L’ex marito di Gisèle Pelicot ha contraddetto uno degli accusati che sosteneva di non sapere che la donna fosse stata sedata
Husamettin Dogan, uno dei 51 condannati nel primo processo, aveva fatto appello eccependo di non sapere che la donna fosse stata drogata dal marito.

Il caso degli stupri di gruppo avvenuti ai danni della settantunenne Gisèle Pelicot dal 2011 al 2020 ha scosso la Francia e il mondo intero. Ora, durante il secondo giorno del processo d’appello a Nîmes, è tornato in aula l’ex operaio edile Husamettin Dogan. L’uomo, l’unico ad aver fatto appello dei 51 condannati nel primo processo, con una pena detentiva di 9 anni, ha dichiarato di non sapere che la donna fosse stata drogata dal marito e che, tutti gli atti fossero consenzienti. L’ex marito Dominique Pelicot, già condannato a vent’anni di carcere in isolamento (la massima pena prevista per questi casi dall’ordinamento francese) ha invece testimoniato che Dogan era pienamente consapevole delle condizioni della vittima.
Come scrive il New York Times, gli esperti intervenuti in aula hanno riferito che Dogan sosteneva di essere stato ingannato e convinto di partecipare a un rapporto consenziente. Tuttavia, i filmati raccolti dagli investigatori lo mostrano mentre rimane per ore nella casa della coppia, abusando della donna più volte. Durante il processo, il signor Pelicot ha affermato di aver detto chiaramente al signor Dogan di aver drogato sua moglie e di avergli spiegato tutte le regole che seguiva regolarmente per assicurarsi che lei non si svegliasse durante gli stupri, tra queste «niente tabacco, niente profumi, lavarsi le mani con acqua calda, niente violenza e che tutto sarebbe stato filmato. Le immagini e le conversazioni tra Pelicot e gli altri uomini coinvolti dimostrano che l’ex marito organizzava regolarmente incontri di questo tipo, invitando sconosciuti attraverso un sito online poi chiuso.
All’esterno del tribunale di Nîmes, centinaia di persone si sono radunate per sostenere Gisèle Pelicot, oggi settantaduenne, divenuta simbolo di una battaglia nazionale contro la cultura dello stupro e la “sottomissione chimica”. Il suo caso ha spinto la Francia a riformare la definizione legale di consenso e a introdurre nuove linee guida sull’educazione sessuale.

Troppo spesso nel discorso sulla violenza di genere si finisce a parlare di mostri o di pervertiti, di devianze e di eccezioni. I tanti fatti di cronaca, invece, ci dicono tutt'altro, ormai da anni.

Ma anche se prendesse non cambierebbe nulla, perché Fred Ramsell, neo Premio Nobel per la Medicina, il telefono lo ha anche spento.