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15:05 venerdì 21 novembre 2025
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.
L’unico a volere il water d’oro di Cattelan andato all’asta è stato un parco di divertimenti Lo ha comprato per dodici milioni di dollari: è stata l'unica offerta per un'opera che ne vale dieci solo di materiale.
Angoulême, uno dei più prestigiosi festival di fumetti al mondo, quest’anno potrebbe saltare a causa di scandali, boicottaggi e tagli ai finanziamenti L'organizzazione è accusata di aver provato a insabbiare un'indagine su uno stupro e centinaia di artisti hanno deciso di non partecipare in protesta. L'edizione 2026 è a rischio.
Il guasto di Cloudflare è stato così grave che ha causato anche il guasto di Downdetector, il sito che si occupa di monitorare i guasti su internet Oltre a X, ChatGPT, Spotify e tanti altri, nel down di Cloudflare è andato di mezzo anche il sito a cui si accede quando tutti gli altri sono inaccessibili.
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.

Il valore simbolico dei taxi

Sull'importanza di scegliersi gli emblemi più efficaci per dare forza al disegno liberale e riformista

13 Gennaio 2012

A proposito di taxi e delle polemiche di queste ore, pubblichiamo un estratto dall’editoriale che Marco Ferrante ha scritto per Studio. La versione integrale, completa della sua parte sull’Articolo 18, la trovate sul nuovo numero in edicola.

Ci vorrebbe un’attività permanente di studi su politica e simboli di facile consultazione per chi fa politica o si trova nella condizione di dover prendere decisioni nell’interesse di tutti. Le scelte politiche, soprattutto quelle dolorose, hanno bisogno di una segnaletica chiara e semplice per convogliare il consenso quanto più generale possibile. […]

I taxi. Identificare la battaglia per le liberalizzazioni nello scontro con la corporazione dei taxisti è già successo altre volte negli ultimi anni, con scarso successo. Ci sono almeno due ragioni per cui quel bersaglio non è abbastanza convincente per l’opinione pubblica. La prima questione è puramente quantitativa: riguarda veramente solo tre città, Roma, Milano e Napoli, dove peraltro il servizio è complessivamente molto migliorato negli anni soprattutto a causa di un mutamento generazionale: i tassisti di trenta-quarant’anni sono molto più disponibili alle novità rispetto a quelli di sessanta (quindi è semmai la politica a dovere proporre soluzioni convincenti ai tassisti: Franco Romani, uno dei padri dell’antitrust italiana, proponeva di regalare a ogni tassista una licenza;  sarebbe stato poi il tassista a decidere se venderla o utilizzarla per avviare una piccola impresa). La seconda questione riguarda le dimensioni economiche del fenomeno: è chiaro – anche intuitivamente – che le liberalizzazioni delle licenze dei taxi non possono essere un grande volano di crescita economica, e che le liberalizzazioni creano crescita e posti di lavoro a partire da settori più larghi del consumo: basti pensare alle tlc, la televisione per esempio, o la telefonia mobile.

Tutta la dialettica sulle licenze dei taxi utilizzati come bandiera, ha portato a una schematica attribuzione delle parti politiche sempre più simile a un cliché: c’è chi difende i tassisti in nome di uno spirito – diciamo così – post-democristiano di individuazione di categorie da tutelare (è quello che fa Gianni Alemanno a Roma) e chi invece se ne serve per difendere quel tipo di posizione un po’ terzaviista che aveva scelto come motto “il liberismo è di sinistra” (titolo di un fortunato pamphlet di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi).

Oggi il confronto sulle liberalizzazioni dovrebbe svolgersi su un terreno più roccioso, più largo e più determinante per la nostra economia: i servizi pubblici locali per esempio, o la scuola, e lì individuare dei simboli più efficaci e realistici su cui spingere l’opinione pubblica a prendere posizione. […]

Nella comunicazione politica bisognerà tenere conto della necessità di maneggiare emblemi, individuarli, sceglierseli e su quegli emblemi costruire un nuovo slancio di riformismo possibile e generare il consenso che serve. Le riforme non si fanno senza avere dietro una società che le condivida. E, anche forti del consenso della maggioranza dell’opinione pubblica, per fare le riforme nella battaglia c’è bisogno di molta energia (il caso più raccontato è quello della signora Thatcher, l’autobiografia della quale resta una lettura molto consigliata a chi scende nell’agone) e della lucida capacità di pianificare lo scontro sulla base delle forze in campo e delle munizioni disponibili.

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