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01:27 sabato 20 dicembre 2025
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Perché cancellarsi da Facebook è più difficile di quanto crediamo

22 Marzo 2018

Dopo Cambridge Analytica e il suo utilizzo improprio dei dati di 50 milioni di profili Facebook, molti si stanno chiedendo se cancellare il proprio account. Persino Brian Acton, l’uomo che nel 2014 aveva venduto Whatsapp al colosso di Mark Zuckerberg, si è schierato con l’hastag #deletefacebook. Il problema è che cancellarsi dal social network più utilizzato al mondo non è affatto facile. Beh, cancellare l’account è un atto immediato. Però, come spiega Brian Chen sul New York Times, se l’obiettivo è rimuovere i propri dati per ragioni di privacy, può non servire a molto.

Anche se eliminiamo il nostro account, infatti, restano le nostre tracce su Facebook, per esempio nelle conversazioni che abbiamo avuto con altri utenti che invece non si sono cancellati, o nelle foto che hanno postato di noi: Facebook rimuove solo i media postati da parte dell’utente che si cancella. Insomma, perché l’azione abbia un significato, bisognerebbe che tutti i nostri amici cancellassero i propri account. Anzi, visto che il mondo è piccolo, questo significherebbe eliminare a catena tutti gli utenti attivi. A complicare ulteriormente la cosa, c’è il fatto che le informazioni personali viaggiano tra cookies e trackers e vengono raccolte da molte altre applicazioni, a partire da Instagram e Whatsapp, entrambe sotto il dominio di Facebook.

In altre parole, anche chi si cancella da Facebook, in un certo senso resta su Facebook. E questo non tiene conto del fatto che, in molti casi, cancellarsi non è una decisione facile: per alcuni la piattaforma, che ha più di 2 miliardi di utenti ed è il luogo virtuale più adatto per scoprire eventi e gestire piccole imprese, è insostituibile. Se pensate di sostituirlo a Snapchat – un’interfaccia confusa per pochi utenti rimasti attivi – sappiate che l’esperienza è radicalmente diversa. Lo stesso ragionamento vale per Instagram (c’è Google Photos, ma è più gestore di album che social network) e per Whatsapp (WeChat è una valida alternativa made in China, che soffre però di altri problemi di privacy). Per il momento c’è Twitter, che con un hashtag riesce a muovere folle indignate.

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