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19:11 lunedì 17 novembre 2025
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.

Forse non abbiamo mai capito Gesù

Due nuovi libri avanzano delle ipotesi interessanti, e lontane da quelle dogmatizzate nel catechismo, sulla sua vicenda storica.

25 Dicembre 2020

Non tutti hanno avuto la fortuna di sentirsi dire all’età giusta, da una persona autorevole, con tono lievemente allibito, «Guarda che Gesù è un personaggio storico». Sappiamo che capitò a Hegel, Bulgakov e all’inventore dell’Lsd, e che l’esperienza costellò di germogli le loro personalità ancora acerbe e piene di sogni. Molti non hanno avuto questa fortuna. Moltissimi, ancora oggi, non hanno che un’immagine vaga e dubbiosa della differenza tra l’identità storica di Gesù e quella del Figlio di Dio fatto uomo. C’è chi pensa che Gesù sia più verso Babbo Natale che verso Alessandro Magno. Il motivo più evidente è che Gesù, a differenza di Alessandro, non si studia nell’ora di storia, ma in quella di religione. Eppure non è irragionevole dire che il suo impatto storico sia stato maggiore. Non solo: le fonti che parlano di Gesù (tra attendibili e leggendarie) sono più numerose e più precoci delle fonti (attendibili o leggendarie) su Alessandro. In effetti, su nessun personaggio dell’antichità disponiamo di tante informazioni, a eccezione di Giulio Cesare.

Eppure, Gesù non si studia a scuola. Pare sia un’esigenza di questo tempo purgare il sapere storico e scientifico da ogni barlume di mistero, e anche chi parteggia per il mistero (la Chiesa) non ha piacere a confondere i due piani: chiedetelo a chi ha fatto catechismo. Colgo l’occasione del Natale (e di una nuova, autorevole pubblicazione sul cosiddetto Gesù storico) per raccontare ciò che sappiamo di lui con ragionevole certezza. La vecchia tesi riproposta dal filosofo Michel Onfray (Decadenza, 2017) secondo cui Gesù sarebbe un personaggio di fantasia ispirato dalla mitologia persiana e mesopotamica, non viene più presa seriamente in considerazione. Il motivo (a parte l’inverosimiglianza storica della “teoria mitista”) è che abbiamo le fonti. Il numero di quelle considerate attendibili varia a seconda degli studiosi, per lo più esegeti e biblisti. Uno dei più noti è Daniel Marguerat, di cui Claudiana ha appena pubblicato Gesù di Nazareth. Per un approccio veramente laico, però, si deve vedere Giorgio Jossa, di cui di recente è uscito per Paideia Voi chi dite che io sia?. 

Veniamo ai fatti. Nel 28 d.C. appare nel deserto di Giudea un ebreo chiamato Yehoshua ben Yosef, Gesù figlio di Giuseppe. Ha all’incirca trentacinque anni e si è appena unito al movimento penitenziale di Giovanni detto il Battista. In un deserto brulicante di profeti, Giovanni annuncia che «il tempo è finito» e invita gli ebrei a cambiare vita. I suoi argomenti sono tassativi: dividere i beni con i poveri, lottare contro la corruzione dei funzionari. Ma prima di tutto pentirsi: non con i soliti sacrifici al tempio, ma con un lavacro battesimale nel fiume Giordano. Gesù è tra i suoi discepoli. Ed è probabile che al momento del battesimo abbia fatto un’esperienza non ordinaria. È col battesimo, comunque, che quest’uomo esce dall’oscurità per entrare nella storia, prima come seguace e collaboratore di Giovanni, poi come profeta itinerante. Della sua vita di prima non possiamo dire molto, perché le fonti che raccontano l’infanzia di Gesù (nello specifico Matteo e Luca) sono tardive e hanno un intento teologico. È improbabile che fosse nato a Betlemme (alcuni, non Marguerat, propendono per Nazareth), primo di cinque fratelli e di un numero imprecisato di sorelle. Forse un mamzer, un figlio illegittimo, forse figlio di un padre morto prematuramente. Era celibe, condizione davvero eccezionale per un ebreo della sua età: il perché rimane un enigma. Forse aveva fatto il falegname. Di più non possiamo dire.

Ma sappiamo che ben presto quest’uomo si separò dal suo maestro e partì per la Galilea. Il punto è: per predicare cosa? La tesi di Jossa è interessantissima: Gesù, almeno nella prima fase del suo breve ministero (un anno circa), non si è presentato come il Messia, e quando parlava del regno di Dio non alludeva a un regno celeste, ma terreno: una trasformazione radicale della società in senso egualitario, l’utopia di un mondo senza sopraffazione né ingiustizia. La predicazione non andò come sperato. Anche perché il seguito di Gesù, in vita, fu scarso: dodici discepoli – il numero è verosimile – a cui occasionalmente si univano gruppi più numerosi. Certamente compì un certo numero di esorcismi e guarigioni, fatti non rari nel mondo antico (se costituissero una “prova” della sua realtà sovrumana è un fatto che non riguarda gli storici). A un certo punto, però, dovette rendersi conto che il ministero era fallito: che il contenuto della sua predicazione doveva cambiare. Perché di fatto, cambiò. Arrivato a Gerusalemme, dove sa di rischiare la vita, Gesù inizia a parlare della sua morte come necessità salvifica. Ed è solo davanti al sinedrio che dirà esplicitamente, per la prima volta, di essere il Figlio di Dio. Il sinedrio lo invia a Pilato, che lo condanna a morte. Procuratore e imputato si incontrarono all’alba. E l’episodio di Barabba potrebbe essere vero. 

Questa la vicenda. Che però, così ricostruita, crea un problema storico: come si spiega che quest’uomo incompreso, che aveva avuto così poco seguito in vita, solo cinquant’anni dopo era al centro di un culto diffuso in tutto l’Impero romano? Ho fatto questa domanda a Jossa, che mi ha risposto così: «È successo qualcosa dopo la sua morte. Per il credente, Gesù è risorto. Lo storico può limitarsi a dire: i discepoli hanno avuto un’esperienza straordinaria. Deve essersi verificato un evento che ha ridato senso alla loro missione». Quanto a Hegel, Bulgakov e Hofmann, non è accertato che abbiano avuto l’esperienza di cui parlavo all’inizio. Ma è comunque possibile. 

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