Armati di pistole ad acqua, trolley e santini, i manifestanti sono scesi in piazza per tutto il fine settimana appena trascorso.
L’ambasciata cinese in Germania ha criticato Der Spiegel per la sua copertina sul Coronavirus

L’ambasciata cinese in Germania ha criticato la rivista tedesca Der Spiegel per la sua cover story sul Coronavirus. Sulla copertina del numero uscito in edicola sabato 1 gennaio c’è l’immagine di un uomo con una felpa con cappuccio rossa, una maschera protettiva, occhiali e auricolari e la scritta gigante «Coronavirus made in China». Come ha riportato Global Times, l’ambasciata cinese ha scritto: «Diffondere un’immagine del genere non fa niente di buono per l’epidemia ma provoca soltanto panico, accuse reciproche e persino discriminazione radicale. Disprezziamo questa mossa». Le sfide globali, hanno aggiunto, devono essere affrontate a livello globale e i media tedeschi condividono la stessa responsabilità di tutti.
Non è la prima volta che la testata tedesca viene contestata per le sue copertine: anche le cover story dedicate all’Italia destarono un certo scalpore, soprattutto quella del 1997, una generosa porzione di spaghetti condita con una pistola e il titolo: «Italia paese delle vacanze» (mentre lo strillo era: «Sequestro, scippo, estorsione»). Anche in quel caso Der Spiegel comunicava un messaggio ambiguo che, a seconda dei punti di vista, poteva essere interpretato come una presa in giro o una conferma degli stereotipi e dei pregiudizi.

È una parola vecchia che però sta tornando attuale per descrivere la straniante sensazione che tutti proviamo ormai da un pezzo: quella di dover continuare a funzionare come individui mentre il sistema attorno a noi crolla, tra guerre e crisi economiche.