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La strategia dell’attenzione di Chiara Ferragni non funziona più

Prima l'intervista al Corriere, adesso quella a Che tempo che fa: sta provando a riprendersi il centro della scena, ma la sua presa sul pubblico sembra essere definitivamente allentata.

di Laura Fontana

Sto scrivendo di nuovo di Chiara Ferragni ed è come essere andata a mangiare sushi all you can eat per quindici giorni di fila: a quel punto, il salmone crudo inzuppato nella salsa di soia fa solo venir voglia di digiunare per sei mesi. Ma faccio le analisi dei fenomeni online e per me Chiara Ferragni è come il Vesuvio per Plinio il Vecchio. Parto dai dati: non dallo share, sicuramente fenomenale (ma è come stupirsi del fatto che l’autobiografia del principe Harry sia stato il libro più venduto dell’anno scorso), bensì dalle metriche social. Uno strumento di monitoraggio online registra che ieri sera l’hashtag #ctcf è stato usato 18.142 volte, nella puntata della settimana prima 5.600 volte, ma in quella prima ancora 18.270. Quindi è vero che ieri sera c’è stato più movimento per la presenza di Chiara Ferragni (parola chiave più usata, insieme a “fraintendimento” e “buona fede”), ma il 18 febbraio Ghali aveva prodotto altrettante conversazioni online.

La differenza notevole è nelle reazioni negative: + 36 per cento nella serata di ieri sera, rispetto a quella con Ghali. Tradotto vuol dire: non solo Chiara Ferragni non genera più quella montagna di chiacchiericcio online che generava ai tempi d’oro, ma quando lo fa le reazioni sono negative. Quelle positive rimangono confinate al 6 per cento e così distribuite: fedelissimi, utenti che solitamente hanno provato indifferenza per lei ma che ora vedendo “tutto quest’odio” provano un moto d’empatia, utenti propensi a vedere cospirazioni ovunque, anche nella caduta repentina di un’influencer. Dunque, considero quest’intervista l’ultimo colpo di chiodo sulla bara dell’influencer marketing come l’avevamo conosciuto tra il 2011 e il 2021.

In ogni caso, Chiara Ferragni era già uscita da tutte le slide di strategie di marketing, rimpiazzata da un’unica slide con titolo “cambiamento della content economy: verso un nuovo approccio”. E il nuovo approccio è che l’influencer marketing somiglierà sempre più alle televendite, al “messaggio promozionale” nel mezzo di una trasmissione televisiva: gli scopi dovranno essere dichiarati, l’hashtag #adv sarà in bella vista, verranno scelti testimonial che sanno fare qualcosa anche nel mondo reale (attori, cantanti, sportivi) o content creator che portano valore alla loro community (piccola o media), intrattenendo e informando. Banditi quegli influencer che sicuramente sapevano giocare al grande gioco dei social media, gonfiando i numeri con trucchi vari, tra cui l’uso sistematico di trigger.

I trigger, nel campo della fenomenologia online, sono quell’elemento del content che attira di più l’attenzione rispetto a un altro content. Ce ne sono di diversi tipi: il cibo (il cibo più triggering di tutti è la pizza), i bambini, il corpo femminile. Poi esistono dei personaggi-trigger, ad esempio Chiara Ferragni stessa, Matteo Salvini, Roberto Burioni (e tutte quelle personalità che fanno molto rumore online). A questi trigger se ne aggiungono altri più astratti: quando ad esempio si inseriscono nei content delle domande senza soluzione (“qual è la ricetta perfetta della carbonara?”), oppure delle “buone cause” da “combattere insieme”. A volte i trigger sono scientemente inseriti nei content da chi fa social media marketing, a volte si combinano in maniera casuale e producono disastri: le shitstorm.

Chiara Ferragni e il suo team nell’ottobre del 2018 producono qualcosa che è concettualmente molto simile a una piccola bomba a esplosione controllata: l’acqua Evian griffata Chiara Ferragni. Fino ad allora la TBS Crew non aveva mai fatto operazioni commerciali di questo tipo, ma qualche tempo prima Riccardo Pozzoli era stato rimosso dall’azienda: forse lui aveva una visione diversa, forse non era più allineato con le strategie di business dell’azienda che aveva contribuito a fondare. L’acqua Evian brandizzata Chiara Ferragni provoca molta indignazione online (soprattutto per via del prezzo), ma anche molti articoli dalla stampa specializzata che parlano di successo: l’operazione aumenta il desiderio di quel prodotto e quindi fa crescere la reputazione del brand. Rimane però il problema del sentiment negativo: nell’operazione successiva (quella della bambola Trudi, a maggio 2019) qualcuno decide di inserire un ulteriore elemento che prevenga le critiche, perlopiù dovute al prezzo alto o all’intero senso dell’operazione, cioè la beneficenza.

Quando ieri sera Fabio Fazio ha paragonato Chiara Ferragni a Oppenheimer non ha sbagliato: le operazioni commerciali di Chiara Ferragni, dall’acqua Evian in poi, erano strutturate in un modo particolare, esattamente nello stesso modo in cui sono strutturate le shitstorm. E alla fine l’esplosione che sembrava controllata è diventata incontrollata, e si è ritorta contro la sua stessa creatrice, quella che sembrava la più brava di tutti con i social media. Gli effetti collaterali del pasticciare col mondo virtuale li stiamo scoprendo piano piano, da qualche anno: a risentirne è certamente la salute mentale, nel senso che le persone che sono cronicamente online possono perdere il contatto con la realtà, finendo per vivere in un mondo parallelo, frutto della propria fantasia.

A quel punto le regole del mondo reale diventano inaccettabili: ci deve essere da qualche parte un fraintendimento, un errore di comunicazione. Cosa l’aspetta? Kim Kardashian, la miglior influencer del mondo, ha saputo tirarsi indietro al momento giusto: staccare i social per un congruo periodo quand’era il caso di farlo, tornarci ma in maniera molto ridotta e controllata. Ha avuto il coraggio di divorziare, ha rivoluzionato il suo business dedicandosi soprattutto a fare l’imprenditrice nel mondo reale con Skims. Ha lasciato spazio alla figlia, che tra l’altro sembra avere più di un talento. Chiara Ferragni, invece, pare immobile nel suo altro-mondo, incapace di fare un passo avanti, inchiodata al presente algoritmico, al verso di Fedez che dice «ogni ricordo è più importante condividerlo, che viverlo». Ieri sera si poteva percepire lo sforzo di Fabio Fazio per entrare nella logica ferragnesca, confuso come l’uomo di quell’indovinello che deve salvarsi ma prima deve superare l’enigma delle due guardie, dove una dice sempre la verità mentre l’altra mente sempre. Chiara Ferragni, vestita di nero e con i fazzoletti dentro la tasca (come le vecchie di paese a certi funerali particolarmente sentiti), gli offre la risposta: o mi credi (cioè: credi al mio storytelling) e sei dentro il mio mondo in cui sono la monarca assoluta benvoluta dal suo popolo, oppure non mi credi, e puoi anche ritornartene nel mondo reale, fatto di Tar del Lazio e Antitrust. Non c’è nessuna strategia, è tutto “autentico”. Qualsiasi cosa significhi autentico.