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C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

D’Annunzio era veramente un cattivo poeta?

Nelle sale dal 20 maggio, il film di Gianluca Jodice cerca di ridare spessore alla figura del Vate, che è molto altro rispetto agli eccessi per cui lo ricordiamo.

21 Maggio 2021

Il passare dei decenni deposita una ruggine malvagia sui grandi scrittori: più entrano nel canone e acquistano spazio nelle antologie scolastiche, più le loro figure tendono a ossidarsi, si calcificano, diventano macchiette, parodie di loro stessi. Scrittori e poeti finiscono a incarnare simboli, rappresentare epoche lontane, valori oscuri, sempre più remoti. Gabriele D’Annunzio è ormai poco più che un fascista con le scarpe lucidate, un guerrafondaio, un seduttore, un esaltato cultore di soprammobili e busti di marmo, un playboy, un poeta scalmanato alla guida di auto sportive e aerei; è sempre eccessivo, vizioso e sostanzialmente ridicolo. I caratteri degli scrittori non vengono assegnati a caso, la ruggine attecchisce su dati reali e li esaspera. L’esasperazione porta a nascondere completamente il volto di ciò che vorrebbe svelare. D’Annunzio è stato un fascista convinto ma è stato anche molto altro. Restituire spessore e chiaroscuri a scrittori ridotti a icone è un lavoro infinito e meritorio. Il cattivo poeta, il film di Gianluca Jodice al cinema dal 20 maggio, aiuta a ripristinare un D’Annunzio meno generico, interpretato da Sergio Castellitto.

D’Annunzio fa parte degli autori giudicati in parte per ciò che è successo dopo la morte. Quando muore, nel marzo 1938, ha visto, sì, la Marcia su Roma, le camicie nere e l’assassinio di Matteotti, ma l’Italia non è ancora sprofondata nell’incubo: nel giro di pochi mesi arrivano le leggi razziali, Mussolini e Hitler si alleano, dopo altri mesi scoppia la Seconda guerra mondiale e i treni si dirigono verso i campi di sterminio. Il film racconta il crepuscolo di D’Annunzio, un elegante vecchio di 74 anni ritirato al Vittoriale, dimenticato, fuori dal mondo ma non abbastanza per non sentire incombere la tragedia. D’Annunzio appare timoroso e certo che qualcosa di terribile stia per accadere: considera un «primo passo verso il baratro» l’incontro tra Ciano e Hitler. È una Cassandra che percepisce la catastrofe.

Gli anni giovanili e il suo passato anarchico sono evocati nel film. Si accenna all’impresa di Fiume, ricordata come «una festa continua», con cocaina, gente nuda per strada, emancipazione femminile.  Effettivamente a Fiume si sperimenta l’idea di una nuova società, con valori a sé, libertà sessuale, sfrenatezze di ogni tipo, baldoria infinita, champagne, fuochi d’artificio notturni, poesie declamate, con elementi comuni a rivolte molto diverse tra loro. Nel libro T.A.Z. Zone temporaneamente autonome (ShaKe) di Hakim Bey, l’impresa di D’Annunzio è inserita in una tradizione di movimenti di rivolta che vanno dai pirati seicenteschi agli anarchici, dalle comuni ai figli dei fiori, dai punk londinesi fino agli hacker (il libro è una bussola per il pensiero cyberpunk). Per Hakim Bey Fiume è «l’ultima delle utopie pirata». Si tratta di controculture che si ribellano all’ordine morale del loro tempo, a Fiume circolano vegetariani e nudisti, si respira il rifiuto della famiglia borghese e delle gerarchie, come avverrà per gli hippy: Bey arriva ad associare Fiume all’insurrezione di Parigi del 1968. Sarà un caso, ma l’impresa di D’Annunzio a Fiume viene subito celebrata dai dadaisti. Dal Club Dada di Berlino inviano al Corriere della Sera un telegramma in occasione della conquista di Fiume: «Conquista grandiosa impresa dadaista», scrivono felici. I tre firmatari verranno ovviamente redarguiti, anni dopo, per aver appoggiato un poeta fascista. C’è un elemento di ludica utopia che potrebbe legare la Fiume di D’Annunzio all’Isola delle Rose di Giorgio Rosa.

