Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Chrissy Teigen ha scritto un longform su Medium per parlare della sua tragica gravidanza
Dopo quasi un mese di silenzio in seguito alla perdita del suo terzo figlio, Jack, nato morto al termine di una gravidanza problematica, la modella e autrice di libri di cucina Chrissy Teigen ha condiviso su Medium un testo in cui riflette su quanto accaduto. «Non avevo idea di quando sarei stata pronta a scrivere questo racconto», ha scritto in apertura del saggio, «ma sento che potrebbe essere necessario». Teigen, come ricorda il New York Times, aveva condiviso per la prima volta la notizia circa l’aborto spontaneo insieme al marito John Legend sui social media, «siamo scioccati e proviamo il tipo di dolore profondo di cui senti solo parlare, il tipo di dolore che non abbiamo mai provato prima», aveva scritto su Instagram e Twitter. Il post includeva una serie di foto in bianco e nero, che per la delicatezza del momento hanno attirato anche numerose critiche.
Nel saggio, che la modella ha detto di aver scritto per tutte quelle persone che in direct hanno condiviso con lei storie molto simili, ha raccontato le complicazioni placentari, il disorientamento e la tristezza che hanno seguito l’aborto. «Mia madre, John e io lo tenevamo in braccio avvolto in una coperta, e gli dicevamo addio silenziosamente. Appena è nato, ho chiesto alle infermiere di mostrarmi le sue mani e i suoi piedi e li ho baciati ancora e ancora e ancora».
— chrissy teigen (@chrissyteigen) October 1, 2020
«Dopo un paio di notti in ospedale, il mio medico mi ha detto esattamente quello che sapevo sarebbe arrivato: era ora di salutare Jack per sempre. Perché non sarebbe sopravvissuto, e se avessi portato avanti la gravidanza avrei rischiato di morire anche io», scrive. «All’inizio ho pianto un po’, poi sono entrata in una serie di convulsioni in piena regola. Anche mentre scrivo ora, posso sentire di nuovo il dolore». E sulle critiche ricevute per l’idea di condividere il momento sui social ha scritto: «Non me ne importa niente se odiate le foto. Se non vi sembrano opportune. L’ho vissuto, ho scelto di farlo e, più di ogni altra cosa, queste foto sono per chi lo ha vissuto come me, o per quanti temono potrebbe capitare. Queste foto sono solo per le persone che ne hanno bisogno. Proprio come questo saggio».

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.