Una strana estate italiana

Meno cosmopoliti ed esterofili, cosa faranno gli italiani per le vacanze dell'era Covid-19.

24 Giugno 2020

In Liguria ci si bacia tantissimo, almeno a ponente. Sulla guancia, bocca, nei vicoli, in spiaggia. Che se in città indossare la mascherina è diventato motivo di strazio, emblema di martirio – non potevamo desiderare compagnia migliore dell’anticiclone delle Azzorre per l’ingresso nell’estate – tra i lidi bastano nove minuti di afa all’ombra del baracchino della Gianna per desistere definitivamente dal piantarsela in faccia. C’è anche chi osa ancora presentarsi stringendoti la mano, forma preistorica di cortesia che a Milano è stata rinnegata da almeno quattro mesi, in Lombardia ci si saluta come nella scena dell’addio alla stazione in Frankenstein Junior, gomito a gomito. Ma è bello per questo, abbiamo recuperato un po’ di leggerezza, che per alcuni sarà certo negligenza, nonostante ci sia il gel disinfettante su tutti i tavolini. Ed è per una simile serie di motivi (anche), che quest’anno abbiamo deciso di rimanere in Italia, in Liguria, in Toscana, Puglia, Sardegna, Sicilia e Campania, tra le mete più vagheggiate e scelte dagli italiani per questo 2020.

Stando a quanto emerge da una ricerca di Quorum/YouTrend per Wonderful Italy infatti, il 50 per cento delle persone è sicura di partire (se non è già partita), e un altro 25 per cento ci sta pensando: destinazione preferita, nove volte su dieci, l’Italia – il decimo opterà probabilmente per la Grecia o le Baleari, non ci sposteremo più in là. Ci muoveremo in auto, verso la seconda casa al mare o in direzione di quella affittata appositamente per trascorrerci le ferie in famiglia e con gli amici – o da soli, a lavorare da remoto. Immaginandoci, come lo stiamo facendo da tempo, a guidare tra le cale e i dammusi di una Pantelleria battuta dallo scirocco, o in una grande casa in cui poter trovare rifugio leggendo, prendendo il sole, tuffandosi in piscina e vagando spesso nudi per le stanze come in un film di Guadagnino. «La ricerca conferma quanto stiamo verificando nella realtà in queste settimane, c’è una grandissima richiesta da parte di famiglie italiane di case in affitto», aveva spiegato Michele Ridolfo, Ceo di Wonderful Italy, e c’è chi ha scritto e detto che quest’estate sarà simile a quelle degli anni ’80 e ’90, con noi, gli italiani, tutti in Italia: a imboscarci su qualche spiaggia della Sardegna come il bagnino Marco e Barbara Snellenburg in fuga da Frederick di Sassonia, fare come i villeggianti di Ferie d’agosto e passare le ore a scambiarci opinioni politiche davanti a una cedrata a Ventotene, al confine tra il Lazio e la Campania.

Ci siamo già chiesti cosa faremo e dove andremo – «Andremo al mare quest’estate», ce lo aveva assicurato ad aprile anche il sottosegretario al ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Lorenza Bonaccorsi – e nel giro di qualche settimana sono iniziate ad affiorare su Instagram le stories in diretta da qualche masseria pugliese, “Orgogliosa di essere italiana”, “Estate Italiana”, si legge sotto ai post pubblicati da Ostuni, Rimini e Viareggio, come se, per una questione di necessità, sul tema vacanze avessimo riscoperto un nuovo umanesimo, una “nuova Italia” che in realtà esiste da sempre, con una sorta di patriottismo  forzato dagli eventi, anche per quelli tra noi che da sempre si considerano più esterofili. Un’estate fa ce ne andavamo tutti in Thailandia, oggi fatichiamo a reperire un monolocale in affitto a Vernazza.

A proposito di questa tendenza, del riconsiderare il proprio Paese per virtù e necessità, l’Atlantic ha scritto che l’estate 2020, sia in relazione all’argomento vacanze sia a livello geopolitico, potrebbe avere un forte impatto sul nostro essere così tanto cosmopoliti come lo siamo stati fino ad ora. Nonostante dal primo luglio l’Unione Europea riaprirà le frontiere esterne, «non ci sposteremo. L’Europa è stata il cuore di questa bellissima convinzione di un “mondo senza confini” […] Ma il cosmopolitismo, viaggiare, è diventato profondamente confuso nell’era del Covid-19, e ora che i Paesi stanno riaprendo quasi arbitrariamente, in modi che sembrano determinati più dalla necessità di riavviare il turismo che dai tassi di infezione, non ci resta che rimanere dove siamo, spostarci di poco». Spaesati.

Un’estate italiana, anni ’80, di sorpassi in macchina nelle mattine torride, lunghe tavolate nei cortili, anche il Guardian consiglia la Val di Vara, «ideale per ottime passeggiate all’aria aperta», e poi andare al mare con prudenza – nelle spiagge non organizzate la sorveglianza è difficile, essendo spazi di libero accesso (ma anche nelle spiagge private è complicato, in Liguria dopo la terza fila di ombrelloni sei in Piemonte) ma potremmo considerare positivamente alcune delle misure di distanziamento adottate tra i lidi, tra divisori in plexiglass, prenotazioni online, qualche sacco di tela sulla sabbia: saremo più distanti. Alcune cose non cambieranno mai, i vecchietti igienisti a fare i bagni all’alba e ginnastica (ma quest’anno da soli) sulla riva, Chiara Ferragni a Portofino, altre si sono esacerbate, come quelli che li vedi, che si sentono montanari ma amano il mare e la spiaggia è per loro da sempre un luogo in cui sono cresciuti in un bipolarismo che li ha formati, sono gli unici che restano sotto l’ombrellone con la mascherina, cappello, maglietta, ripudiano qualsiasi scambio interpersonale.

La verità è che molto probabilmente, la stragrande maggioranza di noi rimarrà in Italia, ma nel luogo in cui vive, evitando di spostarsi del tutto. Anche i tormentoni estivi, almeno i primi, quelli del post “Despacito”, la Macarena, l’Asereje, la Danza Kuduro, Bangkok, tra il cielo e la savana, si stanno adeguando alla nostra situazione. Come Elodie con “Guaranà”, non vede più Bali ma Porta Venezia, «sale il fumo dall’asfalto e l’ombra si nasconde, giro sospesa nei quartieri quanto è bella Milano senza veli». Attendiamo solo Giusy Ferreri per averne conferma.

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