Attualità

Il chirurgo e l’anima

Tratto dalla raccolta Adelphiana, il brano dello scrittore inglese racconta la genesi mitica dell'importanza del mestiere di chirurgo nella cosmogonia umana.

di Rudyard Kipling (1865-1936)

La casa editrice Adelphi ha appena compiuto 50 anni, e si è regalata (e ci ha regalato) Adelphiana 1963-2013, un volume ricchissimo di frammenti, non un catalogo ma una raccolta di testi, lettere, passi, fotografie. Per ogni anno di pubblicazione sono stati scelti vari autori e vari brani tratti dalle pubblicazioni più significative. Adelphiana ha 713 pagine, costa 35 euro ed è una grande testimonianza di mezzo secolo di editoria. Questo è uno dei brani contenuti nella raccolta.

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Nella memorabile orazione hunteriana che avete ascoltato questo pomeriggio, Sir John Bland-Sutton ha citato il mirabile versetto del Siracide: «Onora il Medico come si deve secondo il bisogno». Che, stando a un’altra versione, si può leggere: «Onora un Medico prima di averne bisogno». Converrà altresì onorarlo dopo. Ciò mi dà, non dirò un’altra giustificazione, ma una scusa per parlare a quest’inclito consesso. Io, per mandato, traffico con le parole, e le parole sono senz’altro la droga più potente usata dall’umanità. Non solo le parole infettano, ergotizzano, narcotizzano e paralizzano, ma penetrano e colorano le cellule più minuscole del cervello, come la robbia mescolata al cibo di un cervo dello zoo colora i palchi in crescita dell’animale. E nel caso dell’animale umano la tinta, o macchia, acquisita è trasmissibile.

Io, per mandato, traffico con le parole, e le parole sono senz’altro la droga più potente usata dall’umanità

Permettetemi di portare un esempio. C’è una leggenda che ci hanno trasmesso dai tempi più remoti. Ha penetrato e colorato non poche confessioni. Eccola: c’era una volta, o meglio, in sul nascere del Tempo, quando gli Dei erano così nuovi da non avere nome e l’Uomo, umido ancora dell’argilla del pozzo donde era stato estratto, l’Uomo sostenne che anche lui era in certo qual senso un essere divino. A quei tempi gli Dei non erano diversi da come sono adesso. Valutarono la sua testimonianza e presero per buona la rivendicazione: che in effetti era una divinità e, in quanto tale, autorizzato a uscir dalle pastoie degli istinti animaleschi e ad assaporare le conseguenze delle proprie azioni. Ma tutto quel che vendono gli Dei ha un prezzo. Una volta fatta tale concessione, dice la leggenda, gli Dei arrivarono di soppiatto e sottrassero questa divinità con l’intenzione di nasconderla dove l’Uomo non l’avrebbe mai potuta ritrovare. Impresa tutt’altro che facile. Gli Dei si aspettavano che, se l’avessero nascosta in qualche luogo della terra, l’Uomo, cacciatore impenitente – il padre, se vogliamo, di ogni cacciatore – avrebbe tentato tutte le strade, scandagliato tutti i mari pur di recuperarla. Se l’avessero celata in mezzo a loro, temevano che l’Uomo avrebbe finito per prendere d’assalto anche i cieli.

E mentre si trovavano così, a un punto morto, il più saggio degli Dei, che in seguito divenne il Dio Brahm, disse: «Lo so io. Lasciate fare a me ». E chiuse il pugno sul lumicino incerto della deità rubata all’Uomo: quando riaprì la grande Mano, la luce era svanita. «Ho sistemato tutto» disse Brahm. «L’ho nascosta dove l’Uomo non si sognerà mai di andarla a cercare. L’ho nascosta dentro l’Uomo stesso». «Sì, ma dove dentro l’Uomo?» chiesero all’unisono gli altri Dei. «Ah» fece Brahm «quello è un mio segreto e sempre lo sarà; a meno che o sino a quando l’Uomo non lo scoprirà da solo».

Ecco, signori miei, come stanno le cose a tutt’oggi per l’Uomo. Considerate, per un attimo, la drammaticità della condizione in cui versa questo povero bruto. Uno così risponde a una certa formula che tutti conosciamo: «Nato da Donna, destinato a procreare tramite la Donna i suoi simili: preda naturale dei Sette Peccati Capitali epperò Altare di una speranza inestinguibile». O, più scientificamente (mi rammarico di non essere un tipo scientifico), si potrebbe definirlo «un animale imperfettamente denaturato soggetto a intermittenza alle imprevedibili reazioni di un’area spirituale non localizzata».

