16:20 venerdì 20 giugno 2025
Tutto il patrimonio artistico di Teheran e Tel Aviv che poteva essere messo al sicuro è già stato messo al sicuro Il problema, però, è quella parte del patrimonio culturale dei due Paesi che non può essere spostata. Solo in Iran ci sono 28 siti Unesco impossibili da proteggere.
Le notifiche del telefono fanno male e adesso c’è anche una ricerca che lo dimostra Si chiama alert fatigue e tante persone hanno già deciso come affrontarla: disattivando tutte le notifiche, sempre.
Il sindaco di Budapest ha detto che il Pride in città si farà nonostante il divieto di Orbán «Il Municipio di Budapest organizzerà il Budapest Pride il 28 giugno come evento cittadino. Punto», le sue parole.
Francis Kaufmann/Rexal Ford ha ricevuto quasi un milione di euro dal Ministero della Cultura per girare un film che non ha mai girato Lo ha rivelato un'inchiesta di Open: l'uomo è riuscito ad accedere ai fondi del tax credit, senza mai girare nemmeno una scena.
Skims sta inviando soldi via PayPal a centinaia di clienti senza dare alcuna spiegazione Tutto è cominciato con un tiktok, a cui ne sono seguiti decine e decine. Adesso, gli investigatori di internet stanno cercando di svelare il mistero.
La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.
David Fincher vuole salvare Mindhunter trasformandola in una trilogia di film Lo ha rivelato l'attore Holt McCallany, uno dei due protagonisti della serie. A suo dire, ci sarebbero degli sceneggiatori già al lavoro.
Una delle analisi più sensate della guerra tra Israele e Iran l’ha fatta Jafar Panahi su Instagram Il regista ha postato un lungo messaggio, in cui condanna sia il governo israeliano che il regime iraniano.

Cottura a fuoco Letta

Il grande sconfitto di ieri è sicuramente Berlusconi. Ma neanche Renzi e il bipolarismo, con sfumature molto diverse, se la passano benissimo.

03 Ottobre 2013

Roma – Senza volerci girare troppo attorno, i due grandi sconfitti che si intravedono dietro la vittoria ottenuta ieri in Senato e alla Camera dalla nuova coppia del gol post-democristiana Angelino Alfano ed Enrico Letta, sono senza ombra di dubbio da un lato Silvio Berlusconi, leader prossimo alla decadenza, e con un piede ormai fuori dal Senato e un altro dentro i servizi sociali, e dall’altro, seppure per ragioni diverse, Matteo Renzi.

Per Berlusconi la questione è semplice e non ci vuole molto a capire perché l’ex leader del centrodestra è uscito male dalla giornata di ieri. Mercoledì due ottobre duemilatredici sarà una data che nei libri di storia verrà ricordata come il giorno in cui Berlusconi scoprì che il centrodestra italiano, quello della seconda repubblica, ha scelto di investire su un progetto diverso rispetto a quello del Cavaliere: e da ieri, in effetti, la novità politica è che esiste una grande coalizione che, in linea teorica, può fare a meno dei voti di Berlusconi. Da qui a dire però che il giaguaro è stato smacchiato ancora ce ne vuole: perché le risorse del Cavaliere sono infinite e perché il Cavaliere ogni volta che si ritrova all’opposizione trova regolarmente una nuova forza vitale. Ma se questo governo avrà la forza di andare avanti, di governare oltre il 2015, di dettare l’agenda all’esecutivo, di imporre dall’interno di Palazzo Chigi un progetto capace di disarmare il centrosinistra, per Berlusconi, anche nel caso in cui sua figlia Marina dovesse scendere in campo, la strada per la resurrezione questa volta potrebbe essere meno agevole di tutte le altre volte.

Quanto a Renzi, la questione è più complicata e forse più sottile ma non bisogna perdere di vista le dinamiche di questi giorni e bisogna andare al sodo. Se è vero che questo è un governo che vuole favorire e incentivare la nascita di un partito di centrodestra capace di scrivere il primo capitolo del post-berlusconismo italiano è anche vero che la storia che questo governo ha un orizzonte temporale legato alla fine del semestre europeo, i famosi “diciotto mesi” a cui Letta fece riferimento a maggio nel suo discorso di insediamento, è una storia falsa, un bluff, un piccolo e giustificato imbroglio che ha reso più dolce la pillola ingoiata da Renzi qualche giorno fa a Palazzo Chigi, quando il sindaco ha dato il suo via libera all’operazione Napolitano-Letta-Alfano. Operazione che in realtà nasconde una verità diversa: questo governo, se dopo la decadenza di Berlusconi riuscirà a stimolare un esodo significativo di parlamentari da Forza Italia ai nuovi nascenti (?) gruppi parlamentari, avrà i numeri per governare a lungo. E più questo governo durerà, più saranno le trappole che il sindaco di Firenze troverà sul suo percorso.

Intendiamoci: in questa fase il Rottamatore non poteva far altro che offrire il suo sostegno a Letta e non poteva fare altro che muoversi cercando di togliersi di dosso l’immagine del Pierino che vuole far saltare tutto. Ed è vero: un governo che dà garanzia di durare ancora offre al sindaco la possibilità di conquistare la segreteria del Pd (8 dicembre). Ma se Renzi si illude che questo governo avrà necessariamente vita breve, e intende calibrare il suo percorso su una strategia di breve durata, rischia di commettere un errore. Perché se il governo Letta-Alfano-Franceschini-Lupi nascerà davvero, e avrà i numeri per governare, Renzi deve capire che questo esecutivo, oltre a far fuori Berlusconi, avrà anche l’obiettivo di far fuori il grande e possibile rottamatore del governo. E da oggi in poi si può dire che Letta, nonostante tutte le promesse fatte a Renzi nel colloquio di martedì scorso, farà di tutto, insieme con Alfano, per mettere sulla graticola i due gemelli del bipolarismo italiano: da un lato Berlusconi, dall’altro Renzi. Cottura a fuoco lento. O meglio. Cottura a fuoco Letta.

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