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I sei mesi più imbarazzanti della vita di Michel Houellebecq
Nel suo ultimo libro lo scrittore racconta la vicenda che lo ha visto prima accettare e poi rifiutare la parte di protagonista nella scena di sesso di un video d'arte olandese, fatti che secondo molti segnano l'avvenuta trasformazione da idolo a zimbello.
Gli ultimi mesi non sono stati una passeggiata, per Michel Houellebecq. I motivi sono noti: prima si è messo di nuovo nei pasticci per via di certe dichiarazioni, diciamo così, discutibili sulla comunità musulmana francese, le periferie e la guerra civile, raccolte in un’intervista uscita su un numero speciale, vendutissimo, della rivista Front populaire. Poco dopo, Houellebecq si è impelagato in uno spiacevole grattacapo a luci rosse, di cui forse avrete sentito parlare: si è fatto convincere da Stefan Ruitenbeek, fondatore di Kirac (che sta per Keeping It Real Art Critics), una sgangherata collettiva di artisti olandesi che contesta le dinamiche di mercato dell’arte contemporanea, a partecipare nel ruolo di attore a una specie di mockumentary porno concettuale. Come può capitare in questi casi, però, quando ha visto il trailer sui social a fine gennaio Houellebecq si è pentito, e ha cercato di tirarsi indietro bloccando la pubblicazione di filmati che lo ritraggono seminudo, citando in giudizio Ruitenbeek e i suoi sodali.
Per raccontare la sua campana, soprattutto sulla vicenda pornografica, e per lasciarsi andare nel frattempo a qualcuna delle sue classiche digressioni, tipo elogi della posizione sessuale del missionario, a suo dire ingiustamente denigrata (ma da chi?), oppure il resoconto di maratone notturne televisive, o anche considerazioni ambigue sui movimenti femministi, Houellebecq ha scritto un libro, Qualche mese della mia vita, pubblicato pochi giorni fa da La Nave di Teseo.
Un centinaio di pagine prodotte in tutta fretta, una risposta di pancia a un periodo difficile. La versione di Houellebecq: un giorno riceve una mail da un suo devoto fan olandese, gli risponde, iniziano una corrispondenza saltuaria. Questo olandese, ca va sans dire, è Stefan Ruitenbeek. Houellebecq nel libro lo chiama lo Scarafaggio. Nell’ottobre dell’anno scorso lo Scarafaggio stuzzica Houellebecq, informandolo del suo imminente arrivo a Parigi in compagnia di una donna, che nel libro viene chiamata la Troia, studentessa di filosofia con un profilo OnlyFans, allo scopo di organizzarle video amatoriali di sesso sfrenato con uomini attraenti. Per esempio, scrittori famosi. La moglie di Houellebecq acconsente, vengono girate le scene pattuite, con solo qualche maschera da pochi soldi, comprate dallo Scarafaggio e dalla Troia in un negozietto di travestimenti a Parigi, a garantire una briciola di anonimato.
La troupe olandese riparte con il girato, continuano gli scambi epistolari. Presto si organizza un secondo incontro più a nord, con la promessa di altre copule sotto l’occhio delle telecamere. Houellebecq arriva con la moglie alla stazione di Amsterdam e si sistema nel suo hotel di fiducia, viaggio e alloggio pagati dalla produzione. In camera beve la bottiglia di vino di benvenuto, accompagnandola con qualche ansiolitico. Arrivano Stefan e la sua troupe. Houellebecq firma un contratto, dove c’è scritto chiaramente che si impegna a cedere qualsiasi contenuto, sequenza, registrazione e elaborazione di immagini che lo raffiguri, creati e/o ottenuti da Stefan e dalla sua équipe, fra il primo novembre 2022 e il trentuno dicembre di quest’anno. A questo punto le cose si fanno piccanti: lo Scarafaggio gli offre come potenziale partner un’aspirante attrice in babydoll, nel libro chiamata l’Oca, ma le cose non ingranano, c’è consenso ma non c’è chimica. Lo scrittore sessantasettenne fa i capricci, si nasconde sotto a un lenzuolo, i suoi ospiti lasciano la stanza. Intanto, la povera moglie Lysis supervisiona le riprese e cerca una mediazione. Seguono altri tentativi dello Scarafaggio, infruttuosi, di trovare una donna a Michel Houellebecq, finché lo scrittore si spazientisce, litiga con lo Scarafaggio e se ne torna a Parigi con le pive del sacco, lasciandosi andare all’autocommiserazione e all’uso smodato di alcol e tabacco.
