Su The Free Press, Allen ha ricordato la prima volta che la vide, nel 1969, durante le prove di Provaci ancora, Sam.
Al Pacino ha detto che è solo grazie a un cazziatone di Diane Keaton che non ha perso tutti i suoi soldi
L'attrice sgridò sia lui che il suo avvocato e lo costrinse a riprendere il controllo delle sue finanze, dandogli dell'idiota.

Come speso accade quando muore una star molto amata, in queste ore i media e i cinefili stanno condividendo aneddoti e storie relativi a Diane Keaton. La scomparsa dell’attrice nelle scorse ore ha generato attestati di stima e affetto in tutta Hollywood, tra cui quello molto toccante di Woody Allen. Tra le storie più curiose e meno note riemerse in queste ore c’è un aneddoto che riscrive il rapporto tra i protagonisti de Il Padrino in maniera opposta. Se Diane Keaton infatti nel film interpreta Kay, la moglie un po’ ingenua che per lungo tempo non capisce la vera natura dell’attività del marito Michael Corleone, nella realtà è stata lei ad aprire gli occhi a Al Pacino, salvandogli il conto in banca.
Nella sua biografia Sonny Boy Al Pacino ha raccontato nel dettaglio come negli anni ’80 fosse rimasto senza soldi nonostante avesse guadagnato in pochi anni più di cinquanta milioni di dollari, grazie a grandi successi come la trilogia de Il padrino. La colpa era di un contabile corrotto poi finito in prigione, che aveva usato i suoi soldi per mettere in piedi uno schema Ponzi. Al Pacino si fidava ciecamente di lui e gli lasciava perfino firmare i suoi assegni, senza controllare come venissero spesi i suoi soldi. Come ha ricordato Al Pacino in un’intervista riemersa sui social in queste ore, di fronte alle proteste dell’avvocato circa la libertà del suo cliente di gestire il suo denaro, pare che l’attrice si mise a urlare: «Sai lui chi è? Sai chi è? No non lo sai. Lui è un’idiota! Un’idiota! E tu ti devi prendere cura di lui»

Tra intimità, memoria e attivismo: negli spazi di Pirelli HangarBicocca di Milano il più grande corpus di slideshow mai riunito dall’artista invita a ripensare il legame tra immagine e vita, prima che sia troppo tardi.