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Dua Lipa e Callum Turner si sono innamorati grazie a Trust di Hernan Diaz Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.
Ai Grammy dal 2026 si premierà anche l’album con la migliore copertina È una delle tante novità annunciate dalla Record Academy per la cerimonia dell'anno prossimo, che si terrà l'1 febbraio.
Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 
Ogni volta che scoppia un conflitto con l’Iran, viene preso come ufficiale un account dell’esercito iraniano che però non è ufficiale Si chiama Iran Military, ha più di 600 mila follower ma non ha nulla a che fare con le forze armate iraniane.
L’unico sopravvissuto al disastro aereo in India non ha idea di come sia riuscito a salvarsi Dopo l’impatto, Vishwash Kumar Ramesh ha ripreso i sensi in mezzo alle macerie: i soccorritori l’hanno trovato mentre cercava il fratello.
L’Egitto sta espellendo tutti gli attivisti arrivati al Cairo per unirsi alla Marcia mondiale per Gaza I fermati e gli espulsi sono già più di un centinaio e tra loro ci sono anche diversi italiani.
Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

Cinquant’anni fa vedevamo per la prima volta noi stessi

Il 24 dicembre del 1968 William Anders scattava una foto che avrebbe cambiato l’umanità.

19 Dicembre 2018

Più o meno cinquant’anni fa, e precisamente il 24 dicembre 1968 alle ore di 10 e 40 di Houston, William Anders scattava una foto alla Terra che sarebbe diventata famosa, forse la più famosa foto alla Terra mai scattata. Esiste a dire il vero una foto in bianco e nero precedente, è del ’66, ma niente a che vedere in quanto a colori, composizione, nitore, anche forse perché mancava la mano dell’uomo (fu scattata in automatico dal Lunar Orbiter 1). Anders era uno dei tre astronauti della missione Apollo 8, primo equipaggio a lasciare l’orbita del nostro pianeta e a raggiungere quella della Luna, un giro e poi di nuovo a casa, senza mettere piede a terra, cosa che succederà invece pochi mesi più avanti, nel luglio del ‘69. La foto è conosciuta da tutti come “Earthrise”, anche se il suo nome vero è molto meno didascalico: AS8-14-2383HR. Sia Anders che Borman, altro membro dell’equipaggio, se ne attribuiranno la paternità, finché alcuni anni dopo l’esame delle pellicole originali si scoprirà con certezza l’autore. Oggi, i potenti mezzi a nostra disposizione ci permettono persino di ascoltare la conversazione tra Borman, Anders e Lovell (il terzo astronauta dell’Apollo 8), mentre la foto viene scattata.

La leggenda vuole che Earthrise sia considerata una specie di pietra di fondazione per l’ambientalismo. L’immagine di una Terra pulsante di colori immersa nell’oscurità dello spazio, disse al mondo, secondo la leggenda, la misura della sua bellezza ma anche della sua fragilità. Nella realtà le cose non andarono proprio così: Spaceship Earth è il titolo di un libro del 1965 dell’economista Barbara Ward-Jackson in cui il pianeta veniva paragonato a un’imbarcazione con risorse limitate, per esempio, ma il movimento ambientalista nasceva ancora prima grazie ai testi di divulgatori come Rachel Carson (Primavera silenziosa, il suo libro più famoso, è del ’62). Earthrise fu in qualche modo lo scatto giusto al momento giusto: proprio mentre si affermavano le prime consapevolezze circa l’importanza della salvaguardia ambientale, ci fu a disposizione l’immagine giusta per incarnare quella battaglia culturale.

Se Life l’ha inserita nelle 100 foto che hanno cambiato l’umanità, però, i motivi non sono soltanto “ecologici”. Earthrise è di fatto la prima volta in cui abbiamo visto noi stessi, con un effetto che sta a metà tra l’esperienza extracorporea – “sono uscito dal mio corpo” – e il selvaggio che trova il suo riflesso in uno specchio d’acqua. Il suo potere vertiginoso resta, forse non intatto, visto il profluvio di inquadrature esterne vere o costruite che ci sono passate davanti agli occhi, ma almeno intuibile fino a oggi.

Pale Blue Dot, 1990

Difficile ovviamente misurare gli effetti che la foto ha avuto sul pensiero e sul comportamento della nostra specie, ma è altrettanto difficile pensare che non ce ne siano stati, non tanto in termini pratici, quanto più probabilmente psichici. Insieme a “Blu Marble” (la classica immagine del globo) del ’72 e alla più impressionante “Pale Blue Dot” del ’90, in cui la Terra, vista dal Voyager a sei miliardi di chilometri di distanza, appare come un microscopico puntino blu, “Earthrise” è una delle tre foto spaziali più importanti della storia: al tempo stesso un meraviglioso reperto culturale e una fiammella che continua a illuminare la nostra immaginazione.

Cinquant’anni fa, si diceva, l’uomo vedeva per la prima volta se stesso. Cinquant’anni dopo, in un’epoca in cui l’esistenza della vita extra-terrestre non è mai sembrata così possibile, nell’anno in cui un pezzo di pietra oblungo è stato interpretato come il messaggio di una civiltà aliena, “Earthrise”, nella sua inquietante polarità (buio/luce) incarna più decisamente un’altra possibile interpretazione: “qualcuno ci guarda”. Non lo sappiamo ancora, ovviamente, ma chissà se tra cinquant’anni ancora non avremo una prova visiva che sposterà il nostro sguardo da noi agli altri da noi. Se dovesse riaprire, Life potrebbe inserirla senz’altro nelle 100 immagini che hanno cambiato l’umanità.

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