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Il signore del mobile

Intervista a Roberto Snaidero, per fare un bilancio del Salone del Mobile 2016, un'edizione record che invoglia a pensare al futuro.

05 Maggio 2016

«Il passato è passato. L’ultimo Salone ha chiuso come sempre la domenica sera, e noi il lunedì mattina stavamo già lavorando all’edizione 2017». Piglio da lavoratore del Nord e gran sorriso, il presidente del Salone del Mobile Roberto Snaidero non perde tempo. Agita il polso pieno di braccialetti di corda colorati, dettaglio che spicca sull’abito blu, e pensa a domani.

Il passato è passato, ma mi concede un rapidissimo bilancio a dieci giorni dalla chiusura?

Volentieri, anche perché i numeri di quest’anno sono da record: 370.000 visitatori in fiera, di cui il 70% stranieri. È vero, c’erano l’arredobagno e la cucina, che storicamente attirano molti visitatori in più. Ma una cifra simile non si era mai raggiunta, in 55 anni di Salone.

Cos’ha avuto il 2016 di speciale?

C’era qualcosa nell’aria, lo percepivo da mesi, anche se l’esposizione finale l’ho vista solo il giorno prima. Certo i dati contano: nel 2015 il mercato interno del mobile è cresciuto, i produttori hanno sentito una spinta nuova, ho visto inventiva da parte di tutte le aziende. Ho il telefono pieno di messaggi di architetti italiani e stranieri che ancora mi scrivono: che bello quest’anno.

Si può prolungare l’“effetto Salone”?

Ci dicono: fate un Salone più lungo, anzi fatene tre o quattro nel corso dell’anno. Per ora sarebbe impossibile, anche perché ci siamo già espansi: a giugno saremo come sempre presenti alla fiera di Chicago, a ottobre torneremo a Mosca, a novembre ci sarà il primo vero spin-off del Salone milanese a Shanghai.

Una scommessa?

No, non è come il Leicester: lì chi ha scommesso all’inizio ha fatto i soldi davvero. La Cina è già una certezza: il fatturato del mobile è cresciuto del 24%, è tempo di rompere gli indugi e realizzare il progetto che auspicavamo da tempo. Il Made in Italy è ancora il riferimento principale per i designer cinesi, e anche il motore per la loro creatività: vogliono smettere di copiare, e al tempo stesso acquisire la consapevolezza che a loro manca.

 L’Europa è davvero un vecchio continente?

In parte sì, le barriere non esistono più, sia dal punto di vista politico che di mercato. Ma nessuno ci batte. E nessuno batte l’Italia, che resta il primo esportatore di mobili al mondo, altro che Germania. Altrove – penso sempre alla Cina – la storia è altrettanto millenaria, ma la spalle sono più deboli.

Milan Design Week 2016 - 55. Salone Del Mobile

 La mostra Manus x Machina al Metropolitan Museum di New York, celebrata come di consueto nel galà di lunedì scorso, racconta il dialogo tra moda e tecnologia. Anche per il design è così?

Dall’innovazione tecnologica non c’è scampo. Ora è il momento dei nuovi materiali: il nostro è il primo Paese al mondo per ricerca e sviluppo in questo settore. Per il resto, siamo condannati alle macchine: quando ho cominciato io, in azienda la mattina arrivavano chilometri di carta via telex, oggi si fa tutto con questo aggeggio che ho in mano.

 Che futuro vedremo?

Il classico andrà sempre, ma il new design è una realtà sempre più forte. Certo, poi è da vedere quanti dei progetti sulla carta prendono vita per davvero.

 Si sente la voce dell’artigiano…

Senza la manodopera il design non esiste. Vanno benissimo le scuole di architettura, ma serve ripartire dall’artigianato. A fine anno inaugureremo a Lentate sul Seveso un polo formativo che comprende scuole professionali e un Its: più di duecento ragazzi impareranno i mestieri che stanno alla base del mobile.

 Che cos’è per lei il design?

L’espressione della cultura di un Paese. È la sua storia, la sua estetica, ma anche la cultura della sua gente. E il lavoro. Mi piace il design perché non è una materia astratta, è il frutto diretto del lavoro dell’uomo.

 Si discute dei tempi e degli spazi che cambiano…

È la grande sfida del futuro. Al prossimo Salone uno dei temi principali sarà l’arredo per l’ufficio. I tempi del lavoro sono cambiati, anche i luoghi che viviamo tutti i giorni devono cambiare di conseguenza.

 Altri traguardi?

Col ministro degli Esteri Gentiloni abbiamo lanciato l’International Design Day, cadrà il primo giorno di ogni nuovo Salone a partire dal prossimo anno. Il design deve diventare un tema sempre più collettivo.

 A Milano, almeno nella settimana del Salone, già succede…

Per questo abbiamo voluto dialogare ancora di più col FuoriSalone. Ristoratori, tassisti, tutti gioiscono per quei giorni in cui la città non sta ferma un attimo. Il problema restano gli alberghi: approfittano della massa di visitatori da tutto il mondo sparando prezzi folli anche quando strutture e servizi sono scarsi. Per fortuna le alternative ci sono, noi stessi abbiamo voluto siglare un accordo con Airbnb. Rendere inaccessibile la città è dannoso: quand’ero ragazzo, arrivavo da Udine per la fiera e come me in tanti venivano per lavoro in grandi gruppi. Adesso è tanto se le aziende mandano un paio di persone per due-tre giorni, non possono permettersi di più.

 Milano è davvero la capitale del design?

Senza dubbio. E i nuovi distretti come Porta Nuova e City Life lo stanno facendo percepire agli stranieri, che trovano un posto urbanisticamente vivacissimo. Milano è cambiata, è innovativa, è una grande città europea. Se posso permettermi di dirlo, forse è anche un po’ merito del Salone.

Foto di Pier Marco Tacca (Getty Images).
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