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Un imprenditore ha speso un milione di dollari per promuovere una collana AI a New York e tutte le sue pubblicità sono state vandalizzate Avi Schiffman voleva far conoscere il suo prodotto ai newyorchesi. Che gli hanno fatto sapere di non essere interessati all'amicizia con l'AI.
Stranger Things sta per finire ma ricomincerà subito, visto che Netflix ha già pronto lo spin-off animato S’intitola Tales From ’85 ed espande la storia ufficiale tra la seconda e la terza stagione, riprendendone i personaggi in versione animata.
Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.
Nel primo trailer de La Grazia di Paolo Sorrentino si capisce perché Toni Servillo con questa interpretazione ha vinto la Coppa Volpi a Venezia Arriverà nella sale cinematografiche italiane il 15 gennaio 2026, dopo aver raccolto il plauso della critica alla Mostra del cinema di Venezia.
Nel nuovo album di Rosalia c’è una canzone in italiano dedicata a San Francesco e Santa Chiara Si intitola "Mio Cristo Piange Diamanti", che lei definisce «la sua versione di un'aria», cantata in un perfetto italiano.
Si è scoperto che uno degli arrestati per il furto al Louvre è un microinfluencer specializzato in acrobazie sulla moto e consigli per mettere su muscoli Abdoulaye N, nome d'arte Doudou Cross Bitume, aveva un bel po' di follower, diversi precedenti penali e in curriculum anche un lavoro nella sicurezza del Centre Pompidou.
La Presidente del Messico Claudia Sheinbaum è stata molestata da un uomo in piazza, in pieno giorno e durante un evento pubblico Mentre parlava con delle cittadine a Città del Messico, Sheinbaum è stata aggredita da un uomo che ha provato a baciarla e le ha palpato il seno.
Una foto di Hideo Kojima e Zerocalcare al Lucca Comics ha scatenato una polemica internazionale tra Italia, Turchia e Giappone L'immagine, pubblicata e poi cancellata dai social di Kojima, ha fatto arrabbiare prima gli utenti turchi, poi quelli italiani, per motivi abbastanza assurdi.

Il triste declino delle gif

Giphy, il motore di ricerca delle gif, ha dichiarato che sono troppo cringe per sopravvivere: l'unica soluzione è che vengano acquisite da Meta. Ma come hanno fatto a trasformarsi nel mezzo espressivo dei boomer?

di Studio
21 Settembre 2022

C’è stato un momento, difficilmente collocabile nel tempo, in cui usare certe emoji su Whatsapp ha iniziato a far rima con senilità (fisica e/o mentale). Mentre in giro c’è ancora chi sostiene di usare pesche e melanzane durante il sexting, nelle chat di lavoro continuano ad abbondare le emoji per prostrarsi in scuse disperate: mani giunte, faccina che piange, cuore spezzato. Vietata ovunque, invece, la faccina che ride fino alle lacrime, così come quella che sorride (a meno che non venga usata come reazione passivo-aggressiva): entrambe rappresentano il non plus ultra della sfiga. Certe emoji sono morte, alcune stanno agonizzando, ma nel complesso la loro fine è ancora lontana: aprite Whatsapp e cercate una chat dove non compaia un cuore rosso. Diverso è il destino delle gif. Ad annunciare la loro fine, pochi giorni fa, è stato Giphy stesso (il motore di ricerca nato nel 2013 per facilitare la ricerca e l’uso delle gif) con una dichiarazione che riassume alla perfezione il clima culturale in cui siamo immersi: molto semplicemente, le gif stanno morendo perché sono diventate cringe.

È esattamente quello che Giphy ha confessato all’autorità di regolamentazione della concorrenza del Regno Unito che sta cercando di bloccare un tentativo di acquisizione da 400 milioni di dollari da parte di Meta. In una dichiarazione depositata presso l’Autorità per la concorrenza e i mercati, Giphy ha sottolineato con una certa disperazione che non esiste società diversa da Meta disposta ad acquistarla. Come riportato dal Guardian, il valore dell’azienda è sceso di 200 milioni di dollari rispetto al picco del 2016 e, cosa più importante, la sua offerta principale mostra chiari segni di boomerismo.

