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Un giornalista italiano è stato licenziato per una domanda su Israele fatta alla Commissione europea Gabriele Nunziati ha chiesto se Israele dovesse pagare la ricostruzione di Gaza come la Russia quella dell'Ucraina. L'agenzia Nova lo ha licenziato.
Lo Studio Ghibli ha intimato a OpenAI di smetterla di usare l’intelligenza artificiale per creare brutte copie dei suoi film Assieme ad altre aziende dell'intrattenimento giapponese, lo Studio ha inviato una lettera a OpenAI in cui accusa quest'ultima di violare il diritto d'autore.
Nel suo discorso dopo la vittoria alle elezioni, il neosindaco di New York Zohran Mamdani ha sfidato Donald Trump Nelle prime dichiarazioni pubbliche e social, il neosindaco ha anche ribadito la promessa di ridisegnare NY a misura di migranti e lavoratori.
Ogni volta che va a New York, Karl Ove Knausgård ha un carissimo amico che gli fa da cicerone: Jeremy Strong E viceversa: tutte le volte che l'attore si trova a passare da Copenaghen, passa la serata assieme allo scrittore.
È uscito il trailer di Blossoms Shanghai, la prima serie tv di Wong Kar-wai che arriva dopo dodici anni di silenzio del regista Negli Usa la serie uscirà il 24 novembre su Criterion Channel, in Italia sappiamo che verrà distribuita su Mubi ma una data ufficiale ancora non c'è.
È morta Diane Ladd, attrice da Oscar, mamma di Laura Dern e unica, vera protagonista femminile di Martin Scorsese Candidata tre volte all'Oscar, una volta per Alice non abita più qui, le altre due volte per film in cui recitava accanto alla figlia.

Emanuele Trevi e l’arte di raccontare un’amicizia

In Due vite, lo scrittore mostra come due esistenze apparentemente normali possono diventare una straordinaria materia romanzesca.

22 Giugno 2020

Gli scrittori che scrivono di altri scrittori sanno di percorrere un sentiero rischioso, pronto a franare al primo passo falso negli abissi della noia e ombelicalità, anche se sono scrittori, o gente che si occupa e circonda di vari tipi di scritture, anche quelli che stanno leggendo. Se penso a chi è riuscito a evitare quelle frane, senza rifletterci troppo, mi appaiono la luminosa figura di Bolaño con i suoi poeti che sono in realtà pirati alcolizzati e senza freni, o più di recente i tentativi sperimentali e coraggiosi di raccontare gli anni Zero di Ben Lerner. Poi, lontana da tutto questo, c’è la grazia profonda di libri come Due vite di Emanuele Trevi, compassato come un pomeriggio d’estate.

Non c’è molto da dire, sul soggetto di Due vite: Trevi racconta le vite di due amici scrittori, Rocco Carbone e Pia Pera, entrambi sì scrittori ma soprattutto amici – tra di loro, e dell’autore – morti prematuramente per, rispettivamente, un incidente stradale e una malattia. Non importa che il lettore si ricordi dei loro libri, o delle loro esistenze, e d’altra parte non è una celebrazione, questa: ci pensa Trevi a guidare il lettore alla scoperta di due vite che non hanno apparentemente niente di straordinario – non sono Giovanna d’Arco, o Napoleone – esplorando, in un esercizio tra il chirurgico e l’impressionista, l’arte di raccontare un’amicizia.

Mi sembra che potrebbe essere difficile convincere un potenziale lettore della meraviglia – mentre scrivo queste righe sono ancora febbricitante di quell’esaltazione che ti lascia la letteratura quando è tagliata benissimo – di questo piccolissimo libro, e mi viene da ripetere la parola “grazia”, che ho già usato poco sopra, come ingrediente fondamentale. Delicatezza, anche: Due vite sembra un esercizio o una sfida di Trevi con se stesso. Dice: adesso prenderò una persona, o il ricordo che serbo di quella persona, e lo srotolerò sul tavolo della letteratura, puntando la torcia su ogni anfratto di quel carattere, cercando di ricordare e ordinare ogni risata e ogni pianto, ogni piccolo litigio, ogni gita in campagna e pizza davanti alla tv. Non è strutturalismo, ma il procedimento da cui parte è simile. Solo, qui la scienza non c’entra nulla, ma si usano invece la memoria, la gentilezza, la poesia.

«Come è possibile che conteniamo in noi tante cose così disarmoniche e spaiate, manco fossimo vecchi cassetti dove le cose si accumulano alla rinfusa, senza un criterio?», si chiede Trevi. In Due vite sembra voglia mettere in fila tutta questa disarmonia che riempie le vite – comunque affascinanti – di Rocco Carbone e Pia Pera – non per fare ordine, ma per vedere tutto, tutto quello di cui erano fatti questi amici così cari.

È quindi avvincente, oltre che delicato: ma più volte mi sono chiesto, leggendo e sottolineando e appuntando pagina dopo pagina, se non siano avvincenti, a loro modo, tutte le vite di tutti: la risposta è scontata, certo che sì, ad avere la cura (buddhista? Sì, anche: la spiritualità è sempre maneggiata da Trevi nel migliore dei modi, moderno e intelligente) di essere sempre attenti e consapevoli.

Trevi parte sempre dal particolare – un episodio occorso a Rocco Romano o Pia Pera – per ragionare sull’universale e rendere il libro anche una riflessione sulla «arte impossibile di capire la vita» (come dice lui stesso). Come nella frase riportata poco sopra, o come quando ragiona sull’incidente motoristico che ha ucciso Carbone, pensando: «Che cos’è un incidente? Senza alcun dubbio, qualcosa di refrattario a ogni forma di racconto. Libero dal vincolo della necessità, gratuito, imprevedibile, accade non smettendo però di ricordarci che poteva benissimo non accadere», e viene da pensare che, se usassimo tutti una simile attenzione analitica e sentimentale per vedere dentro le vite di chi chiamiamo amici, vivremmo vite più attente, magari non più felici ma, a costo di ripetermi, piene di grazia.

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