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Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.
Trump si è complimentato con il Presidente della Liberia per il suo inglese, non sapendo che in Liberia l’inglese è la prima lingua Joseph Boakai, nonostante l'imbarazzo, si è limitato a spiegargli che sì, ha studiato l'inglese nella sua vita.
Ed Sheeran si è dato alla pittura e ha provato a imitare Jackson Pollock con risultati abbastanza discutibili Ma almeno si è sforzato di tenere "bassi" i prezzi delle sue "opere": meno di mille sterline a pezzo, che andranno tutte in beneficienza.
Dopo l’ultimo aggiornamento, Grok, l’AI di X, ha iniziato a parlare come un neonazista In una serie di deliranti post uno più antisemita dell'altro, Grok è pure arrivato a ribattezzarsi "MechaHitler".
La novità più vista su Netflix è un documentario su una nave da crociera coi bagni intasati Si intitola Trainwreck: Poop Cruise, è in cima alla classifica negli Stati Uniti ed è popolarissimo anche nel resto del mondo.

Ha perso l’Europa?

La stampa internazionale e i giornali italiani descrivono due elezioni diverse: per Guardian, New York Times e Le Monde è stato soprattutto un voto anti-Ue.

05 Marzo 2018

In Italia stiamo ancora a scervellarci per capire chi ha vinto, o se non altro chi sarà il primo a ricevere il mandato esplorativo da Mattarella: Salvini o Di Maio? Ma all’estero hanno le idee piuttosto chiare: hanno vinto gli euroscettici. A leggere la stampa internazionale si direbbe che l’opposizione all’Europa e alla moneta unica sia stato un tema determinante in queste elezioni. Prendiamo il New York Times: Jason Horowitz scrive che le urne «mostrano che i partiti che sono andati bene condividevano una qualche gradazione di scetticismo verso l’Unione europea» e che «il risultato più probabile sarà un governo meno impegnato nel progetto di un’Europa unita». Stephanie Kirchgaessner rilancia sul Guardian: «La maggioranza degli elettori italiani ha espresso il sostegno a candidati euroscettici». Poi c’è Cécile Ducourtieux su Le Mondeè «una vittoria dei partiti euroscettici» che «va a complicare i progetti di riforma voluti da Macron».

Che i due vincitori – Salvini e, appunto, Di Maio – abbiano un rapporto quanto meno difficile con l’Europa come istituzione, questo nessuno lo nega. Infatti, parlando all’indomani del voto, il leader leghista ha detto che la fine della moneta unica è vicina. Però a leggere i media nostrani sia ha l’impressione che l’anti-europeismo non sia stato un tema così centrale in queste elezioni. Su Repubblica, per esempio, Stefano Folli parla di «bipolarismo populista», ma accenna solo tangenzialmente all’euroscetticismo che accomuna Lega e Cinque Stelle, e per di più col periodo ipotetico: «Le forze che si richiamano con convinzione all’Europa potrebbero essere minoritarie o comunque non dominanti nel nuovo Parlamento». Sullo stesso giornale Filippo Ceccarelli parla della nascita di una Terza Repubblica sotto il segno di Di Maio e Salvini, ma non menziona l’antipatia dei due per Bruxelles. Anche il Corriere della Sera, almeno nei suoi pezzi principali, non si sofferma sul sentimento anti-europeo. A pagina 3 Francesco Verderami firma un’analisi sullo «scenario di un esecutivo populista» dove si affronta la possibilità di un governo a guida Lega oppure di uno a guida pentastellata, senza un riferimento alle posizioni anti-Ue delle due formazioni populiste (e, se è per quello, senza stare bene a ricapitolare che cosa le rende populiste). A pagina 8 Dario Di Vico analizza il successo della Lega partendo dal binomio «tasse e immigrazione» (pure qui, niente Ue).

Dunque, abbiamo due approcci separati. Da un lato ci sono i media italiani, che leggono il successo di Lega e Cinque Stelle in termini di vittoria di un populismo che – molto incidentalmente – è anche anti-europeista. Dall’altro c’è la stampa straniera che legge tutto questo soprattutto come una vittoria dell’anti-europeismo. Chi ha ragione? Forse la contraddizione è solo apparente. La prima ragione è che, ovviamente, la stampa straniera si rivolge a un pubblico, guarda un po’ straniero, e dunque è normale che si concentri sugli aspetti più internazionali di queste elezioni, a differenza dei giornali italiani. Un altro fattore da considerare, poi, è che i due partiti in questione (i pentastellati molto più della Lega, a dire il vero) hanno confuso le acque su questo tema. Insomma, prima i Cinque Stelle volevano un referendum sull’euro, poi non lo volevano più, e il risultato è che, davanti a questi cambi d’idea continui, si crea uno sdoppiamento di prospettiva: chi segue la politica italiana troppo da vicino, cioè i media nostrani, tende a sovra-complicare (beh, non sono poi così euroscettici…), mentre chi la segue da lontano, la stampa estera, tende a sovra-semplificare (sono populisti, ergo ce l’hanno con Bruxelles e chiudiamola lì).

Esiste però anche un terzo fattore, prettamente stilistico, che aiuta a capire come mai New York Times e Guardian hanno tanto battuto sulla corda dell’euroscetticismo mentre Corriere e Repubblica l’hanno (quasi) ignorato. Per tradizione giornalistica, da noi i media, e specie quelli cartacei, non tendono a spiegare le cose: quando scrive di «populisti» su Repubblica, Verderami non sta lì a spiegare cosa sono i populisti, dunque non parla di euro-scetticismo per la stessa ragione per cui non parla degli altri elementi che identificano un partito populista, come l’anti-elitismo o il rifiuto dell’immigrazione. Infine, ci sarebbe un altro discorso da fare sul rapporto tra causa effetto. Un conto è determinare se il rifiuto dell’Europa abbia giocato un ruolo importante nel successo di Cinque Stelle e Lega, un altro è capire se questo successo di Cinque Stelle e Lega avrà un impatto negativo sull’Unione europea. Come giustamente notava Cas Mudde, il politologo olandese trapiantato negli Usa che negli ultimi anni è diventato uno degli esperti più ascoltati sui populismi di destra, questa elezione non è stata certo un referendum sull’Europa, e i suoi colleghi che l’hanno letta come tale sbagliano di grosso. Che però rischi di portare seri guai a tutta l’eurozona, questo è purtroppo un altro paio di maniche.

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