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Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.
La prima puntata del podcast di Charlie Kirk dopo la sua morte è stata trasmessa dalla Casa Bianca e l’ha condotta JD Vance Il vicepresidente ha ribadito che non ci può essere pacificazione con le persone che hanno festeggiato o minimizzato la morte di Kirk.
Tra i candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film usciti in Italia quest’anno Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.

Cottura a fuoco Letta

Il grande sconfitto di ieri è sicuramente Berlusconi. Ma neanche Renzi e il bipolarismo, con sfumature molto diverse, se la passano benissimo.

03 Ottobre 2013

Roma – Senza volerci girare troppo attorno, i due grandi sconfitti che si intravedono dietro la vittoria ottenuta ieri in Senato e alla Camera dalla nuova coppia del gol post-democristiana Angelino Alfano ed Enrico Letta, sono senza ombra di dubbio da un lato Silvio Berlusconi, leader prossimo alla decadenza, e con un piede ormai fuori dal Senato e un altro dentro i servizi sociali, e dall’altro, seppure per ragioni diverse, Matteo Renzi.

Per Berlusconi la questione è semplice e non ci vuole molto a capire perché l’ex leader del centrodestra è uscito male dalla giornata di ieri. Mercoledì due ottobre duemilatredici sarà una data che nei libri di storia verrà ricordata come il giorno in cui Berlusconi scoprì che il centrodestra italiano, quello della seconda repubblica, ha scelto di investire su un progetto diverso rispetto a quello del Cavaliere: e da ieri, in effetti, la novità politica è che esiste una grande coalizione che, in linea teorica, può fare a meno dei voti di Berlusconi. Da qui a dire però che il giaguaro è stato smacchiato ancora ce ne vuole: perché le risorse del Cavaliere sono infinite e perché il Cavaliere ogni volta che si ritrova all’opposizione trova regolarmente una nuova forza vitale. Ma se questo governo avrà la forza di andare avanti, di governare oltre il 2015, di dettare l’agenda all’esecutivo, di imporre dall’interno di Palazzo Chigi un progetto capace di disarmare il centrosinistra, per Berlusconi, anche nel caso in cui sua figlia Marina dovesse scendere in campo, la strada per la resurrezione questa volta potrebbe essere meno agevole di tutte le altre volte.

Quanto a Renzi, la questione è più complicata e forse più sottile ma non bisogna perdere di vista le dinamiche di questi giorni e bisogna andare al sodo. Se è vero che questo è un governo che vuole favorire e incentivare la nascita di un partito di centrodestra capace di scrivere il primo capitolo del post-berlusconismo italiano è anche vero che la storia che questo governo ha un orizzonte temporale legato alla fine del semestre europeo, i famosi “diciotto mesi” a cui Letta fece riferimento a maggio nel suo discorso di insediamento, è una storia falsa, un bluff, un piccolo e giustificato imbroglio che ha reso più dolce la pillola ingoiata da Renzi qualche giorno fa a Palazzo Chigi, quando il sindaco ha dato il suo via libera all’operazione Napolitano-Letta-Alfano. Operazione che in realtà nasconde una verità diversa: questo governo, se dopo la decadenza di Berlusconi riuscirà a stimolare un esodo significativo di parlamentari da Forza Italia ai nuovi nascenti (?) gruppi parlamentari, avrà i numeri per governare a lungo. E più questo governo durerà, più saranno le trappole che il sindaco di Firenze troverà sul suo percorso.

Intendiamoci: in questa fase il Rottamatore non poteva far altro che offrire il suo sostegno a Letta e non poteva fare altro che muoversi cercando di togliersi di dosso l’immagine del Pierino che vuole far saltare tutto. Ed è vero: un governo che dà garanzia di durare ancora offre al sindaco la possibilità di conquistare la segreteria del Pd (8 dicembre). Ma se Renzi si illude che questo governo avrà necessariamente vita breve, e intende calibrare il suo percorso su una strategia di breve durata, rischia di commettere un errore. Perché se il governo Letta-Alfano-Franceschini-Lupi nascerà davvero, e avrà i numeri per governare, Renzi deve capire che questo esecutivo, oltre a far fuori Berlusconi, avrà anche l’obiettivo di far fuori il grande e possibile rottamatore del governo. E da oggi in poi si può dire che Letta, nonostante tutte le promesse fatte a Renzi nel colloquio di martedì scorso, farà di tutto, insieme con Alfano, per mettere sulla graticola i due gemelli del bipolarismo italiano: da un lato Berlusconi, dall’altro Renzi. Cottura a fuoco lento. O meglio. Cottura a fuoco Letta.

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