Attualità

Cercare Elena Ferrante a Napoli

L'incredulità di chi la conosce bene, la testimonianza della collega che le ha prestato L'amica geniale, e altre considerazioni su Marcella Marmo e il presunto scoop.

di Mirella Armiero

Se davvero Marcella Marmo è Elena Ferrante allora siamo di fronte a un genio assoluto. Non solo della scrittura, ma anche del depistaggio. Due anni fa la studiosa napoletana chiese in prestito a una sua collega una copia de “L’amica geniale” asserendo di non averlo mai letto. Me lo racconta Carolina Castellano, la collega in questione, in una concitata domenica mattina, quando a Napoli più o meno tutti, in un certo ambiente intellettuale, hanno letto o almeno saputo dell’ipotesi lanciata come una bomba da Marco Santagata sulla Lettura del Corriere della Sera.

Il mio telefono squilla a più riprese. La reazione più diffusa al presunto scoop è l’incredulità, specie tra chi conosce bene Marcella Marmo. La sua fisionomia è incompatibile, secondo i più, col profilo che salta fuori dai romanzi della Ferrante. Anch’io la penso così. Ho intervistato diverse volte questa storica assai rigorosa, precisa, concreta, che è stata moglie di Guido Sacerdoti, scomparso due anni fa, pittore, medico e nipote di Carlo Levi. Non riesco a far combaciare la sua figura con quella della misteriosa scrittrice, anche se mi dicono che, come la Ferrante, Marcella Marmo è riservata in maniera quasi maniacale. La giornalista Eleonora Puntillo, che della coppia è stata grande amica, non ammette dubbi: se ci fosse qualcosa di vero, Guido glielo avrebbe confidato, e così non è. Emma Giammattei, italianista di valore, si dice invece possibilista. In fondo capita spesso che ci sia divaricazione tra narratore, così come trapela da un’opera, e scrittore, com’è nella vita reale. Un esempio? Nella stessa letteratura ambientata a Napoli, Anna Maria Ortese. Ma la lista potrebbe avere come primo rappresentante Marcel Proust.

ferrante_amicaIntanto resta il fatto che Marcella Marmo si sia fatta prestare L’amica geniale. Carolina Castellano se lo ricorda bene: aveva messo una frase di quel romanzo in esergo a un suo lavoro, un intervento di storiografia della camorra sulla rivista Passato e presente del gennaio 2014. «Ho citato il libro anche nella conclusione del pezzo, in cui parlo delle domande di storia intorno a certi nodi del passato recente, in particolare il passaggio fascismo-guerra, perché ne L’amica geniale quelle domande emergono come una urgenza esistenziale nell’adolescenza di Lila». E poi? «Marcella, che avevo ampiamente citato, ha letto il saggio, si è incuriosita e mi ha chiesto di prestarle il libro. Io gliel’ho passato e lei lo ha letto, rimanendone anche molto presa. Lo ha tenuto a lungo, fino a che non si è smarrito nella sua grande casa, tanto che me lo ha ricomprato». Del resto, la stessa Marmo sul Corriere smentisce l’identificazione con Elena Ferrante.

La mia ossessione per la scrittrice misteriosa risale a molto prima della saga de L’amica geniale. Per chi fa giornalismo culturale a Napoli è un tema ricorrente. Ne ho parlato spesso con un altro scrittore, Sergio Lambiase, che ha pubblicato con la stessa casa editrice, e/o. Un giorno elaborammo per divertimento numerose congetture, poi finimmo per cercare sull’elenco telefonico un fantomatico Ferrante d’Aragona, perché qualcuno ci aveva detto che era quello il vero nome della scrittrice. Poi si disse che si trattava di Goffredo Fofi e poi ancora che la scrittrice si nascondesse dietro l’identità di un direttore di banca che lavorava in via Toledo. In una banca di via Toledo per la verità ci lavorava Maurizio de Giovannni, ma non credo che lui abbia una doppia identità, vista anche la mole di romanzi che sforna e che gli impedirebbe certo di avere una seconda vita.

Ora è L’amica geniale che sta veicolando l’immagine di Napoli nel mondo

Resta più accreditata la pista che conduce alla coppia Domenico Starnone/Anita Raja, indiziati, prima l’uno poi l’altra, di essere la Ferrante. Propendo per quest’ultima ipotesi, cioè della Raja, raffinata traduttrice dal tedesco, che quest’anno ha firmato la bella versione della Morte di Danton di Büchner per la messinscena di Mario Martone. Lo stesso regista che anni fa girò L’amore molesto dal romanzo di Elena Ferrante.

I primi libri della scrittrice hanno avuto successo, ma niente di paragonabile al boom de L’amica geniale. Ora è questo il romanzo che, dopo Gomorra, sta veicolando l’immagine di Napoli nel mondo. E qual è questa immagine? Fondamentalmente quella di una città complessa, dove c’è degrado, certo, ma dove è anche possibile allontanarsi dalle difficoltà, dal rione senza speranza, dalla piccola delinquenza. E crescere, cambiare, trasformarsi, in peggio o in meglio, come accade ai protagonisti di ogni vero romanzo. E complessa è anche l’architettura narrativa messa in piedi dalla Ferrante. Niente a che vedere con certe narrazioni asfittiche di molta narrativa italiana di questi anni, che si muove dentro interni borghesi alla moda, in cui le spinte esistenziali sono ridotte a pulsioni minimali. I personaggi di Elena Ferrante sono in movimento, compongono uno scenario credibile perché aspirano alla vita. Come Lena e Lila quando saltano la scuola elementare per andare a vedere il mare. Le due bambine non lo conoscono, forse ci sono state da piccolissime, ne conservano «una vaga memoria azzurrina». In fondo negli anni cinquanta il mare davvero non bagnava Napoli. Elena e Lila non ci arrivano, l’avventura, per quella volta, finisce ai margini del rione. Ma ci proveranno ancora.

Nell’immagine in evidenza: Napoli, anni Cinquanta (Getty Images)