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Per due volte la Rai ha prima annunciato e poi cancellato la trasmissione di No Other Land e non si sa ancora perché È successo il 7 ottobre e poi di nuovo il 21. Al momento, non sappiamo se e quando il film verrà reinserito nel palinsesto.
A causa del riscaldamento globale, per la prima volta nella storia sono state trovate delle zanzare in Islanda Era uno degli unici due posti al mondo fin qui rimasto libero dalle zanzare. Adesso resta soltanto l'Antartide.
È uscita una raccolta di racconti inediti di Harper Lee scoperti nella sua casa di New York dopo la morte Si intitola La terra del dolce domani e in Italia l'ha pubblicata Feltrinelli.
A Teheran hanno inaugurato una stazione della metropolitana dedicata alla Vergine Maria La stazione si chiama Maryam Moghaddas, che in persiano significa proprio Vergine Maria, e si trova vicino alla più grande chiesa della città.
Cercando di uccidere una blatta, una donna in Corea del Sud ha scatenato un incendio in cui è andato distrutto un appartamento ed è morta anche una persona La donna ha usato un lanciafiamme fatto in casa, fatto da un accendino e un deodorante spray. La sorte della blatta al momento non è nota.
Si è scoperto che l’AI viene usata anche per produrre poverty porn, cioè immagini piene di stereotipi sulla povertà utilizzate poi nella campagne di sensibilizzazione Si trovano in vendita sulle piattaforme di foto stock, costano poco, non danno problemi di licenza né di consenso: è per questo che sono sempre più diffuse.
I trafficanti di Captagon, l’anfetamina siriana, si stanno rivelando un grave problema per il nuovo governo siriano In questi giorni le autorità hanno sequestrato 12 milioni di pasticche, la più grande operazione di questo tipo dalla caduta del regime di Assad.
In carcere Sarkozy verrà messo in isolamento per evitare che gli altri detenuti si facciano i selfie con lui L'amministrazione della prigione di La Santé di Parigi ha preso questa decisione per proteggere il Presidente dal suo "fandom" carcerario.

Guia Soncini e il partito degli offesi

Indignazione, cancel culture e libertà d'opinione, nell'Era della suscettibilità, la giornalista affronta una delle questioni centrali del nostro tempo.

04 Marzo 2021

Mi pare di ricordare, ogni tanto – solo quando mi serve – che Tacito abbia detto una cosa utile a giustificare la pavidità, e cioè che quando un momento storico non è favorevole, è meglio tenere quanto si scrive per sé stessi, senza affrontare inutilmente, disarmati, l’opinione dominante. Non deve pensarla così Guia Soncini che con L’era della suscettibilità affronta uno dei nodi (“Nodi” è anche il nome della collana Marsilio in cui esce, rarissimo caso in cui il nome di una collana abbia un senso effettivo) della nostra vita quotidiana: il costante bisogno di indignazione. Qualcuno ricorderà che pochi anni fa, ebbe un enorme successo il pamphlet di un ex-partigiano francese, Stéphane Hessel, dal titolo particolarmente azzeccato Indignez-vous, anche se con quell’imperativo non intendeva affatto quanto stiamo vedendo. L’era della suscettibilità propone un imperativo opposto “Non indignatevi”: perché ciò che colpisce della rassegna di indignazioni raccolte nel libro – così assurde che susciterebbero il riso perfino tra i precedentemente offesi – è l’incapacità di una misura, per cui lo schiavismo e la collaboratrice domestica di Cremonini ribattezzata Emilia meritano lo stesso furore ideologico.

Una volta il conduttore del telegiornale doveva usare con malcelato imbarazzo un’espressione del tipo “ma cambiamo decisamente argomento” (cambiando contemporaneamente inquadratura) per passare dalla notizia su un caso di malasanità ai risultati della Serie A, oggi non serve più perché i social mettendoci, di continuo, di seguito le due notizie ne hanno anche livellato i toni, e la malasanità ci fa arrabbiare quanto la rappresentazione degli indiani d’America in Peter Pan.

Si dirà che la misura e il limite sono concetti della borghesia più stantia – se vogliamo provare a dare un po’ di profondità agli ok, boomer – mentre il furore è un dovere del radicalismo, ma le pagine più azzeccate del libro mettono in dubbio proprio questa visione e mostrano che quanto più crediamo di épater la bourgeoisie, tanto più siamo quella stessa bourgeoisie: perché cosa c’è di più retrivo dello scandalo? E, ancora di più, se tutto è scandalo?

Oltretutto, mentre proviamo a mettere in discussione ogni dogma, non riusciamo a ridiscutere il più doloroso per l’io contemporaneo: chi ha un’opinione diversa dalla nostra non è necessariamente un criminale. È il principio alla base della continua reductio ad hitlerum per cui, ormai, perfino Salman Rushdie o Camille Paglia sono considerati espressioni di una cultura antiquata. Ed è singolare anche – giacché alle nostre latitudini tutto deve avvenire in un triste sedicesimo – che il momento di massimo fulgore del movimento nostrano, finora, sia consistito nel far sospendere un programma che trasmetteva un tutorial sulla spesa sexy. Altro che da incendiari a pompieri, qui come eterogenesi dei fini si arriva ai pasdaran o a mettere le mutande ai nudi del Giudizio Universale. Qualcuno, infatti, paragona il momento che stiamo vivendo alla controriforma cattolica, per altri è il maccartismo di sinistra, altri ancora vedono la follia della rivoluzione culturale… in ogni caso, diceva giustamente Roberto Bolaño che il discorso vuoto della destra lo possiamo sempre prevedere, è il discorso vuoto della sinistra la cosa davvero avvilente. E sorprendente degli ultimi tempi.

Intendiamoci: è evidente che l’Italia sia un paese ancora profondamente razzista e omofobo e altro ancora: non c’è rappresentazione che non ce lo ricordi. Ma, ovviamente, ciò che non verrà perdonato a Soncini è ciò che lei non dice: difendiamo i razzisti, mentre ciò che prova a domandare: non sarà esagerato chiedere che Amanda Gorman non venga tradotta da traduttrici bianche? (è appena accaduto nei Paesi Bassi) finirà sottaciuto in secondo piano. E dunque la difficoltà sta proprio nel tenere assieme i due discorsi che sono inconciliabili solo in apparenza.

Anche il libro, ovviamente, non può fare a meno di trattare di “cancel culture” o “politicamente corretto”, ma invita a rifiutare concetti e etichette che sono svuotati di senso da un dibattito sempre più avviluppato per potersi concentrare sul meccanismo dell’indignazione a comando che obbliga i nostri avatar social a prendere posizioni sempre più teatrali e, in quanto teatrali, sempre più staccate dalla realtà – e, soprattutto, a beneficio di chi? Davvero delle vittime o solo dei nostri follower? Un meccanismo che invece di liberarci dal razzismo e dall’omofobia per ora riesce solo a creare bastiancontrari conformisti.

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