NEW YORK, NY - DECEMBER 14: A man reads in a the window of a coffee shop during a snow storm on December 14, 2013 in the Brooklyn borough of New York City. Much of the Northeast was hit by a storm stretching over 1,000 miles that could result in at least a foot of snow on parts of New England. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)
Immagino che a un certo punto capiti a chiunque un’ossessione, che è una cosa diversa da una passione. In letteratura ho avuto poche passioni: se ci penso, direi Cortázar sopra tutti, e Carrère, mentre ne sto sviluppando una per Coetzee. Non ho mai capito se il fremito della mia generazione per David Foster Wallace o Don DeLillo o Philip Roth fosse una passione o un’ossessione, ma trovo paradossale potersi abbandonare a qualcosa di così poco erotico come un Roth – e le battute sul mancato Nobel, puntuali ogni anno, mi annoiano a morte. So però di avere un’ossessione per, o con, Roberto Bolaño. Credo che amare Bolaño, a un livello per così dire superficiale, sia facile e necessario: si legge qualche pagina de I detective selvaggi, si leggono libri all’apparenza semplici e meravigliosi come La letteratura nazista in America, ma credo che ci voglia una sorta di malattia per propinarsi, una sera dopo l’altra, Monsieur Pain o Il gaucho insostenibile o Amuleto – non è un merito, niente affatto, e per colpa di questa ossessione non ho mai finito libri “che-devi-leggere” iniziati in quel periodo, di Herta Müller o Irène Némirovsky. Io mi sono ammalato penso sei anni fa di quella malattia. Penso anche – sono felice di condividere questa opinione con Matteo Codignola, che Bolaño non l’ha scoperto ma continua, con Adelphi, a pubblicarlo felicemente – che il vero testo fondamentale del cileno sia 2666, e non I detective. Lo spirito della fantascienza è un testo che Bolaño non ha mai consegnato a un editore, su cui ha lavorato per anni e avrebbe forse, chissà, continuato a lavorare ancora, ma è stato pubblicato postumo e io ho molto poco rispetto per le volontà di un uomo morto, quindi sono felice che si pubblichino anche i diari infantili, perché se hai scritto qualcosa come 2666 niente mai potrà rovinare la tua reputazione e l’eredità della tua arte. Lo spirito della fantascienza è un testo estremamente bolañesco, in un modo molto selvaggio: ci sono poeti selvaggi, una Città del Messico selvaggia, personaggi improbabili e discorsi improbabili eppure, lo si capisce bene, una prosa che sembra libera e infantile ed è invece studiatissima per sembrarlo – lo si capisce dai quaderni fotografati nelle pagine finali del libro. È un libro per affezionati, non si può certamente “iniziare” da questo, così come si dice che è da affezionati dei sapori forti una grappa alcolicissima che fa strabuzzare gli occhi. Ma gli affezionati sapranno di cosa parlo, e quindi basta così. (Davide Coppo)