Insomma, è un libro pieno di odio e livore. Forse Houellebecq sta facendo il finto tonto, come nelle prime pagine di Estensione del dominio della lotta, il suo primo libro, dove il protagonista perde la macchina ma si vergogna a dirlo, e quindi ne denuncia il furto per non sembrare pazzo. O forse, peccato ancora più imperdonabile per chi dovrebbe essere un rabdomante della contemporaneità, non capisce molto bene l’innominabile attuale. Come chi si lamenta delle pubblicità online che gli consigliano Rolex e Viagra, ignorando che sono fatte su misura. L’impressione è che Houellebecq si sia accorto troppo tardi di avere regalato al pubblico parti della sua vita che avrebbe preferito restassero segrete, sulle ali di un entusiasmo momentaneo. Ci si stupisce a leggerlo così bigotto, e involontariamente tontolone. Le sue scuse, nel libro, sono ridicole: ho accettato di andare ad Amsterdam perché mi piace il treno, ho accettato di essere filmato pensando di star girando riprese private amatoriali che avrei visto in cameretta con mia moglie, pensavo che i video sarebbero stati diffusi solo dopo la mia morte. Si dichiara anche perseguitato dalla giustizia, soprattutto quella francese.
Dopo aver ricevuto parecchie scalpellate alla sua reputazione, tradotte in più lingue, anche lo Scarafaggio ha raccontato la sua versione. C’è un video su YouTube dove viene intervistato da un podcaster. L’intervista è in olandese, con tutte quelle consonanti, ma ha sottotitoli in inglese. Lo Scarafaggio, una vaga somiglianza con Marzullo, ha circa quarant’anni, occhi svegli e la parlantina furba di chi ha brillato a centinaia di vernissage. Racconta delle sue provocazioni artistiche mentre mangiucchia un cracker con formaggio, di come Kirac ha ottenuto un successo di nicchia con un film di cinquanta minuti, Honeypot, dove si vede un filosofo di estrema destra fare sesso con studentesse consenzienti di sinistra che cercano intanto di manipolarlo, umiliarlo e farsi comprare gioielli di diamanti.
Sullo stesso canale YouTube si trova anche una favolosa intervista alla Troia, Jini Van Rooije, fra l’altro attrice protagonista di Honeypot. Non sembra scossa dalla descrizione poco lusinghiera che Houellebecq fa di lei nel libro. Ha idee chiarissime e un eloquio convincente, al netto di qualche caduta di stile quando descrive le unghie gialle dei piedi di Houellebecq. Tutto il processo le sembra una buffonata. Dice che se Houellebecq ha accettato di girare il film, non può iniziare adesso a porre condizioni, sarebbe come strappare le pagine di un libro già scritto. Lo accusa di essere un manipolatore vecchio e solo, e compatisce sua moglie. I patti erano chiari: lei offriva bellezza e gioventù, e lui in cambio offriva popolarità, la sua intelligenza e il suo status di artista.
C’è un tema, in filigrana: concediamo allegramente ampie fette di libertà individuale e informazioni sulla nostra vita privata, ma ci stupiamo quando accade qualcosa di sgradevole. Il libro termina il giorno prima della sentenza. Alla fine il tribunale olandese ha dato ragione a Stefan Ruitenbeek, le prove sono schiaccianti. Houellebecq, abituato a essere coccolato e riverito, un potenziale premio Nobel, si è fatto coinvolgere in un progetto artistico del quale non ha capito nulla. Sabato scorso lo Scarafaggio si è presentato, senza invito, a un evento dove Houellebecq era ospite a Amsterdam, vestito con un costume da scarafaggio, accompagnato da un codazzo di videocamere. Ha fatto un po’ di casino e se n’è andato, non c’è stato un confronto fra i due litiganti. Presto, non si sa ancora quando, il film porno soft di Houellebecq sarà disponibile a pagamento. Intanto la vita va avanti. Lysis Houellebecq ha postato su Instagram lo scorso diciassette maggio una foto del marito in un diner proto-americano, Buffalo Grill, nel quattordicesimo arrondissement di Parigi, con questa didascalia: «Michel aveva promesso di portarmi in Texas se il verdetto della corte fosse stato positivo per noi. Ha mantenuto la sua promessa, è un bravo marito!». Direi che si è meritata un viaggetto a Austin.