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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
Aphex Twin ha caricato a sorpresa su SoundCloud due nuovi brani ispirati a una vacanza in Sicilia Le tracce sono comparse a sorpresa e sarebbero state ispirate da una vacanza italiana del musicista, intristito dalla pioggia autunnale.
Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

Tutto il mondo con Dolly Parton

Chi è e perché continua a piacere tanto la star del country autrice del primo meme del 2020.

27 Gennaio 2020

Entrò in scena nel sedicesimo episodio della prima stagione di Hanna Montana, e fu quasi un momento epifanico. Non che riuscisse a evocare ricordi passati come una madeleine, ma qualcosa nascosto tra quella cofana bionda da Brigitte Bardot e la sua maglietta di lurex, in una speciale fibra ultraelastica progettata probabilmente dalla Nasa per qualche strana missione spaziale, ci fece vibrare le corde del cuore. Non è un caso che la star della musica country Dolly Parton, incastonata sin da allora nella testa delle millennial con un abbonamento a Disney Channel, abbia deciso di intitolare la serie tv dedicata a raccontare i retroscena delle sue canzoni proprio: Le corde del cuore, su Netflix dallo scorso dicembre. Perché per ogni generazione, nei suoi oltre 50 anni di carriera Dolly, classe 1946, è riuscita a occupare una posizione rilevante tra i personaggi cardine della cultura pop, riemergendo dai campi agricoli del Tennessee dove è venerata per ampliare il proprio pubblico. Più che una madeleine, un piatto di costine di maiale affumicate e annegate nella salsa agrodolce. Capace di evocarci quelle passeggiate a cavallo mai fatte tra gli alberi del Big Bend National Park del Texas, e i mercoledì sera trascorsi a saltare nei balli di gruppo Country Western, agitando la gonna e ammiccando al tipo che sta sul fondo del palco a suonare il banjo.

Dolly Parton, oracolo della chirurgia estetica estrema. Madrina di Miley Cyrus, guru delle unghie a stiletto e dei tradimenti coniugali trasformati in un giro di accordi. Per festeggiare i suoi 2,5 milioni di follower su Instagram, ha dato vita a una sfida virale – trasformatasi al solito in forma di isteria collettiva – che in poche ore ha coinvolto numerosi utenti. Per la #dollypartonchallenge è bastata una griglia di quattro fotografie, diverse in relazione al social a cui si ispirano, tra LinkedIn, Facebook, Instagram, Tinder. Ovvero: un’immagine abbottonata per la prima applicazione (con tanto di matita tra i capelli come nel suo film Dalle 9 alle 5 orario continuato, con Jane Fonda e Lily Tomlin), una più friendly per la seconda, una in bianco e nero per Instagram e lo scatto dalla cover di Playboy del 1978 per l’app di incontri. «Prendi una donna che sappia fare tutto», scrive nella didascalia. Per far sì che il morbo si diffondesse, sono stati necessari pochi minuti.

Naomi Campbell, Jennifer Garner, Ellen DeGeneres. E poi, Will Smith, Kyle McLachlane, ventenni e dodicenni da ogni parte del mondo, tanto che «Parton sembra essere diventata la nuova e prima regina dei Meme del 2020», scrive Paper Magazine. Gente che ha partecipato alla challenge usando le foto del proprio animale domestico, della propria auto, di madri, nonne, torte, mentre noi ci auguriamo: «Speriamo sappiano almeno chi sia Dolly Parton».

Dolly Rebecca Parton, romantica e audace Madonna del sud degli Stati Uniti. La cantante country per eccellenza, nota per quegli album in testa alle classifiche da decenni, per i gilet di pelle decorati con le rose e la dedizione alle cause umanitarie (è fondatrice di numerosi centri di riabilitazione per tossicodipendenti), è la madre di un immaginario in cui almeno per un momento ci siamo riconosciuti o avremmo voluto riconoscerci. Anticipatrice di fenomeni come la chitarra acustica di Taylor Swift, del disco Golden Hour di Kacey Musgraves e delle cavalcate selvagge sulla “Old Town Road” di Lil Nas X, «l’ombra che ha lasciato sin dai primi successi sulla cultura americana e musicale è tutt’ora lunghissima», sottolinea il Guardian, spiegando l’importanza dell’icona dello spettacolo made in USA capace, con i suoi ricci biondi, di conquistare il mondo.

«Più che la sua musica però, è la stessa Parton a persistere negli anni come personalità incredibile. Qualcuno che il pubblico possa idolatrare per il suo atteggiamento, per come si sia rialzata in alcuni momenti della sua vita». Fare “di necessità virtù”, si dice. E mentre lei ha continuato nella creazione di una propria mitologia, star come Lady Gaga nell’album Joanne (in cui ne riprendeva l’estetica, le tematiche, e il ritmo country delle canzoni) l’hanno consolidata. E forse anche Beyoncé, quando in “Sorry” cantava «Becky with the Good Hair», in riferimento alla presunta amante di Jay-Z, si è ricordata della Jolene «con i capelli rossi» a cui Parton chiedeva di non portarle via il marito nel suo successo più famoso, “Jolene” del ’74.

Dopo l’apertura del suo parco di divertimenti Dollywood, a Pigeon Forge nel Tennessee, dove Parton è cresciuta insieme ai suoi 11 fratelli («Condividevamo lo stesso letto, la casa era piccolissima e spesso non avevamo da mangiare», ha ricordato al New York Times), quasi cinquant’anni dopo canzoni come “Dumb Blonde” con cui raggiunse il successo nel 1967, “Just Someone I Used to Know” e “I Will Always Love You” (rifatta da Witney Houston nel 1992), «di Dolly Parton ci ricordiamo e ricorderemo tutti», continuava Brodie Lancaster sul Guardian. «È un memoriale vivente della parabola del successo nato in condizioni di miseria, una cantante a cui dobbiamo molto». Molto, tantissimo. Un intero immaginario, la consapevolezza che andare a dormire con badilate di ombretto perlato potrebbe rovinarci la pelle, e che se la vita ti dà limoni, tu facci una limonata. Magari ci puoi pure guadagnare milioni di dollari.

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