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20:11 lunedì 24 novembre 2025
Gli elettori di Ompundja, Namibia, sono così contenti del consigliere regionale Adolf Hitler Uunona che lo rieleggeranno Si vota il 26 novembre e il politico dallo sfortunato nome è praticamente certo di essere rieletto nel consiglio regionale dell'Oshana.
Edoardo e Angelo Zegna: la quarta generazione della famiglia Zegna diventa Co-Ceo del brand Ermenegildo Zegna, nipote del fondatore del marchio, si sofferma sull'importanza come leader del guardare avanti impegnandosi a formare la prossima generazione di leadership
Dopo la vittoria del Booker, le vendite di Nella carne di David Szalay sono aumentate del 1400 per cento  Nel gergo dell'industria letteraria si parla ormai di Booker bounce, una sorta di garanzia di successo commerciale per chi vende il premio.
Un anziano di New York ha pubblicato un annuncio in cui chiedeva di venire a fumare una sigaretta al parco con lui e si sono presentati in 1500 Lo smoke party improvvisato è stato lanciato dall’attore Bob Terry, che aveva anche promesso di offrire una sigaretta a chiunque si fosse presentato.
Sul canale YouTube di Friends sono stati pubblicati otto episodi mai visti prima dello spin off dedicato a Joey A vent’anni dalla cancellazione, la sitcom è stata pubblicata tutta quanta su YouTube, compresi gli episodi mai andati in onda.
È morto Udo Kier, uno dei volti più affascinanti e inquietanti del cinema europeo Attore di culto del cinema horror, Kier ha lavorato con tutti i grandi maestri europei, da Fassbinder a Von Trier, da Herzog ad Argento.
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.

Il futuro è un post sponsorizzato?

Il mercato legato agli influencer raggiungerà volumi importanti nel breve periodo: a che punto siamo con le regole.

21 Dicembre 2017

Secondo diversi studi e ricerche di mercato, come quelle condotte di recente dalle agenzie L2 e Mediakix, il valore degli affari generati dal marketing degli influencer nel 2019 si attesterà tra i 2 e i 2,3 miliardi di dollari, di fatto raddoppiando in poco più di due anni il fatturato stimato per il 2017, che era intorno al miliardo di dollari. Questo significa che i nostri feed e le nostre timeline saranno sempre più popolate da contenuti sponsorizzati, provenienti dalle personalità social che sceglieremo di seguire ma anche dai giornali, in uno spettro ampissimo che va da Fedez a Selena Gomez e passa per i quotidiani e le riviste che leggiamo. Nel 2016, la Federal Trade Commission ha prodotto negli Stati Uniti il primo manuale di regolamentazione sulla pubblicità digitale, estendendo le proprie “raccomandazioni” già esistenti ma che erano datate al 2009. La FTC ha infatti invitato celebrity e influencer, tramite delle apposite lettere di avvertimento, a segnalare in maniera chiara e inequivocabile la natura dei propri post di prodotto: a esplicitare, cioè, se si tratta di una collaborazione retribuita, di un regalo o (molto più raramente) di un acquisto spontaneo.

Questo perché tag e menzioni possono confondere non poco le idee dell’audience di molti influencer e gli hashtag che dovrebbero indicare il contenuto pubblicitario finiscono spesso per scomparire sotto didascalie lunghissime, emoticon e altri hashtag tra i più disparati. Ecco perché la FTC ha stabilito che l’eventuale sponsorizzazione vada segnalata nelle prime tre righe del post e che gli hashtag siano quanto più lapalissiani possibili: non parole ed espressioni dubbie come #partner o “Thanks to @” ma piuttosto #sponsored e/o #advertising, per fare un esempio. Nel luglio di quest’anno, anche l’Antitrust si è allineata al manuale d’oltreoceano e ha formalmente inviato delle lettere “moral suasion” a una lunga lista di celebrity social e aziende, tra cui proprio Fedez (l’esposto di molte associazioni di consumatori contro di lui, intanto, è stato respinto), Belen Rodriguez e Alessia Marcuzzi fra gli altri, per invitarli a essere più trasparenti possibili nella condivisione dei propri contenuti. La pubblicità, insomma, dev’essere riconosciuta chiaramente come tale attraverso l’uso di hashtag specifici come #inserzioneapagamento o #prodottoapagamento.