Il cattivo poeta

Sergio Castellitto interpreta D’Annunzio al Vittoriale in Il cattivo poeta

Più che il solito D’Annunzio fascista è sempre interessante osservare l’impronta che lascia lui nel fascismo, Mussolini che copia le sue mosse e la sua capacità di arringare le folle, D’Annunzio inventore della politica come spettacolo, maestro di retorica, mito e modello: «In un’istantanea al mare, a piedi nudi, il corpo avvolto in un accappatoio, Marinetti sembra imitare fedelmente il D’Annunzio d’una nota foto giovanile, scattata sulla spiaggia di Francavilla in Abruzzo. Non v’è dubbio che Marinetti gli sia debitore», scrive Claudia Salaris nel bellissimo libro sull’esperienza di Fiume Alla festa della rivoluzione. Artisti e libertari con D’Annunzio a Fiume (il Mulino).

Il D’Annunzio del film di Gianluca Jodice è inquieto e saggio, emarginato e indipendente, lussurioso e moribondo. È un uomo che, finito il baccanale, vorrebbe solo che l’Italia non si andasse a schiantare. Il rapporto con Mussolini è reso nelle sue ambiguità: per Mussolini, D’Annunzio è «come un dente guasto, o lo si ricopre d’oro o lo si estirpa». Quando nel film D’Annunzio-Castellitto si aggira nel Vittoriale con l’acqua azzurra che brilla sullo sfondo, viene da pensare che, se fosse stato più fedele e romantico e più incline alle feste in casa, avremmo avuto anche in Italia il nostro Grande Gatsby (nell’estate del 1922 Gatsby è nella sua villa sulla costa di Long Island a corteggiare la sua amata, D’Annunzio è nella reggia affacciata sul Garda).

È inevitabile associare il miscuglio di stima e insofferenza tra Mussolini e D’Annunzio allo stesso miscuglio che legava Curzio Malaparte e Mussolini. Malaparte, l’altro scrittore dandy italiano, l’altro fascista, l’altro mitomane, l’altro che ama lanciarsi con il corpo nel flusso tumultuoso della storia. Poco prima della morte di D’Annunzio, Malaparte comincia a costruire la sua villa a Capri: e così «Vittoriale e Controvittoriale si fronteggiano dal Nord a Sud dello stivale da tre quarti di secolo, come due fratelli separati che si salutano, in piedi sulle altrui rovine», scrive Maurizio Serra nella biografia Malaparte. Vite e leggende (Feltrinelli).

D’Annunzio ha anticipato i pericoli del Novecento, è perfetto per osservare quanto sia scivoloso semplificare personalità intemperanti, irregolari, eccessive. Ogni film che affronta la vita di scrittori inafferrabili – Leopardi del Giovane favoloso, Sibilla Aleramo e Dino Campana di Un viaggio chiamato amore, Keats di Bright Star, C. E. Lewis di Viaggio in Inghilterra – ha l’effetto di un antiruggine, lavora a suo modo a riscrivere la leggenda, complicare lo stereotipo. Certo nessuno sembra in grado di decifrare gli scrittori come fanno loro stessi negli epistolari. Ecco cosa dice D’Annunzio nella lettera da cui è tratto il titolo del film, del 20 maggio 1879: «Sono insofferente di qualunque giogo: pronto all’ira ed alle offese quanto al perdono: leale e sprezzatore acerrimo dei vili: avverso per lo più a tutto quello che fa il mondo: amatore ardente dell’Arte nuova e delle donne belle: singolarissimo nei gusti: tenacissimo nelle opinioni: schietto fino alla durezza, prodigo fino allo sciupio: entusiasta fino alla follia…Che più? Ah! Avevo dimenticato una cosa: son cattivo poeta e intrepido narratore di sogni».

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