa piacere notare che le possibilità di interazione con questo medium non viene solo utilizzata per cercare di dimostrare che un ragazzino che gioca a GTA poi ha una gran voglia di rubare un auto e sparare ai passanti.

Immagine: un momento della riabilitazione di un paziente con la Nintendo Wii, in un ospedale del North Carolina / Getty Images

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