E proprio la ricerca di quest’area spirituale non localizzata, escrescenza o reliquia, ha impegnato l’Uomo da allora a oggi. Il Prete e il Legislatore hanno indagato e sondato per trovarla lungo tutto il corso dei secoli; ma, più di chiunque altro, lungo il corso di tutti i secoli, il Cerusico, lo Stregone, il Taumaturgo, l’ha tallonata più da presso. Ha cercato dovunque ha avuto l’ardire di farlo – pubblicamente o clandestinamente – tenendosi al riparo o mettendo a repentaglio la sua vita. Ai tempi antichi il Medico-Astrologo, come si faceva chiamare, sognava che il segreto dell’eterna inquietudine dell’Uomo fosse riposto nel sole, nella luna e nelle stelle; di conseguenza, tutte le cose create essendo una in essenza, era possibile scoprire sulla terra un farmaco universale per le pene eterne dell’Uomo. Al che setacciò terra e cieli alla ricerca di questi segreti gemini e, com’è logico, s’immolò nella ricerca. In seguito, una volta tolti i veti all’arte curativa – quando infine ebbe il permesso di guardar pubblicamente nei corpi dell’umanità –, per qualche tempo la natura dei suoi sogni cambiò. Sotto la lama aveva rinvenuto più prodigi di quanti gliene avessero fin lì mostrati la terra o i pianeti. E questo neanche dieci generazioni fa! Ancora una volta il Chirurgo, qual era nel frattempo diventato, riprese la ricerca e, una volta ancora, pungolato da passione s’immolò nella ricerca. Non c’è anestesia così completa come la concentrazione di un uomo nel proprio lavoro.

Ancora una volta il Chirurgo, qual era nel frattempo diventato, riprese la ricerca

A dispetto degli abnormi, assurdi svantaggi impostigli, l’Uomo – l’animale imperfettamente denaturato, che alla prova dei fatti anche i più semplici non può fidarsi dei propri sensi; la cui testimonianza sulla più semplice questione è alterata dalle sue iniquità – l’Uomo, il cacciatore di sempre, è andato incontro all’oscurità che avvolgeva lui e ogni atto della sua persona per scoprire a quale ordine del creato appartenesse. Lo ha chiamato indagine scientifica. Era l’antica ricerca sotto nuovo nome.
Stavolta però i ricercatori in capo, a differenza del Prete e dell’Uomo di Legge, ammettevano di sapere molto poco. L’esperienza aveva insegnato loro a essere umili. Ne guadagnarono in dottrina. Si inoltrarono in zone del corpo che, fino ad allora, non avevano ceduto a mano umana. Vennero respinti, senza spiegazione, da altre zone che tuttora non sopportavano d’essere spiate.

Rimasero sconcertati di fronte a misteri che dal connubio rinnovato di osservazione e caso o dall’errore predestinato del bisturi si trasformarono in… misteri ancora più profondi! C’è da stupirsi se riemersero gli antichi sogni? Il sogno dell’unità essenziale di tutte le cose create; il sogno che un giorno quella che gli uomini chiamano Vita possa essere portata dentro la materia dagli uomini definita morta; e il sogno più audace di tutti: che l’Uomo finisca per sorprendere il segreto ultimo del suo essere dove Brahm lo ha nascosto, nel corpo dell’Uomo.
E nel frattempo, a riempir le loro giornate, come le vostre, era la pietosa processione di uomini e donne che li
imploravano, come uomini e donne v’implorano ogni giorno, il permesso di vivere un po’ più a lungo, a qualunque condizione.

C’è da stupirsi, signori del Collegio dei Chirurghi, se la vostra pratica esige il massimo da un uomo: cognizione di causa, acuità di giudizio e sommo magistero, da esercitare non in un’occasione prestabilita ma quotidianamente, sempre a disposizione degli altri e delle loro necessità?
Non basta. La vostra temutissima arte richiede quella visione impersonale, subitanea, che d’un soffio, un battito del polso, accantona automaticamente ogni idea o impressione preconcetta e fuga ogni eventuale minaccia nuova e inopinata venuta alla luce sotto le vostre mani ferme.
Ma un tale risultato non si ottiene né si mantiene se non con il travaglio di una vita, l’assiduità e l’impegno di una vita. La gratificazione verrà non solo dalla maestria conscia dei propri mezzi e dalla gratitudine del profano, che non sempre sono in grado di appagare. La vera gratificazione è data dall’apprezzamento dei colleghi, tanto più caro in quanto non si può comprare.
Questa sera ho l’onore di parlar davanti a voi, che nel vostro mestiere siete Maestri. Lungo è il lignaggio dei ricercatori che perseguono la via tracciata da Brahm e non faccio certo il nome dell’ultimo arrivato proponendovi di brindare alla salute di Sir John Bland-Sutton, Maestro fra i Maestri.

Tratto da Rudyard Kipling, Loro, a cura, e con un saggio, di Ottavio Fatica, «Biblioteca Adelphi», 416. Titolo originale: Surgeons and the soul (1923)
© 2013 Adelphi Edizioni spa Milano.
Nell’immagine, Rudyard Kipling viene eletto Rettore all’Università di St. Andrews, nell’ottobre 1923. Tropical Press Agency