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C’è un’associazione simile agli Alcolisti Anonimi che aiuta le persone dipendenti dall’AI Si chiama Spiral Support Group, è formato da ex "tossicodipendenti" dall'AI e aiuta chi cerca di interrompere il rapporto morboso con i chatbot.
I massoni hanno fatto causa alla polizia inglese per una regola che impone ai poliziotti di rivelare se sono massoni Il nuovo regolamento impone agli agenti di rivelare legami con organizzazioni gerarchiche, in nome della trasparenza e dell’imparzialità.
Il primo grande tour annunciato per il 2026 è quello di Peppa Pig, al quale parteciperà pure Baby Shark La maialina animata sarà in tour in Nord America con uno show musicale che celebra anche i dieci anni di Baby Shark.
Bolsonaro è stato ricoverato d’urgenza per un singhiozzo che andava avanti ininterrottamente da 9 mesi Il singhiozzo cronico dell'ex Presidente si è aggravato durante la detenzione in carcere, rendendo necessario il ricovero e anche la chirurgia.
Il thread Reddit in memoria di Brigitte Bardot è stato chiuso subito perché quasi tutti i commenti erano pesanti insulti all’attrice Accusata di essere una lepenista, islamofoba, razzista, omofoba e classista, tanto che i moderatori hanno deciso di bloccare i commenti.
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.

La storia dell’Ucraina e della Russia nelle foto di Boris Mikhaïlov

Nato a Kharkiv, ingegnere mancato, inseguito dal Kgb, da cinquant'anni con le sue fotografie ritrae il volto vero dell'Ucraina, dall'epoca delle repubbliche socialiste alla caduta del blocco sovietico.

24 Agosto 2022

Boris Mikhaïlov è uno dei più grandi artisti ucraini del Novecento. Ormai da più di cinquant’anni, sgrana, imbratta, sporca, decentra, sfoca le sue foto mettendo al centro di tutto gli ultimi, i più disperati. La sua è un’indagine visiva su ciò che è stata l’Unione Sovietica e su come si sia sbriciolata come un borodinsky  – il tipico pane nero russo – , sia a livello infrastrutturale che a livello umano. Un “diario ucraino” che dal 7 settembre al 15 gennaio sarà in mostra negli spazi della Maison de la photographie di Parigi, che ha ricostruito la carriera di Mikhaïlov e la storia dell’Urss e dell’Ucraina attraverso 800 scatti, e poi proiezioni e installazioni monumentali, stampe d’epoca e stampe dipinte a mano, quadri e libri d’artista dove le regole, sia formali che ideologiche, sono puntualmente infrante per trasmettere verità più ampie. Non a caso, la mostra si intitola “Journal ukrainien”.

Mikhaïlov avrebbe dovuto fare l’ingegnere a Kharkiv, seconda città del Paese, che Putin ha recentemente definito «la più grande città russa dell’Ucraina». È qui, infatti, che l’artista inizia a scattare nel 1962, alternando il lavoro in fabbrica a shooting con la giovane compagna. La prima serie, Susy et Cetera, è tutta dedicata all’eros (il fotografo lo chiama “esercizio di liberazione”). E finisce presto nelle mani del Kgb che lo accusa di pornografia e lo fa licenziare. Un inizio col botto, che farà da leit motiv a tutta la sua carriera.

A Parigi la sua epopea è riassunta in una ventina di serie. Come Red, realizzata proprio a Kharkiv fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, dove il fotografo ammanta di rosso, simbolo del comunismo, paesaggi urbani e parate militari, gente che va a fare la spesa o che aspetta l’autobus dimostrando, anche sotto il punto di vista cromatico, l’opprimente forza del partito e della politica in ogni aspetto delle relazioni private all’epoca dell’Urss. O come Yesterday’s Sandwich, realizzata a cavallo del 1968 e del 1975, in cui scene e soggetti sono sovrapposti l’uno sull’altro come avviene con l’insalata e il formaggio nella preparazione di un sandwich. Ne emerge un universo doppio e spiazzante, nel quale il grigiore della quotidianità si alterna a immagini spensierate e giocose. O, ancora, come Crimean Snobbism: realizzato nel 1982, Mikhaïlov qui ritrae se stesso, sua moglie Vita e gli amici durante una vacanza a Gurzuf, località balneare della penisola di Crimea, molto apprezzata dagli intellettuali russi nel XIX secolo e divenuta oggi uno dei principali nodi del contendere fra Zelensky e Putin. Sono tutte istantanee color seppia, dove la gente prende il sole, passeggia nel parco o sul molo con l’aria tipica di certi occidentali sofisticati e un po’ snob, lontani anni luce dalla realtà ucraina.

Dalla serie The Theater of War, Second Act, Time Out, 2013 Tirage chromogène, 130 x 180 cm © Boris Mikhaïlov, VG Bild-Kunst, Bonn. Collezione Akademie der Künste, Berlin

Dalla serie “Red”, 1968-75, Tirage chromogène, 45,5 x 30,5cm © Boris Mikhaïlov, VG Bild-Kunst, Bonn

Dalla serie Case History, 1997-98 Tirage chromogène, 172 x 119 cm © Boris Mikhaïlov, VG Bild-Kunst, Bonn, collezione privata

In tutto questo bailamme c’è però una serie che più delle altre ha la capacità di raccontare la verità sull’Unione Sovietica. Si tratta di Case History, realizzata fra il 1997 e il 1998 dopo un lungo soggiorno a Berlino. Chiunque voglia capire che cosa fosse (e forse è ancora) l’ex Urss post perestrojka, dovrebbe vedere queste immagini. Quattrocento ritratti brutti sporchi e cattivi che, come dicono alla Mep, «compongono un requiem per una nazione disincantata, che abbraccia o gesticola, in visibile stato di ebbrezza, assumendo pose solenni simili a quelle dei dipinti di Rembrandt, con l’aggiunta di dosi massicce di nudità, carne ferita e dolore». Ci sono donne anziane e flaccide che si tolgono la biancheria intima per mostrare glutei o capezzoli sfregiati, ci sono uomini nudi che lottano e si abbracciano, un clochard con un solo dente che ci sorride e si mette in posa, un ragazzo ubriaco fradicio che piscia contro la telecamera. L’effetto è grottesco, affascinante e al contempo ripugnante. C’è un po’ di Francis Bacon e di Nan Goldin, un po’ di Walker Evans e di Jeff Wall in tutto questo, ma con un pizzico di ironia in più. «So che le persone non vogliono guardare questi lavori – ha detto Boris Mikhaïlov – ma solo se guardi la miseria in una foto poi inizi a notarla per strada».

Mikhaïlov è riuscito a svelarci la tragedia umana ma anche la capacità tipica degli esseri umani di andare avanti nonostante tutto, nonostante l’orrore e l’assenza di speranza. C’è chi ha definito la sua poetica “bellezza terribile”, perché pur non risparmiandoci mai nulla, Mikhaïlov ha instillato nell’orrore di tutti i giorni puntuali e salvifiche dosi di grazia e ironia, che hanno reso e rendono questa sofferenza un po’ più sostenibile. Quasi un ossimoro visivo che non ha eguali nel mondo della fotografia.

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