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La regista della quinta stagione del progetto Crossroads di Giorgio Armani sarà Celine Song Cinque artiste in altrettanti video per parlare di cosa voglia dire trovarsi di fronte a un bivio (e poi scegliere). Nel primo episodio la protagonista è Tecla Insolia.
Una donna australiana è stata “dimenticata” su un’isola durante una crociera ed è morta La donna si sarebbe allontanata durante un'escursione e non avrebbe fatto in tempo a tornare alla nave prima che ripartisse.
Amazon licenzierà 14 mila dipendenti, soprattutto dirigenti che a quanto pare verranno sostituiti dall’AI Non è l'unica multinazionale che ha preso o sta prendendo decisioni simili: entro la fine dell'anno i licenziamenti saranno diverse migliaia.
In una settimana Il mostro è diventata la serie più vista su Netflix in tutto il mondo  In 44 Paesi è in cima alla classifica dei titoli più visti, in 85 figura nella Top Ten: nessun altro si è avvicinato a questi risultati.
Era nell’aria da tempo ma adesso è confermato: ci sarà una reunion dei CSI La prova è un post pubblicato su Instagram da Gianni Maroccolo in cui si vede la band al completo.
È morto James Senese, leggenda della musica napoletana Talentuoso sassofonista dei Napoli Centrale, fondatore del Neapolitan Power, suonò per anni con Pino Daniele.
È morto Mimmo Jodice, uno dei più importanti fotografi italiani Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli, la serie Anamnesi e le foto ai capolavori del Museo Archeologico
Al Museo della moda di Anversa si terrà la prima mostra di sempre dedicata agli Antwerp Six La mostra inaugurerà il 28 marzo e rimarrà in cartellone fino al 17 gennaio 2027.

Come la stampa americana ha accolto la vittoria di Trump

09 Novembre 2016

Donald J. Trump è il 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America, un risultato certo imprevisto e con una serie di conseguenze imprevedibili per l’America e il mondo. Se c’è chi non aveva anticipato – né poteva troppo anticipare, a onor del vero – la debacle di Hillary Clinton sono gli stessi media americani, che per lungo tempo hanno sottostimato il “pericolo Trump”, per poi, sulla scorta degli ultimi sondaggi, considerare improbabile la sua vittoria finale.

David Remnick, il direttore del New Yorker, ha scritto in un editoriale che «l’elezione di Donald Trump alla presidenza non è niente di meno che una tragedia per la repubblica americana, una tragedia per la Costituzione e un trionfo, interno e all’estero, delle forze del nazionalismo xenofobo, dell’autoritarismo, della misoginia e del razzismo». Il New York Times, invece, nella sua sezione Opinion, ha pubblicato i pareri di alcune delle sue firme di punta: la scrittrice Roxane Gay si dice «sbalordita» e commenta: «Pensavo ci fossero più americani che credono nel progresso e nell’uguaglianza di quelli razzisti, xenofobi, misogini e omofobi». Sulla stessa linea si trova il columnist Ross Douthat, che scrive:

What happens next promises (and threatens) to make history as nothing has in America — not even the trauma of Sept. 11 or the election of the first black president — since the Cold War ended almost 30 years ago, or since the social crises of the 1960s and 1970s further back than that.

On the global stage Trump’s populism and nationalism makes him very much a man of his times, with parallels to figures as diverse as Marine Le Pen, Recep Tayyip Erdogan and of course Vladimir Putin. But in the American context he is like nothing we have seen before — a shatterer of all norms and conventional assumptions, a man more likely to fail catastrophically than other presidents, more constitutionally dangerous than other presidents, but also more likely to carry us into a different political era, a post-neoliberal, post-end-of-history politics, than any other imaginable president.

Sul Washington Post, il seguito analista politico Chris Cillizza chiosa che «ciò che ha fatto Donald Trump non è diverso da un cataclisma. Ha rimodellato le fondamenta del mondo politico. […] Ma, anche più di questo, la vittoria di Trump rivela che molte supposizioni che le persone fanno da tempo su chi siamo come Paese e cosa vogliamo dai nostri politici, il nostro sistema politico e dal prossimo erano, francamente, sbagliate».

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Il sito di Slate attualmente apre con un pezzo che dice, già nel titolo, che «è peggio di quanto pensiate». Franklin Foer commenta l’elezione scrivendo «andando a dormire la mattina di mercoledì, mi sono accorto che il mio rapporto col governo del mio Paese era cambiato. Ci sono stati presidenti che non mi piacevano, anche del mio partito. Ci sono stati presidenti che hanno preso decisioni importantissime che considero incaute. Ma ho sempre creduto che quei presidenti comprendessero i contorni del sistema americano e dei suoi ideali come li comprendevo io, più o meno nel mondo in cui i fondatori della nazione li avevano definiti. Ho sempre rispettato la loro autorità e li ho considerati i miei presidenti. Donald Trump non è il mio presidente».

Risalta, in questa serie di reazioni comprensibilmente costernate, l’editoriale del direttore del Daily Beast John Avlon, che ricorda che nel 1960, quando John F. Kennedy sconfisse di poco Richard Nixon, John Wayne disse «non ho votato per lui, ma è il mio presidente e spero faccia un buon lavoro»; alla sua testata, scrive Avlon, stanno con John Wayne, e saranno «la leale opposizione» del presidente Trump.

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