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Persino la ministra della Cultura francese ha ammesso che i ladri che hanno rubato i gioielli dal Louvre sono stati «molto professionali» Una sconsolata Rachida Dati ha dovuto ammettere che i ladri hanno agito con calma, senza violenza e dimostrandosi molto esperti.
Gli addetti stampa della Casa Bianca hanno risposto «tua madre» a una normalissima domanda di un giornalista durante una conferenza stampa Una domanda sul vertice tra Trump, Putin e Zelensky a Budapest, che Karoline Leavitt e Stephen Cheung hanno preso molto male, a quanto pare.
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La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".
È morto Paul Daniel “Ace” Frehley, il fondatore e primo chitarrista dei KISS Spaceman, l'altro nome con cui era conosciuto, aveva 74 anni e fino all'ultimo ha continuato a suonare dal vivo.
Dell’attentato a Sigfrido Ranucci sta parlando molto anche la stampa estera La notizia è stata ripresa e approfondita da Le Monde, il New York Times, il Washington Post, Euronews e l’agenzia di stampa Reuters.
Oltre alle bandiere di One Piece, nelle proteste in Usa è spuntato un altro strano simbolo: i costumi gonfiabili da animale Costumi da rana, da dinosauro, da unicorno: se ne vedono diversi in tutte le città in cui si protesta con Trump e contro l'Ice.

Chi è Niviaq Korneliussen, la scrittrice che ha cambiato la storia della letteratura nordica

Il suo romanzo La valle dei fiori, appena pubblicato da Iperborea, parla delle morti tra i giovani in Groenlandia, il Paese con il più alto tasso di suicidi al mondo, ma è anche un libro divertente, erotico e poetico.

12 Luglio 2023

La protagonista senza nome di questo libro vive a Nuuk, la capitale della Groenlandia. Ha un brutto carattere, scontroso e pessimista, una famiglia che ama e detesta, una ragazza, Maliina, che si costringe a definire “scopamica” ma di cui è gravemente innamorata. La incontriamo, all’inizio del libro, proprio mentre si prepara ad abbandonare tutto per andare a fare l’università in Danimarca e conquistare finalmente la tanto agognata libertà. In parallelo alla tragicomica preparazione per la partenza, rallegrata dai modi scurrili di sua madre e dalle numerose gaffe durante la piccola festa d’addio coi famigliari, succede qualcosa di strano. I paragrafi sono interrotti da uno strano conto alla rovescia che parte da 45 ed elenca casi di suicidio (ad esempio: «22. Ragazza. 17 anni. Si è impiccata nel capanno del padre, che l’ha trovata al mattino»). Andando avanti queste frasi si trasformano e da fredde comunicazioni diventano le testimonianze dei giovani morti («E prendimi, prendi la mia anima, seppelliscila sottoterra, in profondità, perché non esca più», oppure, «Mani nere, quelle mani nere mi toccano il corpo, e mi verrebbe voglia di dirmi come sei bella, ma non riesco a muovermi») che si sommano a riflessioni che sembrano generate da un agente esterno che osserva con distacco, una specie di dio crudele: «Ti ricorderemo per sempre, scrivono taggandoti su Facebook, ma truth is che solo una minima parte lo farà davvero. Gli altri continueranno a vivere, continueranno a scrollare i loro feed, e si ricorderanno di te per un attimo solo quando gli sembrerà di averti vista in città. E allora penseranno ah, no, lei non c’è più».

Questo inquietante conteggio, unito alla bellissimo inizio con la protagonista seduta in un cimitero in piena notte (ma essendo in Groenlandia, è come se fosse giorno) che osserva un corvo, funziona come un’oscura profezia che, all’inizio, destabilizza, ma mano a mano che il libro si sviluppa, accumulando dati (le cicatrici all’interno delle braccia di una vicina di aereo, la nonna che parlava del suicidio degli uomini che si isolavano dalla società, aneddoti di giovani morti che spuntano qui e là tra le conversazioni) inizia a diventare terribilmente coerente, fino ad allinearsi perfettamente alla trama quando un lutto (un suicidio) costringe la protagonista a tornare a casa, nella natura maestosa della Groenlandia orientale, fino a una valle di fiori di plastica, piena di croci senza nome: è lì che vengono seppelliti i tanti giovani inuit che ogni anno si suicidano. A raccontarlo così non sembra certo una lettura da spiaggia, ma La valle dei fiori è un gioiello di libro che pur affrontando ed esplorando la morte non smette mai di essere divertente, scatenato, erotico, ridicolo, poetico.

Oltre alla bella postfazione di Francesca Turri, che è anche la traduttrice, alla fine del romanzo, appena pubblicato da Iperborea, c’è il discorso che l’autrice groenlandese, Niviaq Korneliussen, ha pronunciato in occasione del conferimento, nel 2021, del Premio del Consiglio Nordico, il più prestigioso riconoscimento letterario della Scandinavia, prima volta in assoluto per un romanzo groenlandese: «Abbiamo il più alto tasso di suicidi al mondo. Nel corso di diverse generazioni sono venute a mancare tantissime persone che avrebbero potuto essere ancora qui. Che avrebbero potuto vivere una vita lunga, e non diventare solo ventenni, quindicenni, dodicenni. Abbiamo un sistema che vi trascura ripetutamente quando avreste più bisogno di aiuto. Non si assumono la responsabilità, la scaricano su di voi, voi che nemmeno sapete se sarete in grado di superare la notte».

Korneliussen è nata a Nanortalik, in Groenlandia, nel 1990. La valle dei fiori (Blomsterdalen in danese) non è il suo primo libro: nel 2014, a 24 anni, ha pubblicato Homo Sapienne, in cui racconta la vita di cinque giovani adulti a Nuuk. Come lesbica, Korneliussen ha detto che era estremamente importante per lei scrivere della vita dei gay in Groenlandia perché non aveva mai letto niente sull’omosessualità nella letteratura del suo Paese. Pubblicato nel 2020 sia nella lingua madre che in danese, La valle dei fiori è un raro esempio di romanzo che riesce a unire la denuncia forte e chiara (contro l’inadeguatezza del sistema groenlandese per la prevenzione della depressione dei giovani) a un’altissima qualità letteraria e poetica, che si riconosce soprattutto nella capacità dell’autrice di costruire immagini e scene che entrano a far parte dell’immaginazione del lettore come se le avesse viste in prima persona.

Nel corso del libro la protagonista cerca di riflettere sui possibili motivi di questi suicidi, arrivando a segnalare i bassi livelli di serotonina riscontrati da alcuni studi nei giovani groenlandesi. Ma i dati dicono anche che prima della modernizzazione forzata della Groenlandia, iniziata negli anni Cinquanta, il numero dei suicidi tra gli adolescenti inuit era bassissimo. Oggi le istituzioni, i medici e i familiari si rifiutano di affrontare la depressione trattandola come una malattia: il malessere che conduce questi ragazzini e ragazzine alla morte è un tabù di cui nessuno vuole parlare. Korneliussen, però, non si limita a parlarne: lo trasforma in letteratura, restituendo al dolore di chi «non è adatto a vivere, chi non è bravo a vivere come gli altri», tutta la dignità, la poesia e la pietà che si merita.

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