Chloe : Front Row - Paris Fashion Week Womenswear Spring/Summer 2016

In Italia, d’altronde, non esiste ancora oggi una norma specifica in merito: della questione se ne occupa in parte l’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap) che come segnala Luca Zorloni su Wired, «ha il compito di far rispettare il codice pubblicitario nazionale (compilato e promosso dalle stesse aziende che lo usano), e il codice del consumo». A seguito dell’approvazione del cosiddetto DDL Concorrenza nell’agosto 2017, e dopo le molte pressioni dell’Unione nazionale dei consumatori, il governo italiano si è poi formalmente impegnato a regolare la pubblicità occulta sul web con un intervento legislativo ad hoc. Le lettere di “di sollecito” dell’Antitrust, però, così come quelle della FTC, non sembrano aver sortito particolare effetto, almeno per ora. Lo ha scritto recentemente anche Julie Zerbo di The Fashion Law, che della questione si è sempre occupata: a un anno dall’approvazione di quel manuale di comportamento, il rapporto che molti influencer intrattengono con altrettanti marchi sui loro profili è ancora arenato in una zona piuttosto grigia, sia che si tratti di influencer nativi digitali, magari specializzati nel lusso, sia che si tratti di personaggi dello spettacolo che non rivestono più il ruolo del classico testimonial ma che, di fatto, lo sono eccome. Questo perché, molto semplicemente, non si rischia granché.

In una bella tavola rotonda sul tema dell’autenticità digitale sull’ultimo numero di Vestoj Magazine, Alice Hines dialoga con cinque designer scelti fra quelli di Labelhood, un incubatore di desing con base a Shangai. Nella lunga conversazione, che più in generale affronta il problema del creare degli oggetti autentici che non siano solo il frutto di una rielaborazione più o meno riuscita del passato, tutti i designer coinvolti citano il ruolo che per i loro marchi, presenti sul mercato cinese, hanno svolto i cosiddetti KOL, che sta Key Opinion Leaders, il cui gradino più alto è occupato dai Wang Hong, praticamente le superstar dell’influencer marketing. Quello cinese è un punto di osservazione interessante, intanto perché il mercato dell’e-commerce del lusso da quelle parti è enorme – almeno il 72% dei cinesi compra abbigliamento online, secondo le stime di PWC – e ha un considerevole margine di crescita per il 2018 (qui le previsioni di Glossy), quindi perché su social come WeChat è nata una vera e propria “fan economy” (ne abbiamo parlato su Studio n° 30) legata ai KOL e agli Wang Hong. I designer intervistati da Hines ammettono che è fondamentale coinvolgerli, ma che, soprattutto per i marchi emergenti che casualmente finiscono nelle loro grazie, è difficile destreggiarsi tra collaborazioni, fake e sponsorizzazioni.

Il tema della mancata regolamentazione in materia ha a che fare, non da ultimo, anche con i giornali e i giornalisti. Ne avevo parlato con Antonio Mancinelli e Angelo Flaccavento a proposito dei “problemi” del giornalismo di moda. In realtà, è un discorso che esula dal settore specifico, se non fosse che nella moda è più evidente che altrove. Steve Dool su Fashionista ha provato a fare un’analisi a partire dalle esperienze personali di alcuni editor e influncer di importanti media americani, disegnando un panorama molto variegato, all’interno del quale coesistono giornali che impediscono ai propri impiegati di ricevere doni di nessun tipo a titolo personale (i quotidiani come il New York Times, per esempio) e altri che invece incentivano la figura del giornalista/influencer, in particolar modo se ha un cospicuo seguito social (come Nylon Magazine). In questo secondo caso, però, il dubbio deontologico sulla credibilità giornalistica rimane, anche perché come scrive Dool, «(in America) la trasparenza è legge, ma nessuno – neanche la FTC – può regolare l’integrità».

Foto Getty
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