Pensateci, qual è l’ultima volta che avete utilizzato una gif? Se l’avete fatto recentemente, senza dubbio l’intento era ironico, un po’ come quando facciamo gli auguri ai colleghi utilizzando quelle card in stile “buongiornissimo caffè” che si trovano cercando su Google Immagini “auguri collega”. Molto probabilmente avrete scelto la vostra gif senza nemmeno andarla a prelevare su Giphy, ma usando le tastiere Gif a disposizione su Whatsapp. Molto probabilmente era un gatto bianco che piange con gli occhi luccicosi (le gif con gli animali sono rimaste le uniche salvabili), quasi sicuramente, se siete bianchi, probabilmente non era una gif con protagonisti neri, perché, come avrete letto negli anni passati (ad esempio qui, o qui) è considerata una forma di blackface (ma la gif più usata del 2021 resta Stanley di The Office Usa).

Con il loro stile sgranato e scattoso, le gif sembrano provenire da un’altra era, e in effetti è così: sono state inventate nel lontanissimo 1989 (molto prima degli smartphone e dei social, ma anche prima del World Wide Web). Hanno accompagnato l’ascesa del web e hanno prosperato per qualche anno, gradualmente accantonate con la nascita di formati meno pesanti. Ma invece di sparire definitivamente, nel 2010 sono esplose, cavalcando il successo di Tumblr. Non solo venivano usate come reazioni (un po’ come delle emoji animate) per commentare i post, ma erano diventate il modo più semplice per condividere brevi video. I frammenti di filmati porno che costituivano una parte fondamentale del social (finché non sono stati eliminati nel 2018, decretando di fatto la sua morte) erano tutti in formato gif.

Gli stessi motivi per cui la gif ha rischiato di morire la prima volta non sono mai scomparsi: a un file di grandi dimensioni corrisponde una scarsa qualità dell’immagine. Nonostante ciò, ai bei tempi, rispondere con una gif era preferibile a qualsiasi altro tipo di risposta. Era un modo per sfoggiare il proprio senso dell’umorismo, la propria abilità nel maneggiare la cultura di internet e anche la cultura pop, visto che moltissime gif erano prelevate da serie, film, eventi mondani. Usando Giphy, poi, trovare la gif perfetta era facilissimo: l’azienda ne aveva raccolte più di 300 mila da tutto il web, le aveva taggate e classificate, aiutando gli utenti a trovare esattamente quella giusta per qualsiasi situazione (mentre prima dovevano scartabellare gli oscuri siti dei creatori di gif, un’attività non proprio per tutti). «Gli stessi principi che si applicano a Google sembrano valere anche per Giphy: se non sei tra i primi tre risultati, potresti anche non esistere», dice un esperto di internet culture citato dal Guardian. In pratica tutti hanno iniziato a utilizzare le stesse gif e l’uso creativo e innovativo del formato si è spento. Non solo: le gif non sono mai state facili da creare (a differenza dei meme, ad esempio) e non sono adatte all’uso su mobile, che è il principale mezzo col quale tutti oggi utilizziamo internet.

Non c’è niente di più cringe che arrivare in ritardo sulle cose di internet: è il motivo per cui i reel sono estremamente cringe, per il modo in cui il più delle volte ripropongono TikTok diventati virali mesi prima, ed è cringe anche condividere un meme dopo troppo tempo che è girato. Se le gif sono diventate così sfigate è anche perché non vanno d’accordo con la Gen Z, che per chattare usa Instagram e per condividere e commentare contenuti usa TikTok. Giphy ha ragione: solo Meta può prendersi la briga di acquisirla e metterla a disposizione dei boomer che ancora utilizzano quel catorcio di Facebook, gli unici che sarebbero ancora capaci di commentare l’articolo condiviso da qualcuno con Dwight di The Office Usa che fa una smorfia (e trovarlo divertente).

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