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00:36 giovedì 1 gennaio 2026
Martin Scorsese ha scritto un editoriale sul New York Times in cui spiega perché Misery è il miglior film di Rob Reiner In un commosso editoriale, Scorsese ha individuato nel thriller del 1990 l’apice della filmografia del collega, ricordando la loro amicizia.
Dopo il documentario su Diddy arriverà un documentario sui figli di Diddy che parlando di Diddy Justin e Christian Combs racconteranno il rapporto col padre in una docuserie che uscirà nel 2026 e di cui è già disponibile il trailer.
La crisi climatica sta portando alla velocissima formazione del primo deserto del Brasile La regione del Sertão sta passando da arida a desertica nell'arco di una generazione: un cambiamento potenzialmente irreversibile.
L’episodio di Stranger Things in cui Will fa coming out è diventato quello peggio recensito di tutta la serie E da solo ha abbassato la valutazione di tutta la quinta stagione, nettamente la meno apprezzata dal pubblico, almeno fino a questo punto.
Il progetto europeo di rilanciare i treni notturni sta andando malissimo Uno dei capisaldi del Green Deal europeo sulla mobilità, la rinascita dei treni notturni, si è arenato tra burocrazia infinita e alti costi.
Un’azienda in Svezia dà ai suoi lavoratori un bonus in busta paga da spendere in attività con gli amici per combattere la solitudine Il progetto, che per ora è solo un'iniziativa privata, prevede un’ora al mese di ferie e un bonus di 100 euro per incentivare la socialità.
Diverse celebrity hanno cancellato i loro tributi a Brigitte Bardot dopo aver scoperto che era di estrema destra Chapell Roan e altre star hanno omaggiato Bardot sui social per poi ritirare tutto una volta scoperte le sue idee su immigrazione, omosessuali e femminismo.
È morta la donna che restaurò così male un dipinto di Cristo da renderlo prima un meme, poi un’attrazione turistica Nel 2012, l'allora 81enne Cecilia Giménez trasformò l’"Ecce Homo" di Borja in Potato Jesus, diventando una delle più amate meme star di sempre.

La nostra vita dopo il Coronavirus

Cinque articoli che provano a immaginare cosa succederà dopo la pandemia.

21 Marzo 2020

Mentre in Italia, almeno stando ai dati di cui disponiamo in questo momento, attendiamo che si raggiunga il picco dei contagi, sembra davvero difficile pensare a cosa verrà dopo. La pandemia causata dal Coronavirus che stiamo attraversando è ancora al primo, difficilissimo stadio, ma ha giù drasticamente cambiato molte delle nostre abitudini, a partire dall’isolamento forzato cui sta costringendo moltissime persone nel mondo. C’è preoccupazione per le ripercussioni economiche, tanto per cominciare, che colpiranno duramente l’Italia e tutti i Paesi coinvolti dalle misure di contenimento, ma ci sono anche paure più profonde, che riguardano il modo in cui vivremo gli spazi pubblici e la stessa socialità dopo aver sperimentato la paura del contagio in maniera così totalizzante. Abbiamo scelto cinque articoli che provano a immaginare cosa succederà quando la fase di emergenza sarà passata, da come giudicheremo le misure prese dai governi in questi giorni drammatici a come cambierà il nostro rapporto con l’elemento digitale.

“The world after Coronavirus”Financial Times
Lo storico israeliano Yuval Noah Harari ha scritto un lungo pezzo sul Financial Times in cui analizza alcuni dei problemi più cogenti che ci troveremo davanti una volta che la prima fase dell’emergenza Coronavirus sarà passata. «In questo momento di crisi, affrontiamo due scelte particolarmente importanti. La prima è tra sorveglianza totalitaria e responsabilizzazione dei cittadini. La seconda è tra l’isolamento nazionalista e la solidarietà globale», scrive Harari. In questi giorni confusi, molti governi nel mondo stanno prendendo in poche ore decisioni che normalmente avrebbero avuto una gestazione di anni, dalla necessità di passare a una digitalizzazione di massa di molte attività, dalla scuola alle attività commerciali, a quella sul controllo degli spostamenti e – come succede in Cina e come vuole fare Israele – dei parametri biometrici dei cittadini. Non c’è troppa differenza tra una risata e un colpo di tosse, avverte Harari, che auspica una cooperazione globale su questi temi. Quello tra salute e privacy sembra un dilemma distopico, ma non è mai stato più reale di così.

“Will the Coronavirus Change the Way China’s Millennials See Their Country?”New Yorker
Riportando la testimonianza di Wu Meifen, abitante della città di Zhanjiang nel sud della Cina, il New Yorker riflette su alcuni cambiamenti nel modo di considerare il proprio Paese nei giovani cinesi, dopo la pandemia da Coronavirus: un fenomeno che, scrive Jiayang Fan, potrebbe estendersi anche nel resto del mondo. «Avevo notato che, dovendo vivere isolati, ci veniva più facile esporre tutte le nostre vulnerabilità tramite i mezzi di comunicazione, nonostante noi cinesi per cultura e costume siamo siamo sempre stati molto reticenti a divulgare i dettagli intimi delle nostre vite», dice Meifen. Insieme ad alcuni amici ha aperto un canale pubblico su WeChat, la piattaforma cinese di social media e messaggistica, per documentare gli effetti del coronavirus sia sugli individui che sulla società, raccogliendo lamentele e numerose recriminazioni nei confronti del Paese. «Mentre un tempo facevamo fatica ad ammettere gli errori del nostro governo, ora è come se la nostra fiducia fosse stata erosa. E non abbiamo paura di dirlo, soprattutto noi giovani».

“We’re not going back to normal”MIT Technology Review
Gideon Lichfield scrive sulla rivista del Massachusetts Institute of Technology che l’esperienza che stiamo vivendo cambierà profondamente il nostro futuro stile di vita, e lo farà in molti modi: da come lavoriamo a come facciamo shopping, da come facciamo attività fisica a come socializziamo, da come gestiamo la sanità pubblica a come educhiamo i bambini. La prima convinzione da abbandonare è quella che finirà presto. Finché non troveremo un vaccino potremmo andare incontro a periodi intermittenti di quarantena, e quando lo troveremo dovremmo essere sicuri di aver sviluppato un sistema capace di gestire la prossima pandemia, perché è molto probabile che arriverà. Com’è successo dopo l’11 settembre, nuove misure di sicurezza verranno introdotte in tutti gli spazi pubblici, dalle palestre alle arene per i concerti, dagli aeroporti ai luoghi di lavoro. Finiremo per abituarci anche a queste misure, pur di conservare la nostra libertà di incontro con gli altri, ma allo stesso tempo dovremo metterle in discussione e vigilare perché non diventino ulteriore fonte di diseguaglianza sociale, il rischio più grande che la società post Coronavirus ha ereditato dalla precedente.

“Il virus ha eliminato le ultime resistenze alla rivoluzione digitale, ora parte la società contactless”Linkiesta
«Non è la fine del mondo. È la fine del mondo che conosciamo»: in questo articolo del 20 marzo, Christian Rocca si chiede cosa cambierà quando la crisi sanitaria e, in alcune zone, umanitaria, diventerà gestibile e ci ritroveremo a fare i conti con nuove abitudini sociali e professionali, e soprattutto, nuove esigenze. Cambieranno molte cose, e molte cose dovranno cambiare: sarà l’inizio di una “società contactless”, dalle maniglie delle porte e dai citofoni (meglio utilizzare nuovi metodi che consentano di evitare il contatto dell’uomo con le superfici: chi richiede consegne a domicilio ha già ricevuto nuove istruzioni tramite app). «Vivremo contactless, non solo per effettuare i pagamenti, ma gradualmente in tutti gli aspetti della società post Coronavirus», scrive Rocca. Perché è «come se il virus stesse eliminando fisicamente e materialmente le ultime sacche di resistenza alla rivoluzione digitale, le persone anziane e i comportamenti analogici, completando definitivamente il rovesciamento radicale del vecchio mondo causato da Internet».

“Hollywood Braces for Coronavirus Financial Hit That Could Change the Industry Forever”Variety
Sono settimane che l’industria dell’intrattenimento sta affrontando domande essenziali sulla sua sopravvivenza, tra sale cinematografiche chiuse, film di cui è stata rimanda la distribuzione e la produzione. Quanto sarà doloroso il bilancio delle chiusure sui lavoratori del nostro settore? Attraverso dati circa i titoli rimandati e alcune previsioni, Variety ha provato a delineare una panoramica di quanto potrebbe accadere. «Il botteghino del fine settimana del Nord America ha raggiunto i 55,3 milioni di dollari, i suoi livelli più bassi dal settembre 2000, e le prime vittime sono sempre i dipendenti». Si stima, infatti, che l’arresto di così tante produzioni cinematografiche e televisive che erano in procinto di iniziare, o erano in pieno svolgimento, avrà un impatto non solo sugli scrittori e sui produttori, ma anche sul personale, che non gode di alcun tipo di tutela. «Quando la grave minaccia della pandemia si attenuerà, poi, l’altra grande sfida per l’industria sarà quella di rimodellare il calendario annuale degli eventi, delle proiezioni e delle anteprime, per fare spazio a tutto ciò che è stato spinto nella metà posteriore di quest’anno e nel 2021».

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