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Gli elettori di Ompundja, Namibia, sono così contenti del consigliere regionale Adolf Hitler Uunona che lo rieleggeranno Si vota il 26 novembre e il politico dallo sfortunato nome è praticamente certo di essere rieletto nel consiglio regionale dell'Oshana.
Edoardo e Angelo Zegna: la quarta generazione della famiglia Zegna diventa Co-Ceo del brand Ermenegildo Zegna, nipote del fondatore del marchio, si sofferma sull'importanza come leader del guardare avanti impegnandosi a formare la prossima generazione di leadership
Dopo la vittoria del Booker, le vendite di Nella carne di David Szalay sono aumentate del 1400 per cento  Nel gergo dell'industria letteraria si parla ormai di Booker bounce, una sorta di garanzia di successo commerciale per chi vende il premio.
Un anziano di New York ha pubblicato un annuncio in cui chiedeva di venire a fumare una sigaretta al parco con lui e si sono presentati in 1500 Lo smoke party improvvisato è stato lanciato dall’attore Bob Terry, che aveva anche promesso di offrire una sigaretta a chiunque si fosse presentato.
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Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.

Il disco di Carl Brave è davvero così bello?

Con il primo album solista, uscito l'11 maggio, il rapper e produttore romano cerca di parlare a un pubblico più grande, ma forse è un passo indietro.

14 Maggio 2018

Può sembrare incredibile, ma già prima dell’avvento di Carl Brave nelle nostre vite – il 5 maggio 2017, insieme a Franco 126, con l’album Polaroid –  poesia e musica condividevano l’obiettivo di provocare struggimento nei lettori/ascoltatori (e contemporaneamente sperimentare giocando con le unità minime che le compongono, le parole e le note). Non devo certo incolpare Carlo Luigi Coraggio, quindi, se a causa del suo album d’esordio, ascoltato fino alla nausea, ho permesso a me stessa di abbandonarmi al sentimentalismo, inviando tutti quei messaggi idioti. Approfitto di questo spazio per chiedere scusa ai destinatari: volevo solo sentirmi un po’ Carl Brave.

Se Coraggio è capace di stimolare in una persona di 30 anni suonati (nemmeno lui è poi così giovane: ne ha 29) nostalgie, fremiti e desideri è per due motivi: il primo è che, come sappiamo, molti trentenni di oggi, soprattutto quelli che abitano nelle grandi città, si ritrovano a vivere vite che hanno molto più a che fare con la giovinezza che con l’età adulta, esistenze che si basano su Whatsapp, Instagram, Tinder, messaggi visualizzati ma non risposti, car sharing, hangover quotidiani, vita notturna ripetitiva e omologata, amori che durano solo qualche mese (o se durano anni vengono continuamente interrotti da litigi, tradimenti, problemi di distanza, disturbi della personalità vari), nessun tipo di responsabilità, futuri lavorativi e abitativi più che incerti, disgusto per la scena politica e quindi poca capacità e voglia di schierarsi, se non in occasione di manifestazioni hashtaggabili e instagrammabili. Non è un caso che la maggior parte dei miei amici coetanei ascolti gente come Tedua, Sfera Ebbasta, Ketama, Pretty Solero, Dark Polo Gang, Calcutta, i pochi pezzi prodotti da Liberato o Young Signorino mandati in loop: la stessa musica e gli stessi video (molti dei quali si assomigliano) che entusiasmano persone con 10, 15 anni anni di meno.

Il secondo motivo per cui Carl e i suoi amici sanno conquistare anche i trentenni è che sono bravi e freschi. Certo, è inevitabile che si consumino in fretta, col rischio di apparire stucchevoli e ridicoli col senno di poi (se oggi mi capita di sentire una canzone di Calcutta, che ho adorato per mesi, mi sento in imbarazzo): ma anche questo non scandalizza nessuno. Non siamo certo ai tempi dei Beatles: dalle Stories ai progetti lavorativi, dalle città in cui abitiamo ai libri alle serie tv, tutto esiste per farci compagnia per un po’, prima di lasciare spazio alle infinite possibilità del futuro, che spingono prepotenti.

E il futuro di Carl è già arrivato: pochi giorni fa il produttore è uscito con il suo primo album solista, Notti Brave, caratterizzato da tantissime collaborazioni (Francesca Michielin, Federica Abbate, Giorgio Poi, Fibra, Coez, Gemitaiz, Frah Quintale, Pretty Solero, Emis Killa e altri) e sound e testi volutamente più facili, scontati e zuccherosi. Nelle strofe Carl si conferma un ottimo autore di poesia mimetica contemporanea, per il modo in cui gioca con il linguaggio e combina tra loro le parole chiave della nostra quotidianità, da “bangla” a “Tim Informa”, da “Google Chrome” a “Deliveroo”, trasformandole in elementi simbolici fluidi e musicali.

Il disco, questa la mia impressione, sta piacendo a tutti tranne che a me. I ritornelli cantati da Francesca Michielin, Giorgio Poi e Gemitaiz mi hanno fatto venire i brividi: non per l’emozione. A parte un paio di eccezioni, sembra di ascoltare canzoni di Fedez e Rovazzi, pensate per un pubblico di novenni. Mi sorge un dubbio: e se Carl Brave, magari solo per quest’estate, avesse voluto tagliarci fuori? Via – almeno per una stagione – la zavorra stanca, insoddisfatta e lamentosa del pubblico trentenne. Non bisogna farsi ingannare dal primo brano, “Professorè”, che sembra parlare proprio ai nati fine anni Ottanta, riportando a galla elementi delle nostre scuole dell’obbligo, tra Goleador, Msn, “squilletti”, note sul registro e simili. Un amarcord gratuito con tanto di campanella finale. Del resto siamo di fronte a un album che si chiude con “Accuccia”, una canzone chitarra e carillon dedicata a un cane, ormai morto, purtroppo. Non ho niente contro i cani in generale: Flush, la biografia di un cane scritta da Virginia Woolf, è un bellissimo libro. Ma questa non è una bellissima canzone.

Si può essere pop senza ritornelli di frasi fatte, rime scontate e voci femminili stridule. Ero pronta a vivere un’estate di «birrette e tramonti, languori e Whatsapp, prese bene e prese male», come scrive Giovanni Robertini nella sua recensione entusiasta (5 stelle) su Rolling Stone, ma mi toccherà selezionare da Notti brave quelle due o tre canzoni buone, nell’attesa che Carl torni a fare musica anche per